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Cattedrale J. Pollock

L’arte eccezionale di Pollock è destinata a influire sui successivi sviluppi della pittura contemporanea americana ed europea

L’arte eccezionale di Pollock è destinata a influire sui successivi sviluppi della pittura contemporanea americana ed europea.

Lo statunitense Jackson Pollock (1912‑56) nella prima fase della sua pittura rivela una particolare predilezione per i valori cromatici e materici grazie anche alla sua esperienza giovanile europea. Dipinto nel 1947, Cattedrale (Dallas, Mu­seum of Fine Arts) rappresenta una fase cruciale nello sviluppo dell’eccezionale affermazione artistica di Jackson Pollock.
Insieme a Full Fathom Five (New York, Museum of Modern Art), dello stesso anno, il dipin­to segna il momento in cui era al culmine la padronanza da parte dell’artista della tecnica della pittura «versata» e «cola­ta». Il controllo e la precisione delle opere mature successive furono il risultato di uno sforzo e di esperimenti concentrati i cui frutti sono già evidenti nella struttura strettamente organiz­zata di Cattedrale.

Nel 1947, il suo primo anno a Long Island lontano dalle ten­sioni di New York, Pollock ri­nunciò alla raffigurazione lette­rale che aveva continuato a col­tivare, nonostante i suoi metodi di lavoro sempre meno conven­zionali. Abbandonando un tipo di rappresentazione che richie­deva contorni segnati diretta­mente, egli sfruttò appieno il potenziale espressivo insito nel­la libertà tecnica del colore «sgocciolato» da bastoni o da’ pennelli consumati e applicato direttamente dal tubetto o con una siringa.

In Cattedrale, la linea astratta di Pollock, sollevata dal compi­to di delineare e indipendente dalla forma, è del tutto libera. Adesso partecipa a pari merito con il dramma che si svolge sul­la tela, agendo come elemento vitalizzante sul piano del dipin­to. Linee come fili metallici si intrecciano come in una rete scolpita, indipendente dallo sfondo. Nella fitta serie di piani di cui è composto il dipinto, si formano ragnatele di colore non mescolato che determinano la profondità spaziale. Lo sguardo viene catturato dal ba­gliore del rosso, del giallo o del blu, in modo che ciascun piano avanza o retrocede.

 

Appare qui per la prima volta l’argento della pittura ad allu­minio, che avrebbe avuto un ruolo ancor più importante e completo in molti (lei suoi ultimi lavori.
Quando cambia la luce, o quan­do si sposta l’osservatore, cam­bia anche la tonalità cromatica, creando un’efficace soluzione spaziale. Se essa scintilla, il to­no viene acceso e accentuato, e la sua delicata struttura spinge in avanti il piano del dipinto, creando così un effetto di pro­fondità. Se è piatto, statico e o­paco, l’argento retrocede e as­sume la tonalità uniforme degli altri colori. La natura fugace della linea e del colore in movi­mento dà vita al quadro, la cui struttura evolve negli accenti ritmici e si dissolve in un’armo­nia di linea e di colore integrati. Nel contrasto tra le zone forte­mente articolate del nero, dell’argento e del bianco e il de­licato incrociarsi e reincrociarsi della linea, Pollock introduce un tessuto visivo che, a volte, diviene fisicamente reale sulla superficie del dipinto. Sempre cosciente della natura dei suoi materiali, egli sfrutta la loro qualità tattile e crea un piano frontale in continuo movimen­to.

Il tessuto dell’impasto e le dense linee di colore, spremuto direttamente dal tubetto, au­mentano l’ambiguità della pro­fondità spaziale. Insieme alla tecnica «colata», l’uso dell’ar­gento e, in altri dipinti, della pittura a smalto, liberò l’opera di Pollock dalle associazioni, tradizionali nei dipinti, di peso, massa e proprietà fisiche dei corpi. Il sistema spaziale e gra­vitazionale indefinito di Catte­drale è dilatabile e cosmico. Trascendendo i limiti imposti dai confini spaziali della corni­ce, le forme di Jackson Pollock non sono limitate dalle dimen­sioni e dalla forma della tela. Spingendosi in avanti, esse im­plicano un’estensione infinita di spazio pittorico.

La forte enfasi verticale, con­dotta in due movimenti diversi che spingono verso l’alto e verso l’esterno, può in parte giusti­ficare il titolo, insolito nelle o­pere di Pollock. Nel concetto di una cattedrale come fisica ma­terializzazione della fede e delle aspirazioni dell’uomo, e nella glorificazione implicita nella sua forma ascendente, Pollock ha trovato un’eco della natura mistica che egli credeva intrin­seca all’arte.
Verso la fine degli anni Trenta e l’inizio degni anni Quaranta, i giovani artisti newyorkesi ave­vano respinto sia il rigido calvi­nismo del Regionalismo ameri­cano, sia le limitazioni formali dell’Astrattismo.

In un mondo alienante nel quale l’individuo soffriva soprattutto per l’isolamento e la disorganizzazione, si riteneva che l’arte si dovesse preoccupa­re dell’universale, dell’essenza delle cose. Nella sua personale espressione dell’esperienza collettiva, l’artista poteva agire come individuo tipo, creando un’arte di importanza univer­sale. Ponendo tutta l’umanità su uno stesso livello, gli artisti si rivolgevano all’inconscio e al­la sua esplorazione, sia come fonte, sia come mezzo della loro informazione. Per esprimere l’energia delle forze interiori e­rano necessari nuove tecniche e nuovi mezzi d’espressione.

I dipinti «sgocciolati» di Pol­lock e il metodo con cui veniva­no eseguiti assicurarono all’ar­tista un posto nella mitologia dell’arte del XX secolo. Essi di­vennero l’emblema delle forze selvagge e primitive insite nell’uomo moderno, liberate sulla tela. Il suo approccio alla pittura ‘compendia la sua fede nei gesti automatici del corpo, nel significato dell’atto in sé co­me mezzo di comunicazione. Sotto l’influsso della dottrina surrealista e psicoanalitica, l’atto artistico è riconosciuto come il segno personale dell’ar­tista, così come la calligrafia può rilevare un carattere.
Pollock non illustrava i suoi sentimenti: li liberava diretta­mente sulla tela. Rifiutando il rapporto conven­zionale, distaccato ed esteriore dell’artista col suo dipinto, Pol­lock vedeva la tela come un’a­rena in cui doveva esibirsi.
L’immediatezza dell’approccio tecnico di Pollock rappresenta l’importanza data dall’avan­guardia contemporanea alla pittura come affermazione di­retta.               
Preoccupato del bisogno di e­sprimere il suo mondo interio­re, Pollock cercava di liberare il suo io cosciente in un dialogo spontaneo tra la fluidità del co­lore, lo sviluppo della forma e i gesti inconsci. Nell’applicazione espressiva del colore il senti­mento diviene sensazione pitto­rica. Caricati dell’intensità del­la sua emozione, i dipinti di Pollock danno il senso dell’an­sia con cui egli affrontava il suo mezzo di espressione personale.
Pollock è presente in ogni pen­nellata di Cattedrale, in ogni spruzzo del bastoncino carico di colore. La lunghezza del suo braccio determina l’estensione della pennellata, ogni risposta istintiva lascia il suo segno sul tutto.
Ogni opera è una confessione autobiografica: Pollock è il di­pinto, il dipinto è Pollock.