Scopri, impara e cresci

Cimabue: La Maestà

Lo spazio di tempo che va all’incirca dalla caduta dell’Impero romano d’occidente…

 

Lo spazio di tempo che va all’incirca dalla caduta dell’Impero romano d’occidente (476 d.C.) fino all’anno Mille fu per l’Europa occidentale un periodo di grave crisi economica e politica. Le grandi invasioni dei popoli dal nord avevano sconvolto l’ordinamento antico: era venuta meno tutta l’impalcatura della struttura giuridico-amministrativa che Roma aveva saputo creare nel suo vasto Impero. L’instabilità e la mancanza di sicurezza erano alla base di un profondo disorientamento delle genti. Le città europee erano abbandonate in una desolata decadenza. Comandate dai vescovi o dai conti nominati dall’imperatore, erano subordinate all’ordinamento feudale. Il potere economico si fondava sulle grandi proprietà e quello militare sulle difese dei castelli cui tutti gli abitanti del contado e della città erano tenuti a corrispondere tributi.

Il commercio e l’artigianato erano decaduti. Le popolazioni in breve tempo diminuirono incredibilmente ed era stato praticamente dimenticato il patrimonio culturale, ereditato dal mondo greco-latino. Per l’Impero bizantino, invece, i secoli IX e X furono di grande sviluppo sia politico sia culturale e questo si riflette sulla produzione artistica, che non solo arrivò a delle forme di estrema raffinatezza ed eleganza, ma influenzò per secoli l’arte occidentale.

Ambiente storico-culturale
In Italia, finito il periodo delle grandi invasioni, il territorio si andò ristrutturando. Dopo il declino della casa degli Svevi (Federico II muore nel 1250), le città perfezionarono e consolidarono le proprie istituzioni. Il consolidamento delle grandi monarchie occidentali e dei comuni italiani determinò nuovi assetti territoriali. Nei secoli XI e XII l’Europa attraversò un periodo di importante sviluppo economico. La popolazione aumentava, specie quella delle città; questo incremento demografico determinò una maggiore richiesta di cibo e quindi di prodotti della terra, per cui si dissodavano nuovi terreni, prima incolti e paludosi, e si utilizzavano nuovi strumenti e metodi di coltivazione (l’aratro, il giogo per le bestie, le rotazioni triennali della coltivazione). In questo clima più disteso e più sicuro, si sviluppò anche il commercio e rifiorì l’artigianato. Le città man mano si ingrandirono arricchendosi di abitanti e di un potere economico che si imperniava sui grandi commerci gestiti dai mercanti. Anche i grandi proprietari terrieri andarono ad abitare in città. Le città iniziarono a detenere anche il potere militare, costruendo proprie fortificazioni e armando eserciti potenti come quelli imperiali. Il potere politico dei feudatari fu messo in minoranza ed essi dovettero concedere autonomia politica e giuridica ai comuni divenuti città stato. Scomparvero diritti e tributi per la difesa militare e l’amministrazione della giustizia, che vennero demandati alla comunità cittadina. Nacquero così i comuni cittadini. I comuni potevano emanare le leggi che dovevano reggerli, scegliere i propri governanti, amministrare la giustizia, stabilire le imposte (cui erano sottoposte anche le campagne circostanti), organizzare la vita economica. Il tutto era retto da magistrati.

Tutti questi fenomeni collegati tra loro concorrevano a un meccanismo di crescita collettiva umana e civile rispetto alla situazione precedente, che non tardò ad avere profonde ripercussioni sul modo di espressione degli artisti. Cimabue visse in questo clima politico e civile in una città come Firenze, campione italiano della civiltà comunale, città operosa e democratica il cui ceto degli imprenditori e banchieri controllava molte zone dell’Europa: la Francia e l’Inghilterra, ad esempio, furono spesso finanziate da banchieri fiorentini.

A Roma, durante la lotta per le investiture, la curia romana aveva sempre cercato di liberarsi della protezione e del controllo dell’imperatore. Dopo la definitiva caduta dell’Impero romano la Chiesa ebbe più ampio spazio. Contemporaneamente, dopo l’anno Mille, si avvertì sempre con maggior forza l’esigenza di rinnovamento: le critiche all’eccessivo interesse della Chiesa per le questioni terrene e per il potere politico e i beni materiali esprimevano il desiderio diffuso di una religiosità più autentica e di un ritorno alla povertà dei primi cristiani.

La Chiesa ufficiale era sempre più impegnata in questioni politiche; i fedeli, e soprattutto i cittadini delle nascenti città, avrebbero voluto invece una Chiesa più attenta ai problemi religiosi.

Nel XII secolo si diffusero così dei movimenti che in qualche modo si opposero alla Chiesa cattolica e furono tacciati di eresia (patarini, catari, valdesi). La curia, anziché seguire le indicazioni abbandonando le ricchezze e il potere, continuò la sua politica di affermazione temporale. Nel XII secolo lottò per imporre la propria superiorità politica nei confronti dell’Impero e delle altre autorità; indebolito il potere imperiale, tese a estendere il proprio potere sull’Italia centrale verso l’Adriatico. I movimenti popolari furono repressi e si cercò di riaffermare il potere spirituale affidandosi alla predicazione dei nuovi ordini monastici e alla diffusione della cultura cristiana attraverso le università. Il risultato complessivo fu il rafforzamento della Chiesa: a metà del Duecento essa aveva vinto la sua lotta con l’impero ed era ormai in grado di controllare i movimenti ereticali. Nel momento in cui la Chiesa andava compiendo il proprio rinnovamento politico e religioso, con l’aiuto dei nuovi ordini monastici a cui si affiancarono le maggiori personalità artistiche dell’epoca, si colloca il viaggio di Cimabue a Roma. Cimabue fu a Roma nell’anno in cui fu elevato al soglio pontificio Gregorio X che, dopo la caduta degli Svevi, fu il primo papa a restituire importanza alla sede romana. Di tale politica fu fautore il cardinale Giovanni Gaetano Orsini che, più tardi, divenuto papa con il nome di Niccolò III, iniziò le opere di Assisi. Nell’anno 1300 si svolge a Roma, indetto da Bonifacio VIII, il primo giubileo, il grande anno santo. L’evento sancisce il trionfo della politica di Bonifacio VIII: progetto teocratico, istituito dai vari papi dei secoli precedenti come Gregorio VII e Innocenzo III, che sottometteva tutta la società cristiana e ogni forma di potere politico all’autorità pontificia.

 

Maestà della Madonna. Altar maggiore di Santa Trinita
È un dipinto realizzato per la chiesa di Santa Trinità a Firenze e ora conservato alla Galleria degli Uffizi. Dipinta tra il 1280 e il 1290, dopo i primi lavori nella basilica di San Francesco ad Assisi, è l’opera più nota di Cimabue e ha un tipo completamente nuovo di impostazione rispetto ai dipinti contemporanei dello stesso soggetto. Si contrappone alla fissità delle icone bizantine con figure più intense e umane. È permeata inoltre da un senso di monumentalità e ampiezza costruttiva degli spazi e dei volumi.

L’iconografia è complessa, ma rigida, fatta per creare un’atmosfera irreale. Il dipinto risente molto della prima tradizione cristiana (paleocristiana e bizantina). In questo periodo la pittura era subordinata all’architettura, di cui era ridotta a pura decorazione. Ogni elemento riferito alla natura era lasciato da parte. Si decoravano le chiese per mezzo di colori vari e brillanti per trasmettere ai fedeli l’immagine del paradiso. L’arte paleocristiana aveva abbandonato ogni rapporto con la realtà: le figure svuotate di ogni consistenza, il volume appiattito, scomparse le modellature, cessato ogni movimento, si presentavano isolate in una statica frontalità su uno spazio senza profondità e atmosfera, irrigidite nell’esaltazione della vita ultraterrena. L’arte bizantina aveva dato a questo tipo di composizione splendore, vivezza, solennità. Questa pittura senza tempo, celebrativa e rituale, trovò il mezzo più adeguato di espressione nel mosaico che, con la sua brillantezza e vivacità di colori, rendeva ieratiche e inaccessibili per immobile fissità le figure degli imperatori, dei dignitari, delle divinità, dei santi e degli angeli.

Questo tipo di stile non espressivo si protrasse fino all’anno Mille, quando lo schematismo iconografico cominciò a incrinarsi e subentrò un ritorno a forme più direttamente romane. Verso il 1200 si avvertirono le prime avvisaglie di un’iconografia più sciolta. Nei pittori del XIII secolo, pur persistendo un gusto bizantino, si sente già un vivo interesse per la natura umana, senso del rilievo, gusto per il classico.

Cimabue, anche se non rompe del tutto con la tradizione, nel senso che anche per lui la realtà non ha enorme importanza, tuttavia evade dagli schemi rigidi bizantini, risente dell’influenza di Coppo di Marcovaldo e Giunta Pisano, che già prima di lui avevano operato un qualche timido cambiamento. Più tardi, a Pisa, viene a contatto con l’arte di Nicola Pisano e compone le sue figure con una nuova emotività e dolcezza spirituale.

La storia e i personaggi
La Madonna grandeggia su un trono intarsiato sorretto da due gruppi di angeli. Tutte le figure hanno una grave corporeità; la Vergine ha una regalità orientale, ma umanizzata nel rilievo e nell’espressione. Il fasto della vita orientale si esprime nel panneggio che avvolge la sua figura, cupo e ravvivato dalla filettatura d’oro che sottolinea il formarsi delle pieghe, motivo ottenuto con la tecnica di origine bizantina della lumeggiatura. Ai lati due file di angeli con grandi aureole intorno alla testa. Nessuna concessione è fatta all’eleganza. Il trono è l’elemento più evidente e caratterizzante di tutta la composizione con la sua ampia dimensione; poggia su ampie arcate che formano come una cripta in cui sono situati i quattro profeti che vaticinarono l’avvento della Madonna e di Cristo. I profeti risultano potenti nella loro intensa espressività mossa e animata. In questo tipo di situazione si possono rilevare significati simbolici: la forma della cripta allude ai tempi (quelli dei profeti) in cui la verità non era rivelata. La loro presenza ai piedi del trono allude al fatto che la religione cristiana si poggia sulla tradizione ebraica.

Il pittore in tutta la composizione ignora lo stile gotico che pure era già presente in Italia sia nell’architettura sia nella scultura.

Il supporto della pittura è una tavola in legno di m 3,84 x 2,23 e il dipinto è realizzato a tempera. In questo periodo, infatti, le pitture venivano eseguite o sulle pareti per mezzo dell’affresco oppure a tempera su tavole di legno ben stagionato e preparato.

Il quadro è stato realizzato per essere posto in alto sull’altar maggiore di Santa Trinita e questo stabilisce una particolare composizione per la prospettiva. Se infatti immaginiamo idealmente l’opera collocata nell’ambiente per cui Cimabue l’aveva eseguita, il trono della Vergine è situato in posizione sopraelevata, così che l’architettonicità dell’insieme acquista prevalenza: lo spazio reale rende effettivo e realistico lo spazio pittorico.

La massa è compatta; la costruzione è serrata nel riquadro e le figure hanno una solida corporeità.

La linea di contorno delle figure è evidente e precisa. Il movimento e rilievo dei corpi è come trattenuto da questa linea che definisce in modo molto netto i contorni, cosicché ogni moto risulta bloccato e le immagini si fissano in una tesa immobilità. La linea dà volume ai corpi e valore prospettico all’insieme con l’avanzare e l’indietreggiare delle parti del trono accentuato dall’avanzare e indietreggiare dei corpi degli angeli. Il disegno è quindi molto importante e a questo principio la scuola fiorentina rimarrà costantemente fedele anche nei secoli successivi.

Il fondo oro crea la suggestione di uno spazio vuoto e silenzioso dal quale emergono i busti solidi e ben accentuati dei personaggi; non ha funzione decorativa, ma serve a isolare i soggetti per dar loro monumentalità e per rendere più religiosa e solenne la scena. Altrove, specie nella miniatura francese e, più tardi, nella pittura senese, questo pigmento viene diffusamente utilizzato a scopo decorativo con preziosi ed eleganti giochi.

La composizione è rigidamente simmetrica, il movimento degli angeli, oltre che in profondità, si svolge anche trasversalmente con l’inclinarsi della testa ora a destra ora a sinistra, imprimendo un ritmo musicale a tutto l’insieme che può richiamare il ritmo delle decorazioni musive delle basiliche paleocristiane.

I piani: determinati dalla struttura architettonica del trono, sono moltiplicati in profondità dalle figure degli angeli che si stagliano sul fondo dorato.

L’effetto generale non è piatto, ma di rilievo. Il volume del trono dà una indicazione dello spazio e una particolare impostazione prospettica. La sua forma, che ha il compito di avvolgere e sostenere la Madonna, comunica anche alla figura femminile una certa profondità, mentre gli angeli disposti ai lati del trono accentuano con la loro posizione il senso di profondità dell’insieme. Gli archi che inquadrano le figure dei profeti spingono il trono in alto, sottolineando l’azione di sollevamento degli angeli.

Il cromatismo rimane subordinato alla definizione del disegno (la linea di contorno). Il colore è dato piatto: infatti, il volume non è creato dal chiaroscuro, ma dalla linea che determina il movimento con il suo percorso. Il manto della Madonna è cupo e contrasta con il colore dell’insieme. L’oro ha un suo significato importante, retaggio della tradizione bizantina che in questo modo descrive il surreale, il magico dell’oltretomba, e illumina tutta la scena di un fulgore straordinario: una luminosità diffusa e densa di significati.

Conclusioni
La Maestà di Santa Trinita illustra chiaramente il significato che la figura di Cimabue ha nel panorama della storia della pittura italiana. Nelle citazioni di Dante e di Vasari è implicita la valutazione dell’arte del pittore come espressione nella quale si preannuncia la rinascita sovrapposta a richiami al passato. L’idea di rinascita, come sosteneva Adolfo Venturi, va intesa come rinnovamento umano che «risponde ad una aspirazione religiosa diffusa nel Medioevo, quella di ritornare alle origini cristiane secondo il sogno di san Francesco. Infatti il rinnovamento della civiltà italiana è stato religioso e morale nel Duecento prima di diventare artistico, letterario, filosofico e scientifico nel Trecento e nel Quattrocento».

Nella composizione esiste, infatti, uno stretto rapporto tra elementi di gusto e impostazione bizantina che irrigidiscono le forme ed elementi che lasciano intravedere una nuova tendenza che ravviva plasticamente i motivi più astratti. Ben si addice quindi la definizione di Cimabue come ultimo pittore bizantino e maestro di Giotto.

I nuovi ordini monastici
I primi ordini monastici che nacquero intorno e dopo il Mille furono: nel X secolo l’ordine cluniacense, dalla città di Cluny in Francia, che riformò la regola benedettina potenziando la componente spirituale; nel 1108 l’ordine cistercense dalla città di Citeaux, che poneva il lavoro manuale al centro dell’esperienza religiosa. Ma più interessanti sembrano, nel XIII secolo, le esperienze degli ordini francescano e domenicano. I nuovi ordini superano il tradizionale isolamento degli ordini monastici che avevano, per tutto il Medioevo, riposto i loro interessi nella preghiera e nell’ascetismo all’interno dei monasteri, isolati dal mondo, e basano invece la loro opera sulla predicazione e sulla testimonianza esemplare. Essi fondano i loro monasteri all’interno delle città o dei villaggi a contatto con la gente e diffondono una nuova spiritualità religiosa. L’ordine francescano fondato da san Francesco e approvato nel 1223 si basa sulla povertà e sull’amore per il prossimo e per la natura e tutto il creato. L’ordine domenicano, fondato da san Domenico di Guzmán nel 1216, fu creato per la predicazione alla classe colta e la formazione di religiosi.

 

Glossario

Affresco. Tecnica di pittura murale: il muro viene preparato con il rinzaffo (strato di calcina grassa e sabbia), sopra viene steso l’arriccio (strato di intonaco più fino) sul quale viene eseguito il disegno (sinopia). Viene quindi passato un terzo strato di malta finissima (scialbo) sul quale viene steso il colore.

Fondo oro. Tavola ricoperta da una sottile foglia d’oro che viene incollata al legno mediante gesso o vernice rossa che traspare dietro la foglia stessa dandole luce. Imita l’effetto del mosaico bizantino.

Giubileo. Indulgenza plenaria: la remissione di tutti i peccati. Durante l’anno santo ai pellegrini che visitano a Roma tutte le sette basiliche viene accordata appunto l’indulgenza plenaria.

Ieratico. Improntato a un senso di sacralità.

Lumeggiatura. Tecnica atta a rendere l’effetto della luce sulle superfici di un disegno, di una pittura.

Temporale. Detto di ciò che appartiene alla vita terrena, contrapposto ai valori della vita spirituale e del divino.

Teocratico. Dottrina teocratica che riporta a Dio l’origine e il fondamento del potere politico.