Già nel 1939 il fisico francese Becquerel osservò che la luce, attraversando determinati…
Già nel 1939 il fisico francese Becquerel osservò che la luce, attraversando determinati materiali detti «semiconduttori», poteva trasformarsi in energia elettrica.
I semiconduttori sono sostanze con proprietà intermedie tra quelle dei conduttori elettrici e quelle degli isolanti. Solo alcuni decenni più tardi, nel 1954, tuttavia, il fenomeno ebbe un’applicazione pratica, con la costruzione di una cella al silicio. Essa consiste essenzialmente in due strati di cristalli di silicio «drogati» con impurità di diverso tipo; sul lato che viene esposto alla luce solare la cella è collegata a una serie di contatti metallici che costituiscono il polo negativo del sistema, mentre nello strato sottostante una rete simile forma il polo positivo.
Basterà collegare con un filo metallico i due poli, creando così un circuito, per poter utilizzare l’energia elettrica prodotta dalla cella fotovoltaica. Ma cerchiamo di capire come la struttura atomica del silicio permetta la circolazione di cariche elettriche.
In un cristallo di silicio ogni atomo è legato ad altri quattro atomi attraverso degli elettroni (particelle cariche negativamente) che vengono messi in comune. Se agli elettroni viene fornita una sufficiente quantità di energia – ed è ciò che si verifica quando un sottile strato del cristallo viene esposto al Sole –, essi possono eccitarsi e spostarsi a un livello energetico più alto, lasciando dietro di sé delle lacune o buche, ossia dei vuoti in cui manca un elettrone; un altro elettrone vicino può a questo punto muoversi e andare a riempire la lacuna.
Esiste quindi nel materiale cristallino una notevole mobilità di cariche e, se la cella è fatta di strati di diversi semiconduttori, si può formare al suo interno, un campo elettrico orientato. In particolare, gli elettroni saranno convogliati in una direzione, nel nostro caso verso la superficie superiore della cella solare, e le buche, che si possono considerare di segno positivo, verso la parte inferiore della cella. Questo effetto è favorito dalla presenza, all’interno del cristallo, di piccole impurità che permettono agli elettroni liberati dall’energia luminosa di muoversi in modo appropriato.
Di norma in una cella i due strati contengono rispettivamente fosforo (P) che produce lo strato-n, negativo, e boro (B) che produce lo strato-p, positivo.
Per ottenere quantità significative di elettricità, le singole celle vengono collegate in modo da formare grandi pannelli: la quantità di corrente prodotta varia sia con l’intensità della luce solare sia con la superficie dei pannelli. Recentemente al silicio purissimo, detto elettronico perché derivato appunto dalla produzione degli scarti elettronici, si va sostituendo un silicio amorfo, meno puro ma con un buon rendimento e a costi convenienti.