La prima forma di libro conosciuta è il volumen, ossia il rotolo di papiro…
La prima forma di libro conosciuta è il volumen, ossia il rotolo di papiro, poi superato dal manoscritto formato da fogli di pergamena: il codice.
Il codice deriva dai polittici di epoca romana, costituiti da più tavolette d’avorio unite da legacci di cuoio, tra le quali si custodivano le strisce di papiro. I più antichi conservatisi fino a oggi risalgono al I secolo d.C. Nella gara tra papiro e pergamena prevalse la seconda, perché costava meno e poteva essere utilizzata più volte, benché avesse minor pregio. Man mano che la pergamena diventava il supporto più usato, si decise di trascrivere i papiri che si stavano danneggiando su pergamena. Erano gli schiavi e i liberti delle officine scrittorie, detti «amanuensi», a dedicarsi a questa attività già durante l’impero romano.
Con il cristianesimo, le officine scrittorie, considerate particolarmente adatte alla vita eremitica, divennero molto diffuse, e al tempo di san Benedetto i monasteri si trasformarono in veri laboratori di scrittura dove si tramandava il patrimonio dei classici greci e latini.
Con l’umanesimo e l’ansiosa ricerca dei codici originali delle opere classiche, i volumi copiati dai copisti divennero insufficienti. Per rispondere alla richiesta sempre crescente, si giunse ai caratteri mobili e alla stampa tabellare. Nel 1450, Guttemberg stampò la prima Bibbia su carta, dando avvio alla rivoluzione tipografica.