Movimento ideologico teso alla completa equiparazione della donna all’uomo…
Movimento ideologico teso alla completa equiparazione della donna all’uomo e alla conquista di tutti i diritti civili, politici ed economici.
Esso è fenomeno tipicamente moderno, che si afferma come dottrina con la rivoluzione francese. Nel 1791, con la Declaration des droits de la femme et de la citoyenne di Olimpe de Gouges, il femminismo ebbe un suo programma e una direzione precisa. I numerosi club femministi sorti in quel periodo costituirono i primi fermenti del futuro movimento organizzato.
L’idea femminista, sotto la spinta della rivoluzione francese, si affermò anche in altri paesi: Theodor Hippel nel 1792 pubblicò in Germania il saggio Uber die bürgerliche Verbesserung der Weiber e Mary Wollstonecraft scrisse nello stesso anno in Inghilterra Vindication of the Rights of Woman, che fu considerato in tutti i paesi di lingua inglese come la bibbia del movimento femminile. A quest’opera si ispirò più tardi John Stuart Mill, il quale difese la causa delle donne nei suoi scritti e in parlamento: in Subjection of Women (1869) invocò un’uguaglianza «pratica», parità politica e giuridica, parità di retribuzione, libero accesso a tutte le carriere.
La rivoluzione industriale e il conseguente ingresso di imponenti masse femminili nel mondo del lavoro imposero il problema dell’emancipazione femminile al nascente movimento operaio. Il femminismo superava così, nella seconda metà dell’Ottocento, la fase romantico‑utopistica.
Engels, Marx e Bebel affermarono nei loro scritti che la condizione di inferiorità delle donne era simile a quella della classe operaia e che il grado di civiltà di ogni società si poteva misurare dal grado di emancipazione raggiunto dalle masse femminili. Mentre in Europa la questione femminile si impose con la rivoluzione francese, negli Stati Uniti la spinta venne dalla lotta per l’abolizione della schiavitù che, impegnando molte donne, le portò a una comprensione dei problemi politici e sociali del paese.
La nascita di un vero movimento autonomo risale al 1848, quando un gruppo di donne, capeggiate da Lucretia Mott e Elizabeth Cady Stanton, indissero a Seneca Falls (New York) un convegno per presentare una Declaration of Sentiments (redatta sul modello della dichiarazione di indipendenza), un vero e proprio programma di lotta. Dalla metà del XIX secolo agli inizi del XX cominciarono a nascere i primi movimenti femminili organizzati che, oltre a rivendicare la parità nel lavoro, nell’istruzione, nella famiglia e il libero accesso a tutte le professioni, puntarono essenzialmente alla conquista dei diritti politici. Sono del 1848 i club francesi: il Club des femmes fondato da Eugenie Niboyet e il Club de l’emancipation des femmes di Jeanne Deroin che, a differenza di quelli della prima rivoluzione, agitarono esclusivamente questioni femminili e ottennero l’appoggio del movimento socialista, che tali questioni aveva incluso nel suo programma di rivendicazioni.
Nel 1878 si tenne a Parigi il I congresso femminista internazionale. Negli Usa, dopo il convegno di Seneca Falls del 1848, si ebbero, in vari stati dell’Unione, delle manifestazioni simili, che sfociarono nel 1850 nel I congresso nazionale per i diritti della donna, a Worcester; tale iniziativa da allora si ripeté annualmente fino al 1860. Nel 1869 sorsero due grandi associazioni femministe: la National woman suffrage association e l’American woman suffrage association, ben presto conosciute come The National e The American. Le due associazioni si differenziavano perché, mentre la National considerava il voto un’arma necessaria per ottenere il riconoscimento di tutti gli altri diritti, la American invece lottava per il voto, considerato una giusta conquista, e non si interessava di tutte le altre questioni.
Dopo vent’anni le due associazioni si riunirono (1890), dando vita alla National american woman suffrage association, la cui presidenza fu assunta da Elizabeth Cady Stanton e che ottenne notevoli successi. In Inghilterra la lotta femminista partì da un gruppo di lavoratrici industriali e da un gruppo di donne dell’alta borghesia; verso la metà del XIX secolo le filatrici di cotone di Blackburn si organizzarono nella Female reforme society e le operaie di Sheffield costituirono la Female political association. Nel 1850 un gruppo di donne dell’alta borghesia si riunì intorno a Barbara Leigh Smith Bodichon, iniziando una serie di attività dirette a sottoporre all’opinione pubblica il problema femminile e nel 1851 tennero a Sheffield un convegno, dove approvarono un ordine del giorno sul voto alle donne, che fu presentato alla Camera dei Lords durante la seduta del 13 febbraio 1851. Il 7 giugno 1866 venne presentata alla Camera una petizione per il suffragio femminile sottoscritta da 1500 donne, organizzata dal Women suffrage committee.
Nel novembre 1867 Millicent Garrett Fawcett fondò la National society for women’s a suffrage che iniziò l’agitazione per il suffragio nell’aprile del 1868 a Manchester con un convegno al quale prese parte anche John Stuart Mill. Nel 1903 Emmeline Pankhurst fondò la Women’s social and political union (Wspu), che si caratterizzò rispetto alle altre associazioni femministe per i suoi metodi di lotta che assunsero via via forme sempre più violente. Le militanti di questa associazione («suffragette») furono più volte arrestate e condannate, ma reagirono attuando in carcere lo sciopero della fame, della sete e del sonno, mettendo in tal modo in serie difficoltà il governo e le autorità inglesi. La loro attività, anche se in un primo momento irritò l’opinione pubblica, riuscì a imporre la questione femminile e a farne un problema nazionale. Anche in Germania il femminismo si andò sviluppando nella seconda metà dell’Ottocento. Nel 1865 Louise Otto‑Peters, nota anche come scrittrice e giornalista, fondò, con Henriette Goldschmidt e Auguste Schmidt, un’associazione delle donne tedesche che rivendicava il diritto al lavoro, al voto e all’istruzione.
Le masse femminili operaie erano guidate nelle loro lotte da Emma Ihrer, da Rosa Luxemburg e Clara Zetkin. Particolarmente per opera di queste due ultime dirigenti di fama mondiale fu possibile organizzare nel 1907 a Stoccarda la I conferenza internazionale femminile, che dette vita al segretariato internazionale femminile; nel 1910 a Copenaghen la II conferenza internazionale femminile, che stabilì di festeggiare ogni anno l’8 marzo come giornata internazionale. Mentre la prima conferenza si era occupata della conquista dei diritti politici, la seconda e la terza mobilitarono le donne di tutto il mondo nella lotta per la difesa della pace e contro la guerra.
Il regime nazista, che già dal 1933 aveva cominciato a proibire l’organizzazione di ogni forma di opposizione, combatté il movimento di emancipazione femminile, perseguitando le sue dirigenti fino al loro annientamento fisico nei campi di sterminio. In Italia i primi nuclei femminili organizzati risalgono alla fine dell’Ottocento e a essi aderirono in massima parte le donne della borghesia. L’Associazione nazionale per la donna sorse nel 1897, l’Unione femminile nazionale nel 1899, il Consiglio nazionale delle donne italiane nel 1903, l’Alleanza femminile nel 1904, il Comitato nazionale pro suffragio femminile nel 1906 e l’Unione donne cattoliche nel 1909.
Le masse operaie trovarono una loro collocazione nelle sezioni della Camera del lavoro (la prima delle quali a Milano era sorta nel 1891 per opera di Linda Malnati, Giuditta Brambilla e Carlotta Clerici) e nelle sezioni femminili del Partito socialista, organizzate nel 1894 soprattutto per opera di Anna Kuliscioff. Nel 1908 il Consiglio nazionale delle donne italiane tenne a Roma il suo I congresso, mettendo all’ordine del giorno tutte le questioni che più o meno direttamente interessavano il mondo femminile; sempre nello stesso anno l’Unione femminile nazionale tenne a Milano il suo I congresso, durante il quale i problemi femminili vennero esaminati con particolare riferimento alla situazione delle lavoratrici. Le varie associazioni, pur avendo fatto del voto il punto cardine della loro battaglia, non trascuravano i problemi del lavoro, della famiglia e dell’istruzione.
Durante il fascismo il moto di emancipazione femminile, come ogni altro moto di progresso sociale, subì un arresto e si ripropose soltanto dopo la seconda guerra mondiale e la Resistenza e con la nascita della Repubblica. Dopo decenni di lotte alterne, nel 1975 le neofemministe italiane ottennero la riforma del diritto di famiglia, basata sulla parità di diritti e doveri tra i coniugi, e si batterono per abrogare o modificare le leggi sull’aborto. A questo fine, nel 1975, il Partito radicale, cui aderiva anche il Movimento di liberazione della donna, ha raccolto e presentato oltre 550.000 firme, riconosciute valide dalla Corte di cassazione per indire nel 1976 il referendum abrogativo delle leggi sull’aborto con il quale il 18 luglio 1978 il parlamento ha approvato una legge che ha abrogato le norme del codice penale che incriminavano l’aborto, cercando di contemperare il diritto alla vita del nascituro e la tutela del benessere fisico, psichico e sociale della madre.