Giacomo Balla, nato a Torino nel 1871, compì i primi studi pittorici all’accademia…
Giacomo Balla, nato a Torino nel 1871, compì i primi studi pittorici all’accademia, ma ben presto la abbandonò per disegnare e dipingere dal vero soprattutto paesaggi. In questo momento è particolarmente interessato alle persone e soprattutto ai poveri e deboli, i «diseredati», che rappresenta con grande vivacità. Sono di questo periodo: I mendicanti, I malati, La pazza. Egli dipinge con la tecnica divisionista creando opere di grande valore. Nel 1895 si trasferisce a Roma. Nel 1900 passa un periodo a Parigi, fucina di tutte le idee della cultura europea di quel periodo. A Roma insegna pittura e tra i suoi allievi annovera Boccioni e Severini, che diverranno due grandi pittori futuristi.
Si sposa con Elisa Marcucci, sorella del pittore Alessandro Marcucci, e con lei si trasferisce nella casa di via Paisiello dove rimarrà per molti anni.
Nel 1910 dipinge Villa Borghese (grande quadro che si trova alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma), forse l’ultima opera divisionista. In quest’anno, infatti, egli aderisce alla corrente dei futuristi, interessandosi subito della descrizione dei giochi di luce e della dinamicità. Conservata al Museum of Modern Art di New York, la Lampada ad arco è la sua prima opera futurista (e forse la prima opera pittorica futurista).
Per quanto riguarda il movimento e la velocità, produce una serie di opere con le quali arriva alla rappresentazione astratta del concetto di moto.
Egli intende a questo punto creare una scissione tra la sua attività figurativa e quella futurista e mette all’asta tutte le sue opere precedenti di carattere figurativo e, polemicamente, si firma «fu Balla» (Balla è morto, qui si vendono le opere del fu Balla).
Subito dopo Balla si scopre insoddisfatto della rappresentazione dinamica su due dimensioni e comincia a lavorare con Depero, un altro artista futurista.
Nel 1914 firma con lui il manifesto per la Ricostruzione futurista dell’universo e lavora su una ricerca plastica con rappresentazioni a tre dimensioni; crea oggetti nuovi utilizzando materiali poveri. In questa ottica realizza l’oggetto: «astratto», «dinamico», «trasparentissimo», «luminoso», «autonomo e trasformabile», «volatile e odoroso», «spumeggiante e scoppiettante».
Usa fili metallici di varie dimensioni e consistenza, di seta, di cotone, di lana, stoffa, plastica, latta, reti colorate, cartaveline, celluloidi, tessuti speciali, specchi, lamine metalliche, stagnole, congegni meccanici, musicali e rumorosi e altro, e crea oggetti vari: il giocattolo futurista, modelli di vestiti, oggetti per la casa, mobili e oggettistica in generale.
Si interessa di cinema con Arnaldo Ginna e scrive nel 1916, anche con Marinetti, Il manifesto della cinematografia futurista. Si impegna nella battaglia interventista e scrive il manifesto Il vestito antineutrale, dipinge Insidie di guerra (prima foto,) Dimostrazione XX settembre (seconda foto), Forme-grido «Viva l’Italia!».
Nel periodo postbellico il suo entusiasmo futurista si placa ed egli dipinge anche opere figurative limitando le forme astratte allo sfondo.
Nel 1937 scrive addirittura, in una lettera al giornale «Perseo», di essere estraneo al movimento futurista e rivendica una sua linea personale di ricerca non assimilabile ad altre. Negli anni Trenta ottiene diversi riconoscimenti accademici e nel 1956, con la rivalutazione della pittura futurista, riceve la medaglia d’oro dal presidente Segni.
Nel 1958 muore a Roma.
Il dipinto Forme-grido «Viva l’Italia!» fa parte del gruppo di opere realizzate da Balla per dichiarare esplicitamente e con enfasi la sua posizione politica nel momento in cui in Italia, allo scoppio della guerra del 1915-18, si andava facendo più viva la polemica tra interventisti e antinterventisti. La tela, dipinta nel 1915, è un rettangolo di cm 134 x 187 con un rapporto circa di 2:3 ed è quasi senza margine, ma completamente riempita di forme. La cornice è originale e dipinta in bianco rosso e verde.
Significati
Quest’opera vuole rappresentare un grido patriottico in favore dell’intervento dell’Italia in guerra e vuole rappresentarlo in tutta la sua tumultuosa passione, come un moto che sale impetuoso dall’anima. Balla è, in quel momento, un esponente del futurismo, un movimento che pone tra i suoi concetti l’espressione della velocità e del dinamismo, ripresi ed espressi da tutti gli artisti in tutti i linguaggi: letterari, pittorici, scultorei ecc. «Tutto si muove, corre, tutto volge rapido. Una figura non è mai stabile davanti a noi, ma appare e scompare incessantemente. Per la persistenza dell’immagine sulla retina, le cose in movimento si moltiplicano, si deformano susseguendosi come vibrazioni nello spazio che percorrono. Così un cavallo da corsa non ha quattro zampe ne ha venti ed i loro movimenti sono triangolari» (Manifesto tecnico della pittura futurista, 8 marzo 1910).
Composizione struttura
Le forme che compongono l’opera, assimilabili a triangoli inclinati, sono disposte secondo circuiti circolari, vortici. Il triangolo è una forma già usata da Balla (lampada ad arco e iridescenze luminose) che, posta con l’asse inclinato, esprime il movimento orientato nella direzione della punta; il cerchio dà l’idea di rotazione e quindi comunica un senso dinamico a tutta la composizione. Vi è un punto centrale del quadro da cui sembrano dipartirsi linee circolari che si diramano come tracce di fuochi d’artificio.
Piani di composizione
I vari piani della composizione sono scanditi in profondità, evidenziata dalla variazione del colore che si identifica come ombra; ma la parte più significativa è quasi scagliata in primo piano e diventa il punto focale dell’intera immagine.
Polo d’interesse
Il polo d’interesse dell’intera opera è, quindi, il nodo centrale in cui si incontrano i due guizzi verde e rosso collegati dalla forma bianca. Il vortice che si determina sembra attirare lo spettatore all’interno del quadro.
Il colore
Il colore è qui steso piatto in modo compatto e squillante senza sfumature e le gamme cromatiche non sono più, come nelle iridescenze, luminose e trasparenti, ma sono colori dagli accenti accesi di rosso verde e bianco con evidente riferimento alla bandiera italiana, messa in primo piano su uno sfondo di azzurri e viola. L’accenno si collega a ricordi ed emozioni che fanno parte della simbologia futurista.
Il messaggio
La rappresentazione è completamente astratta. Il pittore vuole esprimere il clamore delle folle interventiste e il garrire delle bandiere italiane, non rappresentando le folle vocianti o un fascio di bandiere sventolanti, ma attraverso le forme e il modo in cui queste sono disposte e composte.
L’opera nel percorso di Balla
Balla inizia come pittore realista: nella sua prima produzione, infatti, rappresenta paesaggi e personaggi. Il processo di astrazione che Balla percorre risulta chiaro seguendo il filo conduttore delle opere da lui realizzate negli anni che precedono questa opera (1910-14). In questo periodo il suo interesse è per la rappresentazione del moto dei corpi: il dinamismo. Egli comincia a disegnare le varie posizioni dei corpi in movimento, rifacendosi alle esperienze della fotodinamica che nello stesso periodo andava realizzando Anton Giulio Bragaglia, un artista e fotografo del gruppo futurista e in seguito anche regista.
Primi chiari esempi, tutti del 1912, sono: Dinamismo di un cane al guinzaglio, La mano del violinista e Ragazza che corre sul balcone.
Tra il 1912 e il 1914 studia una serie di composizioni geometriche che sono l’inizio della sua vera e propria produzione astratta: le Iridescenze luminose. Poi viene il gruppo di lavori sulle macchine in corsa che egli dipinge nel 1913-14: una serie di opere realizzate osservando le macchine sfrecciare a Roma lungo via Veneto. I primi disegni e dipinti di questa serie rappresentano le macchine con un certo realismo, poi a mano a mano si distingue solo la traiettoria disegnata sulla strada e infine viene rappresentato il puro movimento con forme astratte. Balla passa, quindi, da una riproduzione realistica della macchina a una prima astrazione e quindi alla descrizione del puro movimento e del rumore prodotto dal passaggio. Subito dopo Balla dipinge una serie di quadri sul movimento delle rondini. Il pittore segue il volo delle rondini che volteggiano nel cielo, camminando nel suo studio avanti alle finestre aperte. Spostamento quindi del soggetto (pittore) e dell’oggetto (rondini): si individuano allora delle traiettorie astratte e luminose, «linee andamentali», dice Balla, con i guizzi e le picchiate delle rondini.
I dipinti di Giacomo Balla del 1915-16 costituiscono il momento di arrivo di questa rappresentazione astratta di aspirazioni e idee e concludono il suo primo periodo futurista.
Il futurismo
Il futurismo, fondato da Filippo Tommaso Marinetti (un giovane scrittore milanese) nel 1909, nasce come movimento artistico di avanguardia, sviluppandosi sulla scia e contemporaneamente ad altri movimenti di avanguardia che si andavano organizzando nei diversi paesi europei. Presto vi aderirono pittori come Balla, Boccioni, Severini e poi Russolo, Carrà, architetti come Sant’Elia, musicisti come Pratella. Storicamente, il movimento si configura come contrapposizione attivistica, clamorosa, scandalosa, all’ordine e alla consuetudine della vita borghese che aveva come riferimento figurativo l’espressione sentimentalmente accademica di certa arte ottocentesca. Erano di moda pittori come Aristide Sartorio e i De Carolis, scultori come Canonica; lo scrittore più ammirato era D’Annunzio, i più importanti monumenti che si costruivano erano il monumento a Vittorio Emanuele e i vari ministeri di Roma. Gli aderenti al movimento si proponevano la finalità di superare una impostazione artistica di tipo accademico, che si realizzava in una stanca ripetizione di motivi classici espressi con tecniche collaudate da secoli, in un’epoca che prometteva grandi sconvolgimenti scientifici e tecnologici. Le nuove invenzioni, infatti, in questo primo decennio del XX secolo già rivoluzionavano il tranquillo stile di vita ottocentesco: la fotografia, la luce elettrica, l’automobile, il treno, la possibilità di trasmettere a distanza lasciavano intravedere scenari nuovi e inimmaginabili; la vita prendeva un ritmo dinamico e sembrava davvero ridicolo riprodurre o descrivere questa realtà con i vecchi sistemi.
La rivoluzione del movimento futurista è preparata in Italia dall’opera di pittori e scultori non apprezzati dal pubblico e dal mondo accademico contemporaneo come Giovanni Segantini, Gaetano Previati o Medardo Rosso. Essi si rifacevano e in qualche modo si ricollegavano alla ricerca europea e si esprimevano con tecniche divisioniste. Quasi tutti i pittori che aderirono al futurismo, e Balla tra questi, avevano fatto una esperienza divisionista.
Di questa esperienza i futuristi conservano il gusto e la volontà di esprimere pittoricamente la luce, che era stata il motivo centrale dell’impressionismo francese. Il grande tema futurista è poi l’esaltazione della vita moderna, della velocità, la proposta di nuovi valori che diventano quasi impegno morale quali l’energia, il dinamismo. «Voglio dipingere il nuovo, il futuro del nostro tempo industriale», dice Boccioni nel suo diario del 1907.
La rappresentazione della velocità, con particolare attenzione all’accelerazione, diventa il tema dominante e viene presentato come carattere intrinseco della civiltà moderna. In quest’ottica Boccioni realizza il dinamismo plastico (scultura) delle figure in movimento, Balla descrive il movimento prima con le traiettorie poi in modo astratto con figure geometriche, Sant’Elia disegna progetti per una futura metropoli dinamica, Marinetti compone poesie disegnate. Viene così creato un linguaggio figurativo composto di segni nuovi.
Il movimento futurista coinvolge tutti gli aspetti della vita e l’arte in tutte le forme possibili: letteratura, pittura, scultura, architettura, teatro, varietà, musica, arte applicata ecc.
Al contrario di altri movimenti europei, per esempio il cubismo (che nasce ufficialmente in Francia intorno al 1905), per il futurismo si verifica uno sconfinamento dell’arte nella vita che comporta il coraggio di rompere con il tradizionale isolamento dell’artista.
I futuristi fecero una grande opera di diffusione delle loro idee e delle loro opere attraverso i manifesti.
I manifesti sono delle vere e proprie proclamazioni che, partendo da un argomento specialistico (la pittura, il cinema ecc.), affrontano questioni sociali e di comportamento.
Ricordiamo in particolare che Marinetti pubblica il primo manifesto futurista il 20 febbraio 1909. Molti altri manifesti seguono a questo: Il manifesto dei pittori futuristi (febbraio 1910), Il manifesto tecnico della pittura futurista (aprile 1910) e poi quello dei drammaturghi, dei musicisti, della donna, della letteratura, dell’architettura, della scultura, dell’arte dei rumori, della scenografia e coreografia, delle parole libere, della cinematografia, della danza, dei politici e molti altri.
I futuristi organizzavano anche spettacoli e serate che tendevano a creare scandalo e polemica intorno al loro movimento rivoluzionario.
Essi amavano la lotta e la violenza come slancio giovanile contro il «vecchiume passatista», ma la loro posizione è del tutto estetica e visuale. Questo slancio vitalistico e antisentimentalista, il culto per il nuovo, per il gesto, sono atteggiamenti culturali che si concretizzano in una nuova forma di arte e nel nuovo modo di avvertire la funzione di questa arte nella società; ma sono anche atteggiamento morale che porta al rifiuto radicale di un certo modo di vita di quel tempo sia individuale sia collettivo.
Per questi motivi di fondo il futurismo si legò in un primo momento al nascente movimento fascista; il futurismo e il fascismo erano infatti uniti da alcune premesse: il patriottismo e l’amore per la lotta, una certa propensione per l’anarchia di cui si apprezzavano soprattutto gli aspetti estetici e appariscenti. Piaceva ai futuristi il tumulto, la protesta popolare libera e spontanea, anche se essi non colsero i motivi di fondo della classe operaia che, con la sua organizzazione, voleva difendere i propri diritti in una società che si andava industrializzando, né la nascita di certe istanze di tipo internazionale (solidarietà tra i lavoratori dei vari paesi).
Il momento più significativamente impegnato dal punto di vista politico fu per i futuristi il momento del grande conflitto europeo del 1915-18. Essi vedevano la guerra come un’occasione rivoluzionaria attiva e violenta, in grado di trasformare un paese come l’Italia che essi ritenevano arretrato: «la guerra sola igiene del mondo», scriveva Marinetti.
Per questo si schierarono a favore della guerra e a questo scopo produssero manifesti, scritti, opere pittoriche, organizzarono manifestazioni interventiste. Parteciparono con impegno anche al conflitto vero e proprio. Boccioni e Sant’Elia, artisti dalla personalità tra le più rappresentative del movimento, morirono in guerra.
Nel dopoguerra e con il passare del tempo si assiste a uno sfaldarsi e articolarsi delle varie posizioni dei futuristi nei riguardi del fascismo. Il fascismo, d’altra parte, dopo il primo periodo confusamente rivoluzionario, ebbe, come tutti sappiamo, una involuzione che lo portò su posizioni conservatrici, mentre legò la propria immagine a forme artistiche assolutamente antitetiche a quelle adottate dai futuristi: si ritornò a realizzare opere di carattere classicista, che volevano riprodurre i fasti dell’antica Roma intrisi di trionfalismo e retorica.
Il divisionismo
Movimento artistico italiano nato all’incirca nel 1890 sulle stesse premesse del puntinismo francese (Seurat, Pissarro, Signac ecc.), uno dei movimenti postimpressionisti, che ritiene la luce come l’elemento base della visione artistica. Questo elemento viene rappresentato seguendo la teoria della scomposizione dei colori secondo le leggi scientifiche dell’ottica, per esprimere il movimento e la vibrazione della luce sui corpi.
Tecnicamente, la stesura dei colori non avviene con impasti precedentemente dosati e mescolati sulla tavolozza, ma con colori puri accostati e applicati a piccole pennellate (punti). Per esempio, per creare una macchia verde, i colori giallo e blu vengono applicati direttamente sulla tela in piccole macchie gialle e blu.
Più sono numerosi i colori e più piccole le pennellate, più aumenta l’intensità luminosa. Osservati a distanza, si realizza la fusione per effetto della sintesi che avviene nell’apparato visivo e l’occhio percepisce una macchia verde. I divisionisti italiani dipinsero interpretando piuttosto liberamente queste teorie e crearono opere di grande vivacità e bellezza.
Glossario
Fotodinamica. Esperimenti fotografici compiuti da Anton Giulio Bragaglia per fotografare la traiettoria del corpo in movimento. Non più una serie di immagini in cui il corpo viene fissato nelle varie posizioni impercettibilmente diverse l’una dall’altra ma una sola immagine che mostra le varie posizioni del corpo che si muove.