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Guerra civile americana

Conflitto denominato dalla storiografia anglosassone …

Conflitto denominato dalla storiografia anglosassone Civil War («guerra civile»), e noto anche con il nome di guerra di Secessione, combattuto negli Stati Uniti d’America dal 1861 al 1865 tra gli stati del nord e quelli del sud che avevano abbandonato l’Unione, facendo appunto «secessione» (divisione). Terminò con la vittoria degli stati del nord o dell’Unione su quelli del sud o della Confederazione.

Le cause. Le cause che la determinarono furono varie e complesse. La guerra, infatti, fu lo scontro armato di due parti degli Stati Uniti che, pur costituendo un’unica nazione sulla carta, in sostanza erano molto differenti nelle strutture economiche e sociali e nel modo di vivere e di pensare. La nazione americana aveva allora trentuno milioni d’abitanti ed era formata da trentaquattro stati.
Negli stati del nord, lungo la costa atlantica, fiorivano le industrie, il commercio, gli affari. In quelli del sud la principale ricchezza era il cotone, la materia prima dell’industria tessile del nord. Una prima ragione di conflitto era di carattere economico: mentre il sud era favorevole a una politica doganale di libero scambio, che incoraggiasse le esportazioni verso l’Europa, il nord era orientato al protezionismo, per difendere la sua produzione industriale dalla concorrenza britannica.
Inoltre, nei nuovi territori che si venivano costituendo man mano che i pionieri occupavano le regioni del West, come il Kansas e il Missouri, il nord voleva introdurre la colonizzazione indipendente, mentre il sud li reclamava per estendervi le piantagioni. Vi era infine il conflitto ideologico sulla schiavitù: per difenderla i sudisti ricorrevano a una grande varietà di argomenti, oltre a quello che, senza gli schiavi che fornissero la manodopera all’agricoltura, l’economia del Sud sarebbe crollata. Sostenevano, inoltre, che la schiavitù era stata ordinata da Dio e che gli schiavi preferivano il loro stato alla libertà perché come schiavi venivano nutriti, curati e protetti.
Il Nord, abolizionista, vedeva nella schiavitù un’istituzione immorale, degradante, contraria alle leggi divine e umane, e anche perché (tecnologicamente più avanzato) aveva un’industria basata sui lavoratori dipendenti meno costosi degli schiavi. Tutta la questione veniva poi mascherata dietro un problema giuridico di fondo: il Sud sosteneva che dagli Stati Uniti, in quanto confederazione, i singoli stati potessero staccarsi («far secessione») in ogni momento, mentre il Nord affermava che, trattandosi di un’unione (o federazione), la possibilità di separarsi non esisteva.

La secessione e la guerra. Ancor prima dell’insediamento al potere di Abraham Lincoln, che era un abolizionista, gli stati del sud cominciarono a staccarsi l’uno dopo l’altro dall’Unione. Il primo a dichiararsi indipendente fu la Carolina del Sud (20 dicembre 1860). Nel mese successivo seguirono il suo esempio il Mississippi, la Florida, l’Alabama, la Georgia, e la Louisiana. Si aggiunsero poi il Texas, la Virginia, l’Arkansas, il Tennessee e la Carolina del Nord. Nel febbraio del 1861 gli stati secessionisti si organizzarono in una nuova nazione a cui diedero il nome di Stati Confederati d’America, e nominarono loro presidente Jefferson Davis.
La loro capitale fu Richmond, nella Virginia, non lontana da Washington. La guerra vera e propria ebbe inizio il 12 aprile, con il bombardamento, da parte dei soldati della Confederazione, di Forte Sumter, nella baia di Charleston (Carolina del Sud). Gli stati dell’Unione erano ventitré, con una popolazione di ventidue milioni di abitanti; quelli della Confederazione erano undici, e gli abitanti solo nove milioni. Tra le due parti non ci fu mai una dichiarazione formale di guerra. Lincoln aveva rifiutato di riconoscere gli stati secessionisti come una «nazione»; essi erano semplicemente degli stati «ribelli» al potere centrale, da domare con la forza. La guerra, pertanto, nel concetto di Lincoln, almeno nella sua fase iniziale, ebbe come scopo il mantenimento dell’Unione.

Fu combattuta sulla terra, sui laghi e sui fiumi. Il Nord aveva in mano quasi tutta la Marina, e l’ammiraglio David Glasgow Farragut portò la flotta alla foce del Mississippi, conquistando New Orleans. Nella valle del grande fiume le forze unioniste s’imposero fin dal principio vincendo numerose battaglie, la più sanguinosa delle quali fu quella di Shiloh, che durò due giorni e nella quale il generale Ulysses S. Grant batté il generale confederato Joseph E. Johnston. Poi Grant accerchiò la fortezza di Vicksburg sul Mississippi e dopo sei settimane d’assedio la costrinse alla resa (luglio 1863). Con la caduta di Vicksburg, le forze del Nord presero sotto controllo il Mississippi e spezzarono la Confederazione in due parti.

A est, nella zona verso l’Atlantico, le cose, nei primi due anni di guerra, erano state favorevoli alla Confederazione. L’armata del Potomac aveva subito varie dure sconfitte (Bull Run, battaglia dei Sette giorni, Chancellorsville, ecc.), e soltanto la battaglia di Gettysburg (1863), combattuta nei giorni in cui Vicksburg si arrendeva, riuscì a bloccare l’esercito dei Confederati che stava marciando su Washington. Tuttavia, dopo Gettysburg le sorti dei Confederati volsero a poco a poco al tramonto. Il generale Grant, capo di tutte le forze dell’Unione nel 1864, dopo varie sanguinose battaglie costrinse il comandante dei Confederati, generale Robert E.
Lee, ad abbandonare Richmond (3 aprile 1865). Intanto, nell’estate del 1864, il generale William T. Sherman, alla testa dell’armata dell’Ovest, forte di centomila uomini, era avanzato verso il nord, conquistando e incendiando Atlanta (2 settembre), giungendo al mare a Savannah, poi attraversando le due Caroline per dirigersi verso la Virginia. Il 9 aprile 1865, una settimana dopo l’evacuazione di Richmond, il generale Lee si arrese a Grant, ad Appomattox, in Virginia. La guerra, nella quale erano morti 600 mila uomini, era finita. Lincoln fu assassinato una settimana dopo la resa di Appomattox, e la sua morte danneggiò il Sud poiché con la sua scomparsa prevalsero gli esponenti della teoria punitiva che invocavano per i vinti un trattamento duro, da territorio di conquista. Gli schiavi, liberati sulla carta, non lo furono nella realtà perchè i bianchi non riconobbero loro il diritto all’eguaglianza, continuando a teneri i sottomessi.