Conflitto combattuto tra il 1960 e il 1975 sul territorio del Vietnam, della Cambogia e del Laos.
Conflitto combattuto tra il 1960 e il 1975 sul territorio del Vietnam, della Cambogia e del Laos.
Le fazioni in conflitto erano: da una parte Vietnam del Sud, Corea del Sud, Stati Uniti, Thailandia, Australia, Nuova Zelanda e Filippine; dall’altra, Vietnam del Nord e Fronte di liberazione nazionale (Fln), più noto con la denominazione di Viet cong, il movimento dei guerriglieri comunisti (v. comunismo) attivi nel territorio sudvietnamita.
La guerra del Vietnam è anche nota come seconda guerra d’Indocina, perchè coinvolgeva le altre nazioni della penisola asiatica; la prima guerra d’Indocina (combattuta tra il 1946 e il 1954) si era conclusa con la suddivisione del Vietnam in Vietnam del Nord (repubblica comunista con capitale Hanoi, sotto la guida di Ho Chi Minh, sostenuto dal governo sovietico) e Vietnam del Sud (con capitale Saigon, sotto la guida di Ngo Dinh Diem, sostenuto dagli Stati Uniti).
La preoccupazione della minaccia sovietica dal Vietnam del Nord rese il territorio asiatico un nuovo scenario per la prosecuzione della guerra fredda. A tale scopo gli Usa, sotto la guida del presidente Dwight Eisenhower, iniziarono ad inviare truppe a sostegno del governo sudvietnamita, e rifornirono l’esercito del Vietnam del Sud di carri armati e artiglieria pesante: una tattica che si rivelò ben presto inadatta a fronteggiare i guerriglieri comunisti, i quali combattevano divisi in piccole unità con basi nella foresta o sparse nei villaggi. Tale situazione rischiava di pregiudicare la stabilità del regime sudvietnamita, per questo Washington decise l’invio di ulteriori truppe americane antiguerriglia (1961), che diventeranno ventimila unità con il presidente John Kennedy, un’escalation bruscamente interrotta dal presidente americano Lyndon Johnson, chiamato alla Casa Bianca dopo l’assassinio di Kennedy (1963).
Nonostante l’interruzione dell’invio di truppe, anche l’amministrazione Johnson considerava necessaria la prosecuzione della campagna vietnamita, inglobata nel più vasto programma statunitense di contenimento dell’espansione comunista. La strategia militare adottata dagli Usa puntava a logorare la guerriglia tramite la combinazione di azioni terrestri e incursioni aeree, a sud di Saigon e nelle zone al confine con Laos e Cambogia, oltre che sulla capitale nordvietnamita.
L’impegno militare americano è stato caratterizzato dall’utilizzo criminale e indiscriminato degli aggressivi chimici, con largo uso di bombe al napalm, defolianti e diserbanti, allo scopo di distruggere la fitta vegetazione della foresta: l’effetto fu devastante, sia per l’inquinamento ambientale, sia per il numero di vittime che provocò.
Questa strategia sarà fortemente contestata in patria, dove movimenti di protesta sempre più estesi, ispirati dalla ventata rivoluzionaria del Sessantotto, accusavano il governo di proseguire una guerra ingiusta e immorale, che comprometteva l’indipendenza del Vietnam a favore degli interessi statunitensi.
Con il presidente americano Nixon si registrarono dei passi significativi: nel 1970 la guerra fu estesa a Laos e Cambogia, ma le continue manifestazioni in numerose città americane indussero la presidenza a disimpegnare gradualmente le truppe statunitensi e a cercare un accordo con il Vietnam del Nord.
Nel 1973, tramite un accordo di pace firmato a Parigi, fu ufficialmente sancita la fine del conflitto; nel 1975 il Vietnam del Sud fu invaso da quello del Nord, e il 2 luglio del 1976 entrambi confluirono nella Repubblica socialista del Vietnam, con l’instaurazione di un governo comunista che dura tutt’oggi.
Iniziata come guerra di contenimento del comunismo, il conflitto vietnamita si è rivelato un clamoroso fallimento per gli Stati Uniti. Il bilancio finale, tutto negativo, ha contato numerosissime perdite tra soldati e civili, un altissimo costo economico e militare e la definitiva trasformazione dell’Indocina in un’area geografica governata da regimi filosovietici (v. Urss).