Scopri, impara e cresci

Guerre puniche

Così vengono indicate le tre guerre combattute tra Roma e Cartagine…

Così vengono indicate le tre guerre combattute tra Roma e Cartagine (l’attuale Tunisi) rispettivamente nel 264-241 a.C., nel 219-201 a.C. e nel 150-146 a.C. Anteriormente le relazioni fra le due città erano state più o meno amichevoli, e comunque definite da trattati, il primo dei quali sembra risalire agli ultimi anni del VI secolo a.C. Lo scontro tra le due potenze cominciò a profilarsi già all’inizio del III secolo, quando l’influenza di Roma, che aveva definitivamente eliminato ogni resistenza dei greci d’Italia (v. Magna Grecia), era ormai giunta allo stretto di Messina.

La prima dei tre delle tre guerre iniziò in seguito alla chiamata da parte dei mamertini (banda di mercenari campani sotto il cui controllo si trovava la città di Messina) dapprima dei cartaginesi (per liberarsi dei siracusani) e poi dei romani (per sconfiggere appunto i cartaginesi). Sembra che in principio la lotta sia stata ingaggiata da Roma con intenti difensivi, cioè per impedire che Cartagine si insediasse sullo stretto, ma ben presto essa si trasformò in guerra di conquista. Le ostilità ebbero inizio nel 264, e si trascinarono per oltre 20 anni, soprattutto perché i romani cambiavano annualmente i consoli, comandanti sul campo.
Il confronto con una potenza commerciale come Cartagine spinse Roma a trasformare la propria potenza, che era essenzialmente terrestre, in potenza navale; già dal 260 (battaglia di Milazzo) i romani poterono misurarsi con i rivali anche sul mare. Un tentativo di risolvere la guerra, che cominciava ad assumere le caratteristiche di una guerra di logoramento, fu quello del console Marco Attilio Regolo, che nel 256 sbarcò in Africa, ma finì prigioniero. Solo con una nuova battaglia navale (battaglia delle Egadi, 242) i romani riuscirono a piegare la tenace resistenza dei nemici, che si erano trincerati nell’estremità occidentale della Sicilia sotto il comando del valente Amilcare Barca.

Stipulato il trattato di pace, i cartaginesi cercarono un compenso nella conquista della Spagna, che fu intrapresa dallo stesso Amilcare Barca e poi continuata dal genero Asdrubale e dal figlio Annibale. Nel corso di tale conquista Annibale arrivò a impadronirsi anche della città di Sagunto, tutelata da un trattato di alleanza con Roma: fu questo il pretesto per lo scoppio di un nuovo conflitto.

Valicati i Pirenei e le Alpi, nell’autunno del 218 Annibale giunse nella pianura Padana alla testa di circa 50.000 uomini e 37 elefanti. Il suo talento militare gli consentì di riportare importanti successi (al Ticino e alla Trebbia, 218; al Trasimeno, 217; a Canne, 216), ma sul piano strategico l’impresa si risolse in un fallimento, sia per il mancato arrivo dei necessari rinforzi, sia per la non avvenuta defezione degli alleati di Roma. Sottoposto a una serie di azioni di logoramento messi in atto dall’esercito romano su intuizione di Quinto Fabio Massimo (poi detto «il Temporeggiatore»), nel 203 Annibale dovette abbandonare l’Italia per accorrere in Africa, dove erano sbarcate le truppe guidate da Publio Cornelio Scipione, passato alla storia come «l’Africano». Lo scontro decisivo si ebbe a Zama nell’estate del 202: per Cartagine fu la disfatta, e lo stesso Annibale consigliò di accettare le dure condizioni di pace.

Fra queste obblighi, che prevedevano anche l’abbandono di tutte le colonie e il pagamento di un tributo, la clausola più pesante era certamente quella che imponeva ai cartaginesi di non far guerra senza il permesso dei romani; in tal modo essi si trovarono esposti alle continue violazioni e rivendicazioni territoriali di Massinissa, il re della vicina Numidia.

Per circa mezzo secolo i cartaginesi subirono questi attacchi, ma nel 150, esasperati, apprestarono un esercito e rompendo i patti con Roma tentarono di riconquistare i loro territori. A Roma fu chiaro che una Cartagine troppo indebolita sarebbe caduta facilmente nelle mani della Numidia, che si sarebbe trasformata così uno stato ricco, esteso dall’Atlantico all’Egitto e militarmente forte.

La rottura dei patti fornì un pretesto perfetto per poter intervenire. Roma dichiarò ancora guerra alla grande rivale e così ebbe inizio la terza guerra punica, che si svolse interamente sul territorio africano.

Cartagine dette prova di grande coraggio e riuscì a resistere per tre anni (149-146), ma il risultato era scontato. I romani, guidati da Publio Cornelio Scipione Emiliano, rasero al suolo la città sconfitta, la bruciarono, ne abbatterono le mura e il porto. Per renderla inabitabile, venne sparso del sale in tutta l’area. La terza guerra punica era terminata.