6 Maggio 1699. Lemuel Gulliver, marinaio inglese, partì per una crociera nei Mari del Sud a bordo della nave Antelope. 5 Novembre 1699: la nave, travolta da una violentissima tempesta, fece naufragio e tutto l’equipaggio perì… ad eccezione di Gulliver, che riuscì a raggiungere a nuoto la costa. L’eroe, stremato dalla fatica, si sdraiò sulla sabbia e si addormentò di un sonno profondo: era approdato nel paese di Lilliput, abitato da uomini piccoli, piccoli. Gulliver, rispetto a loro, sembrava un vero gigante!
Da un po’ di giorni nel paese c’era aria di festa: il re Piccolo, imperatore di Lilliput, aveva concesso la mano di sua figlia Giulia al principe David, figlio del re Bombo, sovrano della vicina isola di Blefuscu. L’indomani si sarebbero celebrate le nozze, e re Piccolo era tutto preso con gli ultimi preparativi. Quella sera, come tutte le sere, il fedele guardiano della costa, Gabby, incaricato dal re a svolgere tale lavoro, stava perlustrando la zona quando si imbatté in un masso mai visto prima: “Ma come” pensò, “conosco questa costa come le mie tasche. Possibile che non mi sia mai accorto della presenza di questo enorme sasso?”
Gabby illuminò con la lampada quello strano oggetto ma… era una mano!
L’omino iniziò a tremare dalla paura ma, prima di correre via a gambe levate, illuminò il corpo del possessore di quella mano: era un gigante, un mostruoso gigante! Che cosa era venuto a fare a Lilliput?
Gabby non perse tempo e, nonostante fosse notte, le sue grida non risparmiarono i timpani degli abitanti del paese: “Aiuto! C’è un gigante sulla spiaggia!”
I più curiosi, che si affacciarono ancora insonnoliti alle finestre, videro una specie di tromba d’aria attraversare le vie e non riuscivano a convincersi che quel razzo potesse essere il pigro Gabby.
Il guardiano arrivò all’ingresso del palazzo del re e chiese alle guardie il permesso di passare: “No” fu la risposta. “Non è il momento: re Piccolo sta discutendo con re Bombo circa la canzone da cantare durante la cerimonia di nozze di sua figlia. Re Piccolo sostiene che bisogna cantare “Fedeltà”, l’inno di Lilliput; re Bombo, invece, vuole “Per sempre!”, l’inno di Blefuscu!”
In quel momento si senti un urlo: re Bombo, litigioso e attaccabrighe di natura, aveva perso del tutto la pazienza, e davanti allo sguardo atterrito dei due futuri sposi e del non proprio coraggioso re Piccolo, pronunciò queste parole minacciose: “E allora sarà guerra!”
Il sovrano prese allora il figlio per un braccio e lo trascinò fuori dal salone; poi tornò indietro un attimo e con un pugno distrusse in mille pezzi la fantastica torta preparata per gli sposi che ormai, in lacrime, davano l’addio al loro sogno d’amore.
Gabby, senza capire la gravità del momento, approfittò del fatto che il re era rimasto solo per precipitarsi davanti a lui e gridare con quanto fiato aveva in gola: “Maestà, presto, c’è un gigante sulla spiaggia!”
“Ti sembra il caso di disturbarmi in questo momento? Qui siamo arrivati al dramma nazionale, tutti ne pagheremo le conseguenze” disse il re affranto.
“Ma imperatore, può darsi che quel gigante sia una spia! Dobbiamo assolutamente annientarlo!”
“Spia? Gigante?” ripeté allarmato il re tra sé e sé. “Chiamate le guardie, presto, suonate le campane, che tutti vadano sulla spiaggia!”
Mentre una folla di curiosi e un bel numero di guardie si avvicinavano al punto in cui Gabby giurava di aver visto il gigante, Re Bombo, prima di lasciare il paese, avvertì dello stato di guerra le tre spie che solitamente lo tenevano informato di quel che accadeva a Lilliput: i due Smilzi e Poldo. “D’accordo, capo, parta tranquillo” dissero i brutti ceffi.
Intanto, alla spiaggia, Gulliver continuava a dormire beatamente.
“Presto” disse Gabby. “Non dobbiamo perdere un istante: attrezziamoci con tutto il necessario per immobilizzare il gigante e costruiamo un enorme carro per trasportarlo fino al palazzo dell’imperatore: sarà lui a decidere sulla sua sorte”. In poco tempo una ragnatela di cavi, attaccate ad altrettante gru, sollevò molto lentamente il gigante e lo depositò sul carro che gli era stato spinto sotto. Infine, un gruppetto di uomini legò con corde e cordine quell’essere di proporzioni mostruose.
Infine, con enormi sforzi, i lillipuziani trasportarono la vittima fino all’ingresso del palazzo dove li attendeva il re. “Maestà, siamo arrivati!” gridò Gabby trionfante.
“Portatelo subito dentro!” rispose il re dall’interno.
“Non vorrei deluderla, maestà, ma questo colosso… è davvero troppo, troppo grande!”
Il re si affacciò dalla torre e lanciò un grido di terrore: “Lasciate quell’essere dov’è e, prima che si svegli, frugategli nelle tasche… potrebbe avere oggetti pericolosi!”
Queste furono le ultime parole di Re Piccolo, prima di andarsi a nascondere molto coraggiosamente sotto le coperte! In effetti, nelle tasche del giovane c’era un oggetto pericoloso, e i lillipuziani che sudarono sette camice prima di riuscire a portarlo a terra, si spaventarono a morte quando da quell’arnese partì un colpo che demolì una torretta del p lazzo. Era una pistola! A quel punto si svegliò anche il gigante, che si stupì di avere intorno tanti omini indaffarati.
Il suo stupore però durò poco perché fu subito investito da una pioggia di piccole pietre: no, non erano i lillipuziani, ma Re Bombo che aveva iniziato l’attacco dalla sua nave! Gulliver si alzò in piedi, … e il bombardamento cessò d’incanto!
Al nemico sembrò opportuno fare dietrofront e rimandare la guerra in un altro momento.
“Abbiamo vinto!” fu l’urlo di Gabby, saltando sul piede del suo salvatore che non avvertiva nient’altro che un leggero solletico. Il re dovette farsi coraggio: toccava a lui rendere grazie a quel gigante, che sembrava piovuto dal cielo proprio nel momento del bisogno.
“Non abbiate paura di me” diceva intanto Gulliver ai lillipuziani intimoriti. “È così che trattate gli ospiti? Io mi chiamo Gulliver, e sono un marinaio inglese… e naufrago. Se volete, possiamo diventare amici!”
Il re diede una grande festa in onore del salvatore del paese: danze, canti, dolci e vino rallegrarono gli animi di tutti, tranne quello di Giulia che, sconvolta dagli ultimi avvenimenti, non deliziò l’ospite con la sua presenza.
Gabby spiegò al suo nuovo amico i motivi della sofferenza della principessa, e Gulliver giurò a se stesso che avrebbe fatto qualcosa per far tornare il sorriso sulle labbra della giovane e del suo innamorato.
Intanto, a Blefuscu, re Bombo inviò un messaggio agli Smilzi e a Poldo: “Trovate il modo per eliminare il gigante di Lilliput, altrimenti noi non potremo più attaccare. Fatelo fuori in qualunque modo, altrimenti saranno guai per voi!”
Le tre spie ricevettero il messaggio e pensarono subito al da farsi: in un angolo della piazza, i lillipuziani avevano esposto la “macchina del tuono”, ovvero la pistola del loro amico.
Sarebbe stato un gioco da ragazzi impossessarsene e usarla al momento giusto… per far fuori il gigante!
Il furto riuscì alla perfezione. Gli Smilzi risposero allora al re, inviando anch’essi un messaggio: “Tutto a posto, Maestà! Attaccate domani mattina: noi provvederemo a far perire il gigante sotto i vostri occhi!”
Ma a Blefuscu, un’altra persona non stava più nella pelle per fare ritorno a Lilliput: era il povero principe David, che non vedeva l’ora di poter rivedere la sua amata Giulia. Il giovane partì all’insaputa del padre, raggiunse il palazzo di re Piccolo e si mise a cantare una dolce canzone sotto la finestra della sua amata. Giulia riconobbe subito la voce del suo principe e si precipitò giù dalle scale per raggiungerlo, ma le guardie la fermarono e si misero tra lei e il giovane. A quel punto un’enorme mano sollevò la principessa e David: era Gulliver che, deciso ad aiutare i due, li portò sulla spiaggia per farli parlare un po’ tranquillamente.
“Ma ditemi” disse Gulliver ad un tratto. “Che cos’hanno di così diverso quelle due canzoni, per essere diventate motivo di litigio furibondo tra i vostri due padri?”
“A dire la verità” rispose Giulia “le due canzoni sono molto simili: le parole sono un po’ diverse, ma la melodia è la stessa!”
“Ma allora è semplice accontentare tutti! Alla vostra cerimonia si canteranno entrambe le canzoni… come se fosse una sola!” esclamò Gulliver.
“Che idea fantastica!” disse David. “Dobbiamo assolutamente comunicare ciò ai nostri padri!”
Con questa promessa, i due si salutarono e Gulliver riaccompagnò a casa la principessa.
L’indomani, il risveglio non fu dolce per gli abitanti di Lilliput: Re Bombo era tornato per attaccare!
Gulliver tranquillizzò tutti, dicendo che sarebbe andato lui ad accogliere quei guastafeste sulla spiaggia. Il principe David, che voleva raggiungere la sua amata per essere sicuro che non corresse pericoli, si imbatté per strada nelle tre spie e li sentì dire: “Quando il gigante arriverà vicino alle navi di Re Bombo lo annienteremo con la pistola. Presto, dobbiamo trasportarla fin là!”
Il principe capì che Gulliver era in pericolo di vita, ma lui non avrebbe permesso questo!
Proprio nel momento in cui il gigante tirava sulla spiaggia la nave, come se si trattasse di una barchetta di carta, un colpo esplose nell’aria… ma non colpì Gulliver, bensì il principe.
Tutti, amici e nemici, accorsero accanto alla vittima di una guerra così stupida: i due re si guardarono negli occhi pentiti e non osavano avvicinarsi alla povera Giulia che era accorsa, piangendo in maniera straziante.
Gulliver sollevò il principe sul palmo della sua mano e si accorse che era solo ferito lievemente. Allora sollevò anche la principessa e le sussurrò in un orecchio che il suo amato era salvo e che ora lei doveva cantare i due inni insieme: “Fedeltà” e “Per sempre”.
La giovane non se lo fece ripetere due volte: il suo dolce canto commosse i sovrani, che faticavano a capire dove finiva una canzone e dove iniziava l’altra. Il principe aprì gli occhi e un grande applauso, baci e abbracci conclusero la movimentata giornata.
L’indomani, i due innamorati si sposarono e, qualche tempo dopo, i lillipuziani aiutarono Gulliver, che aveva nostalgia della sua terra, a costruire una barca per riprendere la via del mare.
E così il valente marinaio partì… ma nel suo cuore gli rimase sempre il ricordo della straordinaria Lilliput!