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Il centenario della nascita di Anna Magnani

Saggio di redazione

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Antidiva per eccellenza, Anna Magnani è nata a Roma 100 anni fa, il 7 marzo 1908, da Marina Magnani, una sarta di origini marchigiane che non le offrì mai quell’amore che Anna avrebbe desiderato, ma che le trasmise quell’incredibile forza interiore che fece di lei una grandissima artista. Figura chiave del neorealismo italiano, «Nannarella» ha interpretato con grande passione e forza d’animo il personaggio della popolana focosa e allo stesso tempo sensibile, incarnando, con la sua inimitabile maestria, alcuni dei valori più autentici dell’Italia del dopoguerra e divenendo presto la migliore attrice di un cinema nuovo, che presentava la realtà senza raffinatezze tecniche, con opere che sembravano documenti, caricandosi spesso di poesia. La sua figura di donna, forte e profonda, saggia e determinata, è stata in realtà un modello, veicolato attraverso l’interpretazione dei suoi intensi ruoli, per molte donne dell’epoca.

A differenza di com’è stata spesso descritta, ossia solitaria e con un oscuro dramma interiore sempre pronto ad affiorare, la Magnani era anche nella vita reale una donna molto spiritosa e vitale, come ha più volte sottolineato anche il suo amato figlio Luca Magnani, nato nel 1942 e frutto della breve ma intensa relazione tra l’attrice e il giovane attore Luca Serato. Nel 2008, anno in cui cade il centenario della nascita dell’attrice, numerose sono state le iniziative di celebrazione, da proiezioni di film a convegni, e anche le Poste Italiane hanno voluto dare il loro contributo con l’emissione di un francobollo del valore di 60 centesimi che raffigura il suo volto, in omaggio a una donna che ha rappresentato l’anima del cinema italiano e il cui ricordo resterà indelebile nella memoria di chi ha avuto e avrà l’onore di godere del suo talento e della sua forza. Anche la cineteca di Bologna, nel mese di marzo, ha voluto dedicare all’attrice una retrospettiva con una proiezione di film, ma anche la presentazione di documenti inediti come il Diario al registratore, realizzato da Federico Fellini sul set del suo secondo film Mamma Roma, poi pubblicato sulle pagine de «Il giorno» nel 1962; il diario include anche un interessante dialogo tra la Magnani e lo stesso Fellini dal quale emergono alcune divergenze a proposito della realizzazione del film.

Cresciuta in Egitto, in seguito al matrimonio della madre con un facoltoso austriaco, e allevata dalla nonna materna in una casa di sole donne, Anna Magnani visse un’infanzia estremamente povera. Tornò poi a Roma con la madre subito dopo la fine della prima guerra mondiale e frequentò per un breve periodo un collegio di suore francesi. Successivamente, si dedicò allo studio del pianoforte che poi abbandonò in favore degli studi di recitazione; fu così che approdò nel 1927, all’età di 19 anni, alla scuola di teatro Eleonora Duse, diretta da Silvio D’Amico, dove conobbe anche l’attore Paolo Stoppa. Nel 1929 iniziò a lavorare nella compagnia teatrale Vergani-Cimara di Dario Niccodemi, cui si dedicherà per 5 anni, che la portò a ottenere il suo primo ruolo d’attrice nel film La cieca di Sorrento (1934) di Nunzio Malasomma, lavoro dallo sfondo romantico ma dai cupi risvolti. L’anno successivo sposò il regista Goffredo Alessandrini, con il quale vivrà un rapporto tormentato e doloroso che si concluderà poco tempo dopo. Negli anni Quaranta si dedicò completamente al teatro, lavorando in numerose commedie al fianco di Vittorio De Sica e Totò, come Quando meno te l’aspetti (1940) e Volumineide (1942), diventando una delle attrici più richieste del teatro leggero italiano.
La sua attività teatrale includeva il teatro di rivista (da ricordare Cantachiaro e 2 nel 1944 e nel 1945 con Gino Cervi, che ottenne un clamoroso successo) e quello di prosa (per esempio Maya del 1946, per la regia di Orazio Costa). Nel 1941 giunge anche la svolta decisiva nella carriera cinematografica grazie a Vittorio De Sica. Fu, infatti, proprio il regista padre del neorealismo a offrirle, dopo una serie di ruoli secondari, il primo ruolo importante nel film Teresa Venerdì, insigne lavoro ispirato a un romanzo di Rudolf Torok nel quale la Magnani interpreta la stravagante artista di varietà Loretta Prima, ruolo che per la prima volta le diede modo di mettere in luce le sue eccezionali doti di artista drammatica. Grazie infatti alla incredibile umanità e al sorprendente carisma della Magnani, questo terzo lavoro di De Sica nonché film precursore del neorealismo, pur non rivestendo una particolare importanza nella filmografia del regista, è comunque da considerarsi un’opera di formazione di fondamentale importanza. Negli anni a seguire ebbe modo di interpretare altri ruoli chiave per la sua carriera, tra cui ricordiamo Campo de’ Fiori (1943), con Aldo Fabrizi, L’ultima carrozzella (1944) di Mario Mattioli e Quartetto pazzo (1945) di Guido Salvini, che mette in scena due sorelle determinate a raggiungere i propri intenti coniugali.
Il 1945 è l’anno della rivelazione nel capolavoro di Roberto Rossellini Roma città aperta, di cui è impossibile non ricordare la scena madre nella quale Pina, popolana romana, viene freddata dai mitra nazisti mentre corre per raggiungere il camion sul quale sta per essere deportato il suo uomo. Ed è proprio questo film, emblema del neorealismo cinematografico e pellicola che la stessa Magnani disse di aver amato profondamente, a illuminare per la prima volta l’anima e l’identità artistica di Anna. Pina, il personaggio che ha trasposto sul grande schermo la vera storia di Teresa Gullace, la giovane donna, madre e moglie la cui vita finì proprio come narra la pellicola di Rossellini, riuscì a esaltare il sanguigno talento drammatico della Magnani e il suo stretto legame con il cinema neorealista, assicurandole ammirazione e fama.
Quella morte così miserabile, simbolo della crudeltà e della spietatezza dei terribili anni della guerra, darà ad Anna una nuova vita, poiché da quel momento in poi, per molti, lei incarnerà quel sentimento di impegno e di riscatto, sempre vivo nella sofferenza, che è stato per circa dieci anni la bandiera del filone neorealista. Sentimento che la Magnani esprimerà ancor più chiaramente in L’onorevole Angelina (1947) di Luigi Zampa, per il quale si aggiudicò la Coppa Volpi come migliore protagonista e il secondo Nastro d’argento; il film le permise di rappresentare la redenzione di un popolo dalle grandi qualità umane, attraverso l’interpretazione di una «borgatara» impegnata a far valere i diritti della povera gente. Grazie in primis alla sua bravura e in secondo luogo alla fortunata serie di esperti registi con cui la Magnani ebbe modo di lavorare, «Nannarella» non solo divenne in Italia l’incarnazione dello stile neorealista, ma soprattutto divenne ambasciatrice all’estero del vivo ritratto di un’Italia povera ma vitale e impegnata a riscattarsi.
Altro incontro folgorante sarà per l’attrice quello con Luchino Visconti, con il quale instaurerà una salda amicizia mai esauritasi; regista anch’egli legato all’esperienza neorealista, si distinse poi come vero esponente del realismo, un’essenza finemente rappresentata con la trasposizione de I Malavoglia. Da questo binomio, anche professionale, prenderà forma nel 1951 l’opera Bellissima, scritta da Zavattini e diretta da Visconti, che fece conquistare all’attrice un altro Nastro d’argento. Anna Magnani, ancora una volta, interpreta una donna tenace, ma frustrata che tenta di riversare nella figlia le sue illusioni di riuscire nel mondo del cinema, che alla fine scoprirà essere una realtà intrisa di corruzione e ipocrisia.
Il 21 marzo 1956 la sua carriera, giunta ormai all’apice, raggiunge un ulteriore, sorprendente traguardo: è infatti la prima donna italiana nella storia degli Academy Awards ad aggiudicarsi l’Oscar come miglior attrice protagonista, ottenuto per la sua interpretazione di Serafina Delle Rose nel film The Rose Tatoo (La rosa tatuata) di Daniel Mann, un dramma scritto appositamente per lei nel quale «Nannarella» recitò al fianco di Burt Lancaster. Nel film la Magnani interpreta una vedova immolata al ricordo del marito perduto, riuscendo a esprimere una profonda tensione drammatica, nonostante la difficoltà di dover recitare in una lingua diversa dalla sua. Questa sua grandissima prova di professionalità, in grado di conferire poesia e dignità all’opera, le conquistò il riconoscimento più importante, quello appunto dell’Oscar, che fu per lei il suo più grande traguardo, come lei stessa dichiarò appena ricevette la notizia: «Sono felice perché penso di aver fatto al pubblico del mio Paese il regalo più bello ch’era in mio potere di fargli». Quello stesso ruolo le regalò anche altri due ambitissimi premi: un BAFTA come migliore attrice protagonista e un Golden Globe per la migliore interpretazione drammatica. Negli anni successivi, diventata molto selettiva nella scelta delle sceneggiature, decise di interpretare pochi ruoli.
Tra di essi citiamo Suor Letizia (1956), per il quale vincerà il suo terzo Nastro d’argento, nel quale interpreta una suora romana inviata in un convento napoletano dove si ritrova ad aiutare un bambino orfano di padre che rischia di perdere anche la madre. Due anni dopo, in Nella città l’inferno (1958) di Renato Castellani, film di scarso successo e piuttosto dimenticato, Anna Magnani recita al fianco di Giulietta Masina in una performance di rara complicità e affiatamento, mentre in Risate di gioia (1960) di Mario Monicelli, tratto dai racconti di Moravia, l’attrice, dapprima restia ad accettare il ruolo, darà prova delle sue incredibili doti di «comédienne».
Nel 1962 è la volta di Mamma Roma, diretto da Pier Paolo Pasolini, che riporterà l’attrice alle atmosfere di cupa tragicità già viste con Pina. In questo film, il secondo firmato da Pasolini e anche questo come il precedente ambientato nella periferia romana, la Magnani veste i panni di Jolanda, una prostituta sottoproletaria che assiste all’integrazione sua e di suo figlio nella cerchia della piccola borghesia come fine ultimo del suo bramato riscatto sociale; ma il tentativo di riabilitazione pubblica e morale fallirà miseramente nel suo incontro-scontro con la dura realtà e nell’epilogo la sconfitta troverà sfogo nella morte, reale e simbolica, del figlio Ettore, riportando Mamma Roma alle sue miserabili e ingiuste origini. L’interpretazione della Magnani in Mamma Roma è in perfetta armonia con il linguaggio poetico e disperato, ricercato e irripetibile, frutto del geniale talento di Pasolini; quella natura poliedrica, ma essenziale dell’attrice che sarà poi perfettamente espressa da Fellini con gli aggettivi «aristocratica e straccionesca» o ancor più finemente in un accorato epitaffio dell’amica Giulietta Masina con l’espressione «efferatamente popolana, ma di una grazia quasi rinascimentale».
Il 1965 è l’anno del ricongiungimento con il teatro, anno che registra la messa in scena della Lupa ad opera di Franco Zeffirelli; anche questa per l’ormai celebre attrice risulta un’interpretazione di straordinaria forza espressiva, che rimarrà una pietra miliare nelle interpretazioni del bramoso personaggio verghiano. L’anno successivo (1966) è la volta della Medea di Jean Anouhil diretta da Giancarlo Menotti, che non riscontrerà però lo stesso successo del precedente lavoro teatrale. Tra il 1971 e il 1973 giunse alla televisione, lavorando in quattro film scritti e diretti da Alfredo Giannetti: La sciantosa, 1943: un incontro, L’automobile e…correva l’anno di grazia 1870. Questa parentesi televisiva sarà per l’attrice un po’ come ripercorrere la sua carriera teatrale e cinematografica, offrendo al piccolo schermo e quindi a un pubblico più vasto quelle figure di donne, forti ed eterne, che lei aveva già mirabilmente interpretato durante gli anni della sua lunga carriera e che avevano col tempo perso d’intensità agli occhi del pubblico.
La sua ultima apparizione sul grande schermo risale al 1972. Si tratta del film Roma, diretto da Federico Fellini, nel quale la Magnani interpretò un cammeo fortemente voluto dal celebre regista: una pellicola i cui toni passionali e dolci allo stesso tempo si addicevano perfettamente alla grande attrice. L’anno successivo, il 26 settembre 1973, Anna Magnani morì di cancro in una clinica romana, circondata dall’affetto del figlio Luca e dell’amico di sempre Roberto Rossellini. In seguito alla sua morte, in memoria dell’amatissima attrice, sono state realizzate numerose iniziative sia in Italia sia all’estero: tra queste, nel 2002, il Museum of Modern Art (MOMA) di New York ha realizzato un’importante retrospettiva in onore di «Nannarella» durante la quale sono stati proiettati 14 dei film che hanno contribuito a rendere celebre l’attrice italiana.