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Il giansenismo

Movimento religioso di rinnovazione dei secoli XVII-XVIII…

Movimento religioso di rinnovazione dei secoli XVII-XVIII, fondato da Cornelio Giansenio e dal Du Vergier, i quali rigettavano la teologia tridentina e muovevano un’aspra lotta contro i gesuiti. Esagerando le concezioni di Agostino sulla colpa originale, la libertà e la grazia, il giansenismo intendeva restaurare nella stessa Chiesa un sistema democratico.
Ebbe un’importanza fondamentale nello sviluppo del giansenismo l’opera del Giansenio Augustinus.

Essa è stata pubblicata postuma a Lovanio nel 1641, e sottoposta dallo stesso autore sul letto di morte al giudizio della santa sede.
In quest’opera, di indubbi pregi di forma e di chiarezza, l’autore, dopo una esposizione storica in cui tenta di stabilire una logica continuità fra le dottrine dei pelagiani, dei semipelagiani e dei gesuiti, fa un interessante studio di psicologia soprannaturale, in cui cerca di determinare i due stati dell’uomo: prima della caduta un angelo, dopo la caduta un demonio; e infine presenta le sue conclusioni dogmatiche e morali.
L’opera, ben reclamizzata dai giansenisti, ottenne un vero successo letterario, come dimostrano le ristampe che in breve tempo se ne fecero a Parigi, a Rouen e altrove. Divenne il libro dell’epoca, la lettura di moda delle dame e degli uomini di mondo. Nella dottrina esposta, che si rifà completamente a quella del Baio, l’autore si avvicina sempre più verso l’orrendo pessimismo calvinista. Vi si afferma che l’uomo prima del peccato, rivestito ed elevato dalla grazia soprannaturale, ne seguiva gli impulsi con tutto il vigore dell’animo; ma, dopo il peccato originale, da tanta altezza precipitò in tale abisso di degradazione da perdere interamente la forza e perfino il potere di operare il bene.
La volontà umana ha quindi perduto la sua libertà e si trova sotto l’influsso invincibile del piacere (delectatio) per il male. Questo piacere può essere superato solo dal piacere per il bene (grazia), anche questo irresistibile come il primo, ma è riservato soltanto a pochi. L’azione rigeneratrice del Salvatore si applica solo a un numero ristrettissimo di eletti: tutta la restante umanità è una massa destinata a perpetua e irreparabile dannazione. L’uomo pencola impotente tra i due piaceri e non esiste una grazia sufficiente per una decisione libera. L’Augustinus fu condannato dalla inquisizione romana, su denunzia dei gesuiti, al suo primo apparire, ma nonostante questo trovò un favore incredibile nei Paesi Bassi e in Francia.
A Parigi per mezzo del Saint-Cyran, delle monache di Port-Royal e della famiglia Arnauld, trovò un centro di propaganda e un tribunale di difesa. Le nuove teorie agitavano gli animi, perciò la maggioranza dei vescovi francesi sottopose al giudizio di Roma le cinque proposizioni già denunziate alla Sorbona il 1 luglio 1645 dal sindaco della facoltà teologica di Parigi, Nicolò Cornet e che furono condannate da Innocenzo X (1653). I giansenisti riconobbero la censura, ma negarono che Giansenio avesse insegnato tale dottrina.
Essi infatti non si sentirono affatto colpiti da una tale condanna e rimasero in uno stato di «ossequioso silenzio». B. Pascal con le sue sarcastiche e antigesuitiche Lettres provinciales trasportò la lotta sul campo della morale (opposizione tra rigorismo e probabilismo). Si rinfocolò poi nuovamente la resistenza allorché Clemente IX, nel 1705, negò che un ecclesiastico, il quale prestasse solo «l’ossequioso silenzio» potesse essere assolto. Tale resistenza divenne ancora più forte allorché nel 1713 lo stesso pontefice condannò 101 proposizioni di P. Quesnel. A fatica s’impedì uno scisma.
Il giansenismo però ben presto perse il suo vigore e sopravvisse solo perché si agganciò ai gallicani nazionalisti e alla crescente ostilità contro i gesuiti. Emigranti e Olandesi fondarono la «Chiesa di Utrecht». Nella Germania il giansenismo raggiunse un più grande influsso dopo il 1750, specialmente a Vienna e nella Germania meridionale. Da noi il giansenismo si diffuse a Torino, Venezia, Pavia, nel Regno di Napoli, dove venne appoggiato dal Tonucci, e nel Granducato di Toscana, dove ebbe uno strenuo difensore in Pietro Leopoldo. Il giansenismo ebbe però in Italia un carattere spiccatamente illuministico, anche se mirò sempre, insieme alla riforma dottrinale e teologica, alla riforma giurisdizionale, disciplinare, morale, interiore.
Forse è dovuto a questo fatto se qualche traccia giansenistica rimase sempre sia nel rigorismo sacramentale di alcune diocesi, come nella concezione tragica della natura umana in alcune opere letterarie, nello spirito anticurialistico dei politicanti, nel criticismo dei liberi pensatori. Dato che le questioni fondamentali del giansenismo sono la predestinazione, la corruzione della natura umana, la dottrina sull’efficacia della Redenzione, il ritorno alla disciplina della Chiesa primitiva, un rigorismo morale e sacramentale, esso non fu un movimento ereticale, bensì un complesso di errori teologici, una deviazione dal dogma, dalla morale, dalla disciplina ecclesiastica, attenuato in parte dal desiderio vivo di riforma e di conciliazione fra calvinismo e cristianesimo che animò i migliori giansenisti. Non tutto fu condannato o è condannabile. Nelle riforme che il giansenismo desiderò e attuò, specie in Italia, spesso prevenne i tempi.