Con le invasioni barbariche e la fine dell’Impero d’Occidente la Chiesa assunse a poco a poco il ruolo di “erede”…
Con le invasioni barbariche e la fine dell’Impero d’Occidente la Chiesa assunse a poco a poco il ruolo di “erede” dei principali valori della civiltà antica che a sua volta trasmise, assieme ai nuovi valori della civiltà cristiana, ai popoli nuovi. Ciò facendo la Chiesa si assunse il rischio di perdere le sue più genuine caratteristiche di società di credenti per acquistare, di fronte agli sconvolgimenti coevi, quelle di garante di un certo ordine sociale, economico, politico e culturale.
In Occidente, a seguito delle distruzioni apportate dalle popolazioni germaniche e slave, i compiti civili cui la Chiesa dovette far fronte furono urgenti ed ampi, ma la lentezza del processo di conversione dei popoli germanici impedì per qualche tempo un’assunzione di più ampie responsabilità specie da parte del papato. In Oriente, invece, il processo di identificazione dell’autorità della Chiesa con quella dello Stato fu più avvertibile.
Accogliendo la concezione di sant’Agostino, per la quale lo Stato non ha solo il dovere di proteggere la Chiesa, ma anche quello di costringere gli eretici alla verità, l’imperatore Giustiniano dichiarò tutti i non battezzati privi di diritti e gli eretici giuridicamente incapaci di ricoprire cariche pubbliche: tali istanza e provvedimento anticiparono quella concezione di civiltà cristiano-ecclesiastica che informò di sé tutto il Medioevo.
Dopo l’alleanza del papato con il Regno dei Franchi (con la distruzione del dominio longobardo in Italia e la ricostituzione dell’Impero da parte di Carlo Magno, sacro romano imperatore dall’anno 800) si formò un’organizzazione politico-religiosa complessa, in cui la Chiesa si trovò senza opposizione all’interno del territorio in cui essa era presente. Verso l’esterno la Chiesa promosse con alterna fortuna la lotta all’Islam (perdita totale dei territori già cristiani dell’Africa settentrionale; effimera riconquista del Medio Oriente con le crociate, riacquisto definitivo della penisola iberica e della Sicilia) e riuscì a estendersi stabilmente ai danni del paganesimo nell’Europa, settentrionale e orientale (isole britanniche, Scandinavia, Germania, Polonia, Lituania,ecc).
Nell’Oriente mediterraneo già dopo il Concilio di Calcedonia (451) si era comunque arrivati ad una frattura per una controversia sulla natura di Cristo, quando le Chiese siriache, armene o copte si erano rese indipendenti. L’essere poi Roma e Bisanzio sottoposte a poteri politici diversi e spesso in lotta tra loro non favorì il mantenimento della comunione nella Chiesa: se l’incoroazione di Carlo Magno da parte del papa fu vista dalla Chiesa orientale come un tradimento, il patriarca di Costantinopoli Fozio (863-867) accusò la Chiesa romana di discostarsi dalle deliberazioni dei concili su importanti punti della dottrina (“processione” dello Spirito Santo in rapporto al Padre e al Figlio) e della disciplina (celibato ecclesiastico, pane azimo per l’eucarestia). Il progressivo distanziamento (segnato in Occidente anche dall’abbandono del greco nella liturgia a vantaggio del latino) portò al tempo del patriarca Michele Cerulario e del papa Leone IX alla reciproca scomunica e alla divisione. Con lo scisma d’Oriente (1054) si istituzionalizzò la cosiddetta Chiesa ortodossa (al patriarcato di Costantinopoli si unirono quelli di Alessandria, Antiochia e Gerusalemme) e la separazione non sarebbe stata più composta, nonostante i tentativi in tal senso (temporanea formazione dell’Impero Latino d’Oriente nel XIII secolo; formale ed effimera revoca dello scisma nel 1431 per l’avanzata ottomana).
La Chiesa cattolica, territorialmente limitata all’Europa occidentale, più di quella orientale riuscì a permeare di sé la società, al punto che si suole parlare di civiltà cristiana medievale. La compenetrazione della vita civile con quella religiosa ebbe per la Chiesa aspetti positivi e negativi. Accanto all’universalismo e alla teorica ricomposizione dell’unità dell’agire umano sussistevano innumerevoli particolarismi, mentre il rapporto tra religione e potere secolare apparve ancora tormentato e complicato dalla feudalizzazione ecclesiastica (vescovi-conti, abati di monasteri dotati di giurisdizione ecc.).
L’impronta clericale della Chiesa medievale fu tanto forte da spingere a identificare la Chiesa soltanto con i chierici (monaci e preti): i laici, anche per la progressiva incomprensione della lingua liturgica (il latino), parteciparono alla vita della Chiesa visibile in posizione subordinata; per la diffusa ignoranza e la scarsità di testi venne abbandonata la lettura diretta delle Scritture, e la determinazione della condotta morale e in genere del rapporto con la divinità rimase affidata alla predicazione ecclesiastica. Scarsa la frequenza ai sacramenti, la religiosità medievale si espresse nella fede individuale, nell’osservanza dei periodi liturgici, nei pellegrinaggi. Anche in un’età di fede indiscutibile la pietà religiosa assunse non di rado connotati grossolani e superstiziosi, sia per l’abbassamento generale del livello di civiltà e gli influssi barbarici che per la scarsa cultura e dedizione al proprio ufficio del clero secolare.
In tale situazione, ricorrenti apparvero le iniziative, spesso di origine popolare, che sfociarono anche in movimenti ereticali (in cui erano presenti motivazioni extrareligiose) tesi a un rinnovamento totale della società (millenarismo ecc.). Ai vertici della C., affermatosi ormai il primato del pontefice, ne venne regolata l’elezione (affidata dal 1059 ai soli cardinali); si cominciò a sottrarre la nomina dei vescovi all’influenza dei fedeli e dei poteri secolari; continuò il processo di formazione del diritto canonico. Guida della Chiesa, oltre al papa, era ancora l’imperatore: il problema del dualismo di potere venne posto dal movimento cluniacense, teso a riportare purezza e austerità nella vita del clero e a ottenere l’autonomia dai poteri civili. A Roma quelle esigenze vennero accolte e ampliate, e specie col papa Gregorio VII (1073-1085) la libertà della Chiesa venne intesa come superiorità di questa sullo Stato. Teorizzato da san Bernardo di Chiaravalle (artefice dell’espansione dell’Ordine dei cisterciensi), il primato del potere spirituale su quello secolare venne attivamente sostenuto da Gregorio VII insieme all’opera di riforma morale interna della Chiesa, e sfociò nella “lotta delle investiture” dei vescovi. L’aperto conflitto con gli imperatori di Germania (XI-XII secolo) si concluse a favore del papato, che nel XIII secolo si trovò ad essere la potenza dominante in Occidente.
Per le proprie più ampie esigenze la Chiesa incontrò una formulazione culturale nuova nella filosofia scolastica, indirizzo che, a differenza della precedente patristica, affiancò all’uso della Bibbia e della tradizione la valorizzazione della speculazione filosofica degli antichi e specie di Aristotele, nel tentativo di conciliare ragione e fede. Accanto a questo bisogno di razionalità, espresso in particolare da san Tommaso d’Aquino, continuarono nella C. le spinte mistiche per un ritorno effettivo al Vangelo. Le istanze di rinnovamento, divenute presto prerogativa degli ordini mendicanti fondati da san Francesco d’Assisi (francescani) e san Domenico di Guzman (domenicani) all’inizio del XIII secolo, non riuscirono ad affermarsi che in parte di fronte al crescente coinvolgimento del papato nelle lotte politiche del tempo come una qualunque potenza. Se si diffusero forme di pietà popolare (culto delle reliquie e del Santissimo Sacramento, Via Crucis, confraternite di penitenza ecc.), si ampliarono i centri di attività caritativa, e l’architettura gotica celebrò i fasti della fede, la Chiesa all’interno appariva pur sempre esposta alla formazione di eresie (catari, valdesi, e una parte degli stessi francescani), tanto che, a difesa della fede, venne istituito il tribunale dell’Inquisizione (1229), dapprima episcopale e poi papale. L’azione di papa Bonifacio VIII (1294-1303) accelerò il sorgere di una Chiesa nazionale in Francia, con la conseguente soggezione politica del papato, che ebbe come effetto il trasferimento della sede papale oltralpe (cattività avignonese, 1305-1377) e poi con la contemporanea presenza di più pontefici (“scisma d’Occidente”, 1378-1417). La crisi del vertice della Chiesa determinò un ritorno temporaneo all’antica teoria della prevalenza del collegio dei vescovi sull’autorità del papa (conciliarismo), e proprio un concilio (quello di Costanza 1414-1418) ricompose lo scisma.