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Immigrazione

Movimento di individui che, da una zona di precedente insediamento, si dirigono verso un’altra zona per farne…

Movimento di individui che, da una zona di precedente insediamento, si dirigono verso un’altra zona per farne il centro della loro esistenza poiché vi sono elementi per soddisfare i loro bisogni.

L’immigrazione è perciò strettamente collegata alla struttura dei bisogni umani, dai quali è possibile ottenere una tipologia ideale di riferimento. Storicamente, possono essere individuati vari tipi di immigrazione umana: per la sopravvivenza, cioè quando la direzione dell’elemento fondamentale di nutrizione orienta gli spostamenti; per esaurimento del suolo; per la ricerca di terre più fertili; per pressione demografica; per sovrapopolazione agricola ecc. Più complesso diviene il fenomeno quando il bisogno che la origina è più differenziato e sfumato, quando cioè alla ricerca di un luogo dove la sopravvivenza è relativamente più garantita si sostituisce quella di un ambiente che offre modelli e stili di vita più sviluppati. Questo tipo di immigrazione è legato soprattutto al sorgere della civiltà industriale ed è caratterizzato dal fenomeno dell’urbanesimo. Attualmente hanno molto interesse le immigrazioni economiche che si stabiliscono in seguito all’ineguale distribuzione delle risorse e per la dinamica interna del processo di industrializzazione. In tempi moderni le immigrazioni devono essere considerate soprattutto come trasferimento di forze lavorative, manuali o intellettuali, da uno stato ad altri stati. È determinato da una differenza tra domanda e offerta di lavoro nei vari paesi. In genere l’immigrazione internazionale è volontaria; quella involontaria o coatta è, per lo più, immigrazione interna. L’immigrazione internazionale tende a riequilibrare la domanda e l’offerta di lavoro, a livellare le remunerazioni e migliorare la distribuzione dei redditi. Rispetto alla durata, essa può essere: stagionale se il trasferimento è dovuto a uno squilibrio tra domanda e offerta settoriale per un periodo subannuale; temporanea e predefinitiva se impegna un periodo limitato di prestazione d’opera anche in vista di una possibile scelta stabile della sede di lavoro; definitiva se la scelta avviene prima dell’immigrazione. Dal punto di vista economico, l’immigrazione internazionale produce di solito i seguenti effetti: a) aumento del reddito familiare nel paese di origine e conseguente maggiore capacità di risparmio e di consumi; b) riduzione delle remunerazioni nei paesi di immigrazione e, quindi, dei costi di produzione; c) aumento delle remunerazioni nei paesi di immigrazione; d) afflusso di divisa estera per le rimesse, al fine di sussistenza delle famiglie, nei paesi di immigrazione e, quindi, maggiore disponibilità di essa per i saldi della bilancia dei pagamenti o accumulo di maggiori riserve di copertura della moneta; e) diminuzione del carico demografico e quindi della spesa per i servizi pubblici; f) aumento del reddito imponibile e conseguente aumento del gettito tributario, sia per imposizione diretta sia per imposizione sui consumi; g) possibilità per i privati di maggiori investimenti.

L’immigrazione presuppone la libertà di spostamento del potenziale di lavoro ma, per ragioni di politica economica, questa libertà non è sempre consentita per due motivi: a) perché alcuni stati limitano l’immigrazione per evitare l’abbassamento del livello salariale o l’afflusso di lavoro non qualificato; b) perché altri stati, anche in vista di una politica di sviluppo, tendono a conservare il proprio potenziale di lavoro e a evitare l’aumento del costo di produzione. L’immigrazione interna si presenta sotto due specie: a) agricola, diretta verso mercati interni di lavoro che consentano l’impiego in attività agricole non esercitabili nella zona di origine; b) industriale e commerciale per l’esodo dei prestatori d’opera verso i centri industriali, abbandonando il settore agricolo di scarso reddito: questo tipo di immigrazione provoca l’urbanizzazione.