Fenomeno, sempre ricorrente nella storia, per cui uno stato o un popolo tende ad assoggettare politicamente, economicamente o spiritualmente altri stati o popoli.
Fenomeno, sempre ricorrente nella storia, per cui uno stato o un popolo tende ad assoggettare politicamente, economicamente o spiritualmente altri stati o popoli. È il caso, ad esempio, dell’egemonia di Atene sulle città confederate nella lega delio-attica (secolo VI-V a. C.), della conquista macedone della Grecia e dell’Oriente e della conquista dell’Europa occidentale e del bacino mediterraneo da parte di Roma. La più drammatica ondata di imperialismo della storia, tuttavia, è stata quella che, a partire dagli ultimi decenni del XIX secolo, ha coinvolto le principali potenze europee ed extraeuropee in una competizione mondiale per l’accaparramento di zone di influenza da utilizzare sia come riserve di materie prime sia come mercato di sbocco della propria produzione industriale e dei propri capitali.
In L’imperialismo, fase suprema del capitalismo (1917) Lenin riprese le interpretazioni già avanzate da John A. Hobson (L’imperialismo, 1902) e da Rudolf Hilferding (Il capitale finanziario, 1910), osservando che lo sfruttamento su scala mondiale da parte degli stati capitalisti permette alle classi dirigenti di quegli stati di conquistarsi il consenso sia dei lavoratori meglio pagati (le cosiddette «aristocrazie operaie») sia dei ceti intermedi; è per questo che la rottura rivoluzionaria del fronte imperialistico ha maggiore possibilità di successo nei paesi che non hanno ancora raggiunto un pieno sviluppo capitalistico. Secondo Joseph Alois Schumpeter (La sociologia dell’imperialismo, 1919), tuttavia, la descrizione data da Lenin non sarebbe applicabile al capitalismo in generale, ma solo a una fase in cui lo sviluppo capitalistico non è ancora interamente dispiegato. A detta dell’economista austriaco, infatti, una volta raggiunto uno stato ottimale di sviluppo, il motore della crescita del profitto cessa di essere rappresentato dallo sfruttamento per dipendere sempre di più dall’introduzione pianificata di innovazioni tecnologiche (v. tecnologia).
La riflessione economica sull’imperialismo è proseguita anche con l’avvento della globalizzazione, epoca in cui il protagonismo degli stati passa in secondo piano rispetto alla sempre maggiore interdipendenza delle economie nazionali. Nella sua trilogia Blowback (2000; 2004; 2007), ad esempio, lo statunitense Chalmers A. Johnson attribuisce al militarismo praticato dagli Usa a partire dalla seconda guerra mondiale in poi l’intento di costituire un vero e proprio impero globale (che andrebbe a sostituire il tradizionale imperialismo fondato sul sistema coloniale – v. colonialismo – ). Secondo l’italiano Giovanni Arrighi (Adam Smith a Pechino, 2008), invece, il ciclo storico contraddistinto dal militarismo e dall’imperialismo si sarebbe ormai concluso, per lasciar spazio alla possibilità di una variante non capitalistica della società di mercato.