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Impero persiano

Fondatore della potenza persiana fu il re Ciro che, vincitore dei medi, estese il suo potere ai territori della Mesopotamia e dell’Asia Minore…

Fondatore della potenza persiana fu il re Ciro che, vincitore dei medi, estese il suo potere ai territori della Mesopotamia e dell’Asia Minore, sconfiggendo il re di Lidia Creso e l’ultimo sovrano babilonese Nabonedo (539 a.C.). Ciro, distintosi per umanità e per spirito di tolleranza religiosa, consentì tra l’altro agli ebrei di tornare in Palestina dall’esilio babilonese. L’Impero persiano fu accresciuto da Cambise che vinse il faraone Psammetico III a Pelusio (525) e sottomise l’Egitto. Dopo il breve regno dell’usurpatore Gaumata, divenne re Dario della famiglia degli achemenidi cui appartennero, come sembra, anche Ciro e Cambise. Dario è ricordato specialmente per l’efficiente organizzazione dell’Impero, diviso in 20 satrapie, e per la guerra condotta contro la Grecia. Il figlio Serse, a capo di una gigantesca spedizione, rinnovò il tentativo del padre contro i greci, ma senza maggior fortuna, rimanendo sconfitto, dopo il successo delle Termopili, a Salamina (480 a.C.) e a Platea. La storia degli altri sovrani achemenidi è costantemente intrecciata con quella ellenica. L’ultimo di essi, Dario III, fu sconfitto da Alessandro Magno e ucciso dal satrapo Besso (330), mentre l’Impero persiano era ormai nelle mani del vincitore. I seleucidi successori di lui iniziarono l’ellenizzazione del paese, ma contro di essi si formò nella Partiana, regione a sud-est del Caspio, un regno indipendente per opera di Arsace (metà del III secolo a.C.). Il fratello di questi, Tiridate, il vero fondatore della dinastia arsacidica, le cui imprese si identificano con quelle del regno dei parti, estese il suo potere a varie province dell’antico Impero achemenide. Tra i primi re arsacidi si distinse Mitridate I (174‑136 a.C.) che, sovrano della Media, della Battriana e della Perside, si spinse fino a Babilonia e all’Assiria. Sotto Mitridate II (122‑88 a.C.) il regno partico attraversò un periodo di tranquillità, durante il quale si svilupparono i traffici con l’Estremo Oriente, mentre senza dissidi erano i rapporti con i romani. La sconfitta di Crasso a Carre avvenne infatti nel 53 a.C., durante il regno di Orode I, che va anche ricordato per aver trasferito la capitale da Ecatompilo a Ctesifonte. Le relazioni con Roma, non cattive al tempo di Augusto, si guastarono allorché Artabano III volle porre uno dei suoi figli sul trono dell’Armenia. Nel contrasto che ne derivò, la sorte delle armi volse in favore dei romani, specialmente per il valore di Domizio Corbulone (58‑63), ma il regno armeno rimase sotto l’influenza partica. Solo lo sforzo militare di Traiano determinò l’occupazione dell’Armenia e anche quella di Ctesifonte, ma i parti non furono mai definitivamente sconfitti. L’ultimo arsacide, Artabano V, aveva battuto Macrino, ma perdette poi il trono e la vita (224) per opera di Ardasir, che aveva capeggiato una rivolta massa dalla Perside. Con l’occupazione di Ctesifonte (226) inizia l’era sasanide. Il successore di Ardasir, Sapore I (241), inflisse a Valeriano una grave sconfitta, ricordata in uno dei rilievi di Naqsh‑i-Rustam. Durante il suo regno, cominciò la predicazione Mani, destinato a morire crocifisso sotto Bahram (273‑276). Anche il cristianesimo, prima tollerato, venne perseguitato al tempo di Sapore II (309‑379), sotto il quale la lotta con i romani continuò con alterne vicende. Tra i sovrani sasanidi si distinsero Yazdagart I (399‑420), pacifico e tollerante in materia religiosa, Yazdagart II (438‑457), che perseguitò invece i cristiani d’Armenia, Cosroe I (531‑579), tra tutti il maggiore. Egli dopo lotte alterne si accordò con Bisanzio, lottò contro i turchi ed estese il suo potere a territori dell’Arabia. Il suo regno spiccò per l’illuminata amministrazione e per il fiorire delle lettere. Ma nel VII secolo l’Impero sasanide cadde sotto i colpi degli arabi che dopo Ctesifonte ne occuparono tutte le province.