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L’esplorazione dei fondali marini

Gli oceani coprono il 71% della superficie terrestre, ma finora conosciamo una parte minima del suolo oceanico e del mare in generale.

Gli oceani coprono il 71% della superficie terrestre, ma finora conosciamo una parte minima del suolo oceanico e del mare in generale.
La maggior parte delle principali scoperte in ambito oceanografico sono state prodotte negli ultimi cinquant’anni, eppure l’esplorazione sistematica dei fondali marini ebbe inizio verso la fine del XIX secolo con la famosa spedizione scientifica britannica Challenger. Il viaggio del Challenger terminò nell’Hampshire nel 1876 dopo aver effettuato quasi 500 esplorazioni in acque profonde, numerosi dragaggi dei fondali, operazioni di pesca in mare aperto e numerose osservazioni della temperatura dell’acqua.

Oggi la ricerca oceanografica si basa su un insieme di mezzi speciali di esplorazione, tra cui navi oceanografiche, batiscafi e laboratori costruiti nelle profondità marine; recentemente si sono aggiunti i satelliti artificiali.

Lo studio delle profondità marine avviene per mezzo di perforazioni, dragaggi (scavi effettuati con particolari macchine), l’uso di magnetometri ed ecoscandagli (strumenti che inviano segnali acustici verso i fondali e ne valutano la profondità in base al tempo impiegato dal segnale a tornare indietro).

Negli anni Sessanta salpò la Glomar Challenger, una nave lunga 120 m utilizzata per compiere studi di oceanografia e geologia marina, il cui nome fu scelto in omaggio ai risultati dei rilevamenti oceanografici compiuti dall’ottocentesca Hms Challenger.

La spedizione scientifica durò un anno e compì trivellazioni per carotaggio in punti specifici. Nel 1985 fu sostituita dalla Joides Resolution, una nave scientifica da esplorazione inizialmente varata come nave petrolifera. La Joides Resolution dispone di un complesso sistema di trivellamento e di diversi laboratori. L’impianto di carotaggio della nave può rilasciare più di 9000 m di prolunga per la trivella e a bordo vi sono laboratori di elettronica, analisi dei fossili, fotografia ed elettroscopia.

I risultati di questa e di altre spedizioni oceanografiche condotte tra gli anni Sessanta e Novanta hanno permesso di descrivere in modo dettagliato i fondali, la cui morfologia risulta alquanto varia e movimentata; è stato possibile rilevare la presenza di lunghe fratture nella crosta terrestre, le dorsali oceaniche, interessate da un elevato flusso di calore endogeno; inoltre, si è scoperto che i sedimenti marini hanno un’età relativamente giovane. Di fondamentale importanza è stato, infine, il riscontro delle inversioni periodiche del campo magnetico terrestre, registrate nelle rocce dei fondali oceanici, che ha portato alla nascita del paleomagnetismo.

Tra gli anni Ottanta e Novanta il Giappone, con la Yamato 1, ha compiuto grandi progressi in materia di tecnologie marine. Successivamente è diventato operativo lo Shinkai 6500, il sottomarino per ricerche scientifiche capace di scendere fino a 6500 m. Il programma Shinkai, promosso da enti e istituti di ricerca, comprende anche lo Shinkai 2000 e le rispettive navi appoggio Natsushima e Yokosuka. Gli scienziati giapponesi hanno esplorato i fondali marini e sorvegliato la dorsale medio-pacifica, vale a dire la frattura tra la placca pacifica e quella indo-australiana, sede dell’intensa attività sismica che interessa l’arcipelago nipponico. Nel 2004 lo Shinkai 6500, dotato di due videocamere ad alta risoluzione per la visione diretta dei fondali, ha permesso di scoprire strane forme di vita nei fondali della Nuova Zelanda.

Nel 2007 i due batiscafi russi Mir-1 e Mir-2 sono scesi a oltre 4000 m di profondità all’altezza del Polo Nord geografico della Terra. I due batiscafi sono stati i primi della storia dell’esplorazione sottomarina a visitare i fondali dell’Oceano Artico.

In materia di esplorazioni marine una piacevole novità viene proprio dalla principale fonte di informazione del nuovo millennio: il web.
Con Google Earth versione 5 è possibile esplorare mari e oceani visualizzando i fondali in 3D nonché i contenuti multimediali provenienti da fonti autorevoli come National Geographic e Monterey Bay Aquarium. Se vuoi esplorare la barriera corallina o tuffarti nelle profondità dell’Oceano Indiano con Google Ocean, oggi tutto è possibile gratuitamente e senza il bisogno di un corso accelerato di nuoto subacqueo. La funzione Google Ocean nasce proprio con l’intento di sensibilizzare gli utenti nei confronti delle risorse ambientali, spesso trascurate e maltrattate.