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L’età della riforma

Il generale problema della decadenza morale del clero e dell’incipiente dissoluzione della religiosità e della cultura della Chiesa medievale…

Il generale problema della decadenza morale del clero e dell’incipiente dissoluzione della religiosità e della cultura della Chiesa medievale non furono però risolti dal Concilio di Costanza. Anche se l’Italia con l’Umanesimo precedeva il resto d’Europa nell’affermazione di una mentalità individualistica basata non più su Dio ma sull’uomo, in altri paesi si manifestavano vigorosi aneliti mistici (Germania, Olanda) o correnti ereticali nazionali (J. Wycliffe in Inghilterra, J. Hus in Boemia.), preludio del futuro movimento protestante.
Al vertice della Chiesa dominavano per lo più una politica e un costume per nulla esemplari (nepotismo e corruzione di Alessandro VI e altri pontefici), così che i limitati sforzi di autoriforma di alcuni ordini religiosi e confraternite di laici non poterono mutare la situazione; anzi le proteste ebbero talvolta come risposta pesanti condanne (rogo di Hus nel 1415 e di G. Savonarola nel 1498).
Le tesi del monaco M. Lutero contro il traffico delle indulgenze (1517), inizialmente ancora all’interno della Chiesa cattolica, si approfondirono sino all’elaborazione di un pensiero e di una pratica religiosa radicalmente diversi da quelli tradizionali, basati com’erano sulla negazione della necessiti delle opere e delle devozioni per la salvezza, sul rifiuto di qualunque mediazione tra il credente e Dio (sacerdozio, sacramenti, papato), e sull’esaltazione della lettura delle Sacre Scritture come sola fonte di fede (il che determinò fra l’altro l’importante traduzione in tedesco della Bibbia latina da parte dello stesso Lutero).
La nuova disposizione religiosa trovò un ambiente favorevole anche per le sue implicazioni politiche e sociali, e tutte le forze antimperiali e antipapali l’assecondarono. La confessione di Augusta (1530), opera del collaboratore di Lutero, Melantone, espose i principi dei protestanti: il non accoglimento delle istanze da parte della Chiesa romana e dell’Impero determinò l’istituzionalizzazione della Riforma in Chiese separate. A quella luterana si affiancarono via via la Chiesa anglicana (nata in Inghilterra per ragioni più politiche che religiose), le Chiese riformate svizzere (create da M. Zwingh e G. Calvino) ecc., fino a un quasi generale distacco dell’Europa centro-settentrionale da Roma. Le divergenze con la C. cattolica si basavano, oltre che sulla questione dell’autorità del papa, sulla concezione della grazia, del libero arbitrio, dei sacramenti ecc., ma notevoli contrasti dividevano pure le nuove Chiese, sia sul piano dottrinale e liturgico, sia per la posizione assunta verso lo Stato.

La C. cattolica, dopo un iniziale smarrimento, riuscì ad approntare un’organica serie di provvedimenti. La Controriforma vide la fondazione della Compagnia di Gesù (1540) e del tribunale del Sant’Uffizio (1542); il Concilio di Trento (1545-1563) mise fine alla fluidità teologica e disciplinare esistente e stabilì la fisionomia della religione cattolica per quattro secoli: ruolo primario della Chiesa, dei sacramenti e delle opere buone per la salvezza, rigorosa determinazione del lecito e dell’illecito in campo morale, autorizzazione del culto della Madonna e dei santi (particolarmente numerosi nel XVI secolo), stretto controllo del clero sui fedeli, e dei vescovi sul clero, autorità indiscussa del papa ecc. La certezza di ciascuna chiesa diede origine alle guerre di religione; conflitti, complicati dalle ragioni di potenza dell’impero e degli Stati nazionali esistenti, durante i quali giunse alle estreme conseguenze l’intolleranza dogmatica già presente in passato. Alcune Chiese furono annientate (per es. quella radicale degli anabattisti), altre si modificarono, sia nella loro consistenza (numerica e territoriale), sia nella dottrina. L’adozione del principio per cui i sudditi dovevano accettare la religione del sovrano e uniformarvisi (formula cuius regio, eius religio) rappresentò un’evidente negazione della libertà di coscienza ma favorì la formazione di entità statali omogenee per religione.
La Chiesa cattolica consolidò le proprie posizioni o riconquistò quelle perdute affermandosi stabilmente in tutta l’Europa latina, nei paesi meridionali di lingua tedesca, in Irlanda, Polonia, Ungheria; l’afflato missionario nelle colonie ispano-portoghesi permise un efficace insediamento nelle Americhe, ma solo successi di breve durata in Asia. Delle Chiese uscite dalla Riforma, quella luterana si diffuse dalla Germania settentrionale nei paesi scandinavi; le Chiese propriamente riformate (calviniste e affini) in Svizzera, Olanda e in parte in Gran Bretagna; in Inghilterra divenne maggioritaria, non senza gravi contrasti con le sette puritane, la Chiesa anglicana. Cessato il periodo delle lotte confessionali verso la metà del XVII secolo, le Chiese apparvero in decadenza nonostante il rinnovarsi della pietà, sia nei paesi cattolici (nuova fioritura di santi, accento sulla direzione delle anime e la carità verso i poveri in san Vincenzo de’ Paoli), sia in quelle protestanti (movimento pietista teso a superare il dottrinarismo). Le religioni iniziarono a perdere terreno di fronte al crescente indifferentisrno in materia di fede. Le dispute teologiche, ora centrate anche in campo cattolico sul problerna della predestinazione (le soluzioni estreme furono il quietismo e il rigorismo giansenistico) apparivano staccate dalla speculazione filosofica coeva, ormai decisamente laica nel metodo se non ancora nei contenuti; di fronte alle costanti difficoltà di conciliazione tra ragione e fede, il pensiero scientifico imboccò vie diverse da quelle medievali.