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L’isostasia

Come abbiamo visto, la crosta continentale affonda nel mantello.

Come abbiamo visto, la crosta continentale affonda nel mantello. Essa, infatti, essendo più leggera dei materiali sottostanti, affonda tanto più quanto maggiore è il peso degli strati superficiali, che è ovviamente maggiore in corrispondenza delle catene di montagne e minimo in corrispondenza degli oceani, dove le masse superficiali sono costituite d’acqua. Questo fenomeno ci suggerisce che la crosta continentale galleggia sul mantello allo stesso modo di un pezzo di legno sull’acqua: il mantello infatti, non essendo rigido e compatto, permette un certo movimento al di sopra della sua superficie.
Esiste quindi una situazione di equilibrio tra la crosta e il mantello, detta «ipostasia»: a seconda della sua densità, ovvero del suo peso, la crosta continentale sporge più o meno dall’acqua. Quando emerge una nuova catena montuosa dalla deformazione di un settore di crosta, al di sotto i materiali della crosta scendono a molti chilometri di profondità, mentre il settore di crosta si inspessisce diventando più pesante. A causa del peso, esso sprofonda fino a quando non riceve una spinta di galleggiamento simile a quella di Archimede, che ne compensa il peso. Così, nelle zone in cui prevale l’erosione delle montagne avviene un innalzamento del blocco interessato per compensare l’alleggerimento: le radici della catena diminuiscono e la crosta acquista la forma e lo spessore medio degli scudi e dei tavolati, ossia 35 chilometri.

Tuttavia, fin dalle prime misure eseguite in sottomarino, è risultato chiaro che vi sono aree caratterizzate da intense anomalie negative che non possono essere giustificate dall’eccesso di peso nelle rocce superficiali: tali anomalie sono causate da uno sprofondamento delle rocce leggere della crosta a profondità eccezionali sotto l’azione di spinte laterali. In queste zone ha probabilmente luogo uno scontro tra le placche oceaniche e quelle continentali, e l’equilibrio statico non esiste, come risulta dall’elevatissima sismicità e dalla presenza di numerosi vulcani.

Per avere un’idea di questo fenomeno, si può osservare la mappa gravimetrica dell’Italia, meglio nota come mappa delle anomalie di Bouguer, che evidenzia chiaramente le caratteristiche fondamentali della struttura profonda. Si osservi, ad esempio, la grande anomalia negativa che caratterizza tutta la regione dell’Appennino settentrionale e della pianura Padana per poi proseguire lungo la costa orientale della Calabria e terminare nel centro della Sicilia.