Il merito di avere decifrato la struttura del dna spetta a due scienziati dell’Università di Cambridge…
Il merito di avere decifrato la struttura del dna spetta a due scienziati dell’Università di Cambridge, l’inglese Francis Crick e l’americano James Watson, che per la loro scoperta hanno ottenuto nel 1962 il premio Nobel.
Watson era un giovane biologo e Crick un fisico; essi unirono le loro forze e le loro diverse competenze per risolvere un problema difficile e affascinante, quello della struttura del dna.
Il punto di partenza fu l’analisi accurata di tutti i dati fino ad allora conosciuti, in primo luogo quelli riguardanti i costituenti chimici del dna; furono soprattutto esaminate le proprietà delle quattro basi, adenina, timina, citosina e guanina, che, a causa della loro capacità di appaiarsi, apparivano le molecole chiave di tutta la struttura.
La prova determinante fu però l’analisi effettuata mediante i raggi X, che rivelò una struttura a elica.
I due scienziati erano convinti che la struttura del dna dovesse giustificare le sue straordinarie proprietà, e cominciarono a ipotizzare e a costruire concretamente modelli tridimensionali, in metallo, del dna, fino a che non riuscirono a realizzare quello che ne spiegava esattamente tutte le caratteristiche.
Giustamente, si ritiene che il metodo seguito dai due scienziati sia stato esemplare; a questo proposito invece Crick, modestamente, scrive: «Sono quasi sicuro che nell’arco di alcuni anni altri ricercatori sarebbero arrivati alla nostra stessa conclusione».
Da circa 40 anni, moltissimi scienziati di tutto il mondo hanno dedicato la loro vita a cercare di scoprire nuovi dettagli sulla struttura degli acidi nucleici, e ad approfondire la comprensione del loro significato.
Recentemente si è capito il grande valore della configurazione a doppia elica posseduta dal dna; sembra che serva a limitare i danni derivanti dall’esposizione di cellule ai raggi ultravioletti, alle radiazioni cosmiche, alla radioattività o all’azione di sostanze chimiche mutagene (che provocano, cioè, alterazioni genetiche).
In effetti, in tutti i sopraelencati casi, il dna di una cellula si può rompere; in caso si verifichi la rottura, è di solito una sola delle due catene che si rompe; la presenza di quella sana serve a tenere uniti i frammenti, e a guidare la riparazione secondo la solita regola universale dell’accoppiamento delle basi complementari.
L’rna, che è a catena singola, è in effetti molto più soggetto a errori. Una grave malattia ereditaria, denominata Xeroderma pigmentosum, perché chi ne è affetto e soggetto a lesioni della pelle che si presentano come macchie pigmentate in modo anormale, verruche, bolle che sempre degenerano in epiteliomi, è appunto causata dalla incapacità di riparare i danni dovuti alla rottura del dna.
Ciò dimostra che tali danni provocati in parte anche da elementi insidiosi normalmente presenti nell’ambiente, sono in fondo molto frequenti e che, normalmente, il sistema di riparazione è estremamente efficace.