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Lavoro

Nella teoria economica, il lavoro è considerato come un fattore di produzione…

Nella teoria economica, il lavoro è considerato come un fattore di produzione che concorre, insieme agli altri (terra, capitale, attività imprenditoriale – v. impresa – ) alla formazione del reddito nazionale. La remunerazione (v. salario) del lavoro è determinata, in regime di libera concorrenza, dalla sua produttività marginale (v. costo) nello stesso modo in cui viene determinata la remunerazione di qualsiasi altro fattore di produzione. Tuttavia, rispetto agli altri fattori, il lavoro presenta alcune singolari peculiarità.

Anzitutto l’offerta di lavoro può, in un breve periodo di tempo, essere rappresentata da una curva con dei tratti a inclinazione negativa (un aumento della remunerazione, cioè, non produce necessariamente un aumento della quantità di lavoro offerto e viceversa); questo vale tanto per il singolo individuo quanto per la collettività nel suo complesso. Infatti, se il saggio del salario è piuttosto basso, è possibile che una sua ulteriore riduzione comporti un aumento sia della quantità di lavoro individuale, sia dell’occupazione complessiva, perché i nuclei familiari desiderano mantenere il livello di reddito di cui precedentemente godevano. In secondo luogo, ogni fenomeno concernente il lavoro suscita, accanto a problemi puramente economici, diverse altre questioni di ordine sociale che non possono essere trascurate: per esempio, la cosiddetta «disoccupazione tecnologica» deriva da un certo grado di sostituibilità tra lavoro e capitale (ogni nuovo ritrovato tecnico, infatti, può provocare un certo risparmio di manodopera, provocando fenomeni di disoccupazione, che, sia pure temporaneamente, possono essere di una certa rilevanza).
In Italia, la Costituzione considera il lavoro il fondamento della repubblica, riconoscendo a tutti i cittadini il diritto al 1avoro, stabilendo il dovere per ogni cittadino di svolgere un’attività che concorra al progresso materiale e spirituale della società e indicando una serie di direttive per la tutela fisica, economica e morale del lavoratore. Tali direttive sono state poi attuate in sede legislativa attraverso vari interventi legislativi: norme di carattere assistenziale e previdenziale; disciplina del lavoro delle donne, dei fanciulli e degli adolescenti; norme per la tutela delle lavoratrici madri; disciplina dei licenziamenti individuali; ordinamento dei procedimenti in materia di controversie individuali di lavoro; emanazione dello Statuto dei lavoratori, contenente le norme sulla tutela del lavoratore e della libertà sindacale (v. sindacato).
Il lavoro può essere considerato dal punto di vista del rapporto, del contratto e della tipologia.
Il rapporto di lavoro può essere subordinato (dipendente) o autonomo. Nel primo caso il lavoratore viene assunto dal datore di lavoro e – in cambio di una retribuzione fissa, determinata e priva di rischi – garantisce la continuità della prestazione, la presenza sul luogo di lavoro e il rispetto di un determinato orario di lavoro. Nel caso del lavoro autonomo, invece, il lavoratore non mette a disposizione la propria forza lavoro ma si limita a garantire il raggiungimento di determinati risultati con piena discrezionalità relativamente al tempo, al luogo e alla modalità della prestazione. Della categoria dei lavoratori autonomi fanno parte i liberi professionisti (consulenti del lavoro, avvocati, medici,architetti ecc.), gli artigiani e i lavoratori a progetto (i cosiddetti «co.co.pro»).
Questi ultimi (appartenenti a una categoria atipica di lavoro autonomo disciplinata dalla cosiddetta «legge Biagi» del febbraio 2003) svolgono un lavoro senza vincolo di subordinazione (al pari degli altri lavoratori autonomi) ma lo fanno in maniera stabile e continuativa (tanto che, precedentemente, erano inquadrati come «collaboratori coordinati e continuativi»). Questo carattere «parasubordinato» che contraddistingue i lavoratori a progetto presenta sia vantaggi sia svantaggi: da un lato, infatti, i co.co.pro hanno maggiori garanzie e corrono meno rischi economici rispetto agli autonomi veri e propri; dall’altro hanno minori garanzie e corrono maggiori rischi economici rispetto ai veri e propri lavoratori subordinati.
L’aspetto negativo della condizione dei co.co.pro è particolarmente evidente nel caso di coloro che, pur non essendo considerati subordinati da un punto di vista formale, svolgono di fatto un lavoro subordinato a tutti gli effetti. Nel loro caso scompaiono tutti i vantaggi del lavoro autonomo e l’unica differenza sostanziale rispetto al lavoro dipendente si riduce nella remunerazione più bassa (sia dal punto di vista retributivo che contributivo) e nella prospettiva di perdere più facilmente il lavoro (in quanto il contratto a progetto è a scadenza e la decisione di rinnovarlo o meno è a discrezione del datore di lavoro).

Passando dal lavoro autonomo e parasubordinato al lavoro subordinato, quest’ultimo può essere disciplinato da un contratto a tempo determinato o indeterminato, a seconda che sia presente o meno l’apposizione di un termine alla durata del contratto. In entrambi i casi, i lavoratori dipendenti usufruiscono generalmente di un contratto collettivo (vale a dire stipulato tra un’associazione di datori di lavoro e un sindacato rappresentativo della maggioranza dei lavoratori coinvolti): essi, in altre parole, godono di maggiori garanzie rispetto ai lavoratori costretti a contrattare individualmente le condizioni della vendita della propria forza lavoro. Se il lavoratore subordinato, inoltre, lavora in un’unità produttiva che occupa più di 15 dipendenti ha diritto anche alla tutela offerta dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (che obbliga il datore di lavoro, in caso di licenziamento ingiustificato, al reintegro del lavoratore).

Per quanto riguarda infine la tipologia del lavoro, esso può svolgersi in un luogo messo a disposizione dal datore di lavoro (ufficio, fabbrica, cantiere ecc.), nell’abitazione del lavoratore (lavoro a domicilio), in una sorta di «ufficio virtuale» reso possibile dalle tecnologie telematiche e informatiche (telelavoro), a casa del datore di lavoro (lavoro domestico) o nei campi (lavoro agricolo.