Il diritto internazionale appresta norme per disciplinare in qualche modo la situazione derivante dallo stato di belligeranza…
Il diritto internazionale appresta norme per disciplinare in qualche modo la situazione derivante dallo stato di belligeranza, regolando e moderando, per quanto possibile, l’esercizio della violenza reciproca contro il territorio, i beni, i soggetti degli Stati confligenti e statuendo in ordine all’esigenza di comportamento imparziale dei paesi neutrali e all’opportunità di astensione dei paesi belligeranti da atteggiamenti lesivi nei confronti di quelli, tali da comprometterne la neutralità.
Lo stato di g. è condizione di pura violenza e quindi assolutamente antigiuridico. Le regole poste per regolarla, a guisa di gara, sono state in ogni tempo eluse, prima o poi, dai belligeranti. L’unica disciplina possibile è quella attuabile grazie all’intervento di un organo supernazionale, dotato di propri mezzi, che provveda a dirimere controversie e a sedare conflitti per far applicare, anche coattivamente, le norme dell’ordinamento internazionale; esigenza questa fortemente sentita specie negli ultimi anni della storia contemporanea e che ha già portato ad alcune recenti realizzazioni pratiche d’indubbio valore. Sempre nello stesso ordine d’idee in varie legislazioni supernazionali (p. es., statuto dell’ONU) e nazionali (p. es., Costituzione italiana, art. 11) è stato espressamente sancito il ripudio del ricorso alla g. quale strumento di risoluzione di controversie ed è ammesso solo come mezzo di autodifesa.
Comunque, in mancanza di una completa disciplina cogente e coattivamente attuabile, valgono tuttora numerose norme derivanti dalla consuetudine o da convenzioni plurilaterali fra Stati. La g. di regola inizia con una dichiarazione formale, pura e semplice o condizionata alla mancata accettazione di una richiesta perentoria (ultimatum).
La dichiarazione è prescritta dalla III Convenzione dell’Aia (1907), che fa carico allo Stato dichiarante di formularla in modo preciso. Alla stregua del richiamato art. 11 della costituzione, la legge italiana ne ha disposto l’obbligatorietà: essa ha luogo con decreto del capo dello Stato su delibera delle Camere. Durante il conflitto, la parte del territorio nazionale degli Stati belligeranti interessata dal conflitto è zona di g.: in essa le autorità militari assumono i pieni poteri, compreso quello di emanare bandi e di far applicare esclusivamente le leggi militari di g.. Come s’è detto, l’ordinamento internazionale ha predisposto speciali norme, denominate usualmente leggi di g., per limitare le esplicazioni di violenze tra i belligeranti. Grande importanza hanno avuto al riguardo le convenzioni collettive stipulate da un gran numero di Stati agli inizi del secolo e subito dopo la seconda g. mondiale. Le Convenzioni dell’Aia derivarono da accordi intercorsi negli anni dal 1899 al 1907 e disciplinanti vari aspetti della g.: la terza convenzione regola l’apertura delle ostilità, la quarta la g. terrestre, la quinta lo status dei paesi neutrali, la sesta e settima il commercio marittimo in tempo di g., l’11a e la 12a la g. sul mare, la nona l’uso dei bombardamenti.
Le Convenzioni di Ginevra sono state stipulate nel 1949 e disciplinano il trattamento dei feriti e dei malati appartenenti alle forze armate, nonché quello dei naufraghi, dei prigionieri e in genere dei civili coinvolti nelle ostilità. Lo stato di g. cessa con la debellatio di un belligerante a opera dell’altro, vale a dire con il completo annientamento delle sue forze e con l’occupazione dell’intero territorio, ovvero con la stipula di un trattato di pace o con dichiarazione equivalente di entrambe le parti.
La riparazione dei danni di g. è prevista sia dal diritto interno che dal diritto internazionale. La legislazione italiana in materia riconosce un diritto al rimborso in favore dei danneggiati da eventi bellici, tanto se dovuti alle forze armate nemiche, quanto se a quelle nazionali o di paesi alleati. Poiché peraltro il fatto di g. è considerato quale fatto di forza maggiore e non dà mai luogo a colpa imputabile, in tali rapporti è da ritenersi una responsabilità dello Stato per atti legittimi e non per colpa aquiliana: di conseguenza le prestazioni erogate dallo Stato non hanno titolo di risarcimento, bensì di corresponsione effettuata a semplice scopo di ripristino economico.
Nel diritto internazionale invece, la riparazione dei danni bellici ha vera natura di risarcimento degli eventi lesivi prodotti, durante il conflitto, da uno Stato all’altro. Il diritto relativo deriva dalle clausole dei trattati di pace, che ne precisano le modalità. Molto spesso però si tratta di condizioni imposte dallo Stato vincitore a quello vinto (diktat) e quindi di solito le riparazioni, gravano solo su quest’ultimo, malgrado la reciprocità dei danni, restando escluso qualsiasi risarcimento a opera del vincitore persino per quanto riguarda gli atti illeciti (reati comuni delle forze d’occupazione o illeciti internazionali) da esso compiuti.
Quest’ultimo criterio è però palesemente antigiuridico e ne è stata recentemente vietata in modo assoluto l’applicazione, in base alla Convenzione di Ginevra in favore delle vittime della g. Non sempre tuttavia le riparazioni hanno carattere risarcitorio: tale il caso in cui esse, come spesso avviene, superino l’ammontare dei danni. Per questo motivo viene negato alle relative obbligazioni contratte il valore di conseguenze giuridiche di una responsabilità internazionale, la quale può invece intervenire solo in caso di commissione di fatti illeciti o di g. apertamente aggressiva. La loro natura. di norme internazionali cogenti deriva dunque solo dagli impegni assunti nelle clausole del trattato di pace.