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Macchine per calcolare

Oggi l’uso delle macchine calcolatrici e dei computer negli uffici, nei negozi e nelle case è così diffuso…

Oggi l’uso delle macchine calcolatrici e dei computer negli uffici, nei negozi e nelle case è così diffuso che c’è chi teme che l’uomo possa perdere la capacità di effettuare calcoli a mente. Ma il percorso per arrivare a mezzi così potenti è stato lungo e tortuoso ed è come se dentro ogni calcolatrice – anche la più piccola e sottile –fossero racchiusi anni e anni di ricerche e invenzioni tecniche. L’ambizione di liberarsi dalla schiavitù del calcolo ha prodotto, nel corso dei secoli, molte macchine per calcolare precedenti a quelle attuali basate su tecnologia elettronica.
Il loro antenato è l’abaco, con il quale non era però del tutto agevole fare moltiplicazioni e operare con numeri decimali. Per calcoli complicati occorreva inventare nuovi strumenti. Questa divenne un’esigenza pressante soprattutto a partire dal XVII secolo, nel corso del quale le ricerche tecniche e scientifiche produssero macchine di ogni genere e si dispiegò la scienza moderna, che richiede esperimenti e la necessità di fare calcoli.

I primi congegni
All’inizio del Seicento lo scozzese John Napier (1550-1617), il cui nome è italianizzato in Nepero, inventò una sorta di tavola pitagorica portatile: tanti bastoncini di legno su cui erano incisi i multipli dei primi numeri naturali.

Opportunamente disposti, questi bastoncini permettevano di fare le moltiplicazioni anche senza ricordare le tabelline: il che non era poca cosa, se si pensa all’introduzione relativamente recente del sistema decimale e all’assenza, all’epoca, di un sistema di istruzione.
A un’altra invenzione di Nepero, i logaritmi, si deve la successiva realizzazione di uno strumento che, ulteriormente perfezionato, è rimasto la più diffusa e affidabile macchina calcolatrice per usi scientifici fino a circa il 1970: il regolo calcolatore logaritmico.
Questo regolo è costituito da un corpo su cui si trovano delle scale fisse, un’asta scorrevole con scale mobili e un cursore. Le operazioni sono eseguite graficamente spostando il cursore lungo l’asta sopra le diverse scale logaritmiche.
Nello stesso secolo il filosofo e matematico Blaise Pascal (1623-1662), a soli 18 anni, costruì una vera e propria macchina, chiamata pascalina, formata da ruote dentate indicanti le unità, le decine e le centinaia, ognuna divisa in dieci settori dallo 0 al 9, che corrispondevano alle cifre del sistema decimale.
La macchina era in grado di sommare e sottrarre tenendo conto anche del riporto.
Poco dopo, con un analogo meccanismo a ruote dentate, il filosofo Leibniz (1646-1716) fece costruire una macchina per eseguire moltiplicazioni, divisioni e l’estrazione di radice.

Il primo tentativo di macchina programmabile
Nella prima metà dell’Ottocento, l’inglese Charles Babbage (1791-1871) progettò una complicata macchina, detta «macchina analitica» che, secondo i suoi piani, era destinata a risolvere molti problemi: l’idea di Babbage, poi ripresa dai moderni calcolatori, era che la macchina potesse essere di volta in volta programmata in modo da eseguire le operazioni elementari e risolvere svariati problemi di matematica. La macchina di Babbage utilizzava, secondo il progetto, schede perforate che per molti anni sarebbero rimaste il principale modo di scrivere e ricevere informazioni da parte dei primi calcolatori.
La tecnologia a disposizione di Babbage non gli permise però di portare a termine il progetto. La macchina sarebbe stata estremamente complicata, costosa e voluminosa.

La diffusione delle macchine per calcolare
È alla fine dell’Ottocento che le macchine per calcolare, sempre esclusivamente meccaniche, escono dalla fase di sperimentazione. Nel 1890 l’ingegnere americano Herman Hollerith (1860-1929) vince il concorso indetto dal governo per trovare macchine in grado di rendere più veloce e affidabile il censimento della popolazione degli Stati Uniti. Anche la macchina di Hollerith utilizzava come supporto le schede perforate.
Partendo dall’idea di Babbage, egli mise a punto una macchina tabulatrice in cui ogni scheda perforata, usando un codice particolare, rappresentava delle risposte: la parola «maschio» poteva essere rappresentata dalla perforazione, mentre «femmina» dalla mancanza di perforazione. A seconda della presenza o assenza di buchi nelle schede, la macchina poteva essere accesa o spenta grazie al collegamento con un circuito elettrico. Le schede avevano la dimensione della banconota da un dollaro e la macchina poteva esaminarle alla velocità di ottanta schede al minuto.
Nelle aziende, le esigenze di contabilità sempre più complesse spingono a utilizzare macchine per calcolare (ancora oggi presenti in alcuni uffici) via via più veloci e agevoli, ma ancora sostanzialmente basate sulla tecnologia delle ruote dentate.

I primi calcolatori
Il primo calcolatore elettromeccanico, chiamato Mark 1, fu realizzato all’università americana di Harvard nel 1944 sotto la direzione di Howard Aiken (1900-1973). Impiegava circa 5 secondi per effettuare una moltiplicazione e 10 per una divisione. Soltanto due anni dopo, nel 1946, entrò in funzione il primo calcolatore completamente elettronico, chiamato Eniac (Electronic numerical integrator and computer). Non erano ancora stati inventati i transistor, e il calcolatore – del peso di 30 tonnellate – occupava una superficie di 180 m2. Era costituito da 42 pannelli disposti lungo tre intere pareti della stanza, sopra i quali erano sistemati i condotti d’aria per il raffreddamento della macchina.
C’erano inoltre cinque pannelli portatili che potevano essere spostati da una parte all’altra della stanza a seconda delle esigenze. Per il suo funzionamento erano impiegate circa 18.000 valvole, che a causa del calore si bruciavano con una frequenza di una ogni due minuti e dovevano essere continuamente cambiate.
Da allora a oggi le macchine per calcolare si sono continuamente evolute compiendo progressi vertiginosi: la miniaturizzazione dei circuiti, nuove tecniche per memorizzare i dati e una più sofisticata architettura interna hanno portato all’attuale situazione di diffusione di massa di computer e calcolatrici elettronici.

Il regolo calcolatore logaritmico
Il regolo calcolatore è fondamentalmente costituito da due tavolette che scorrono l’una sull’altra. In ognuna delle due tavolette sono segnate, in vario modo, le sequenze dei numeri.
Con le sequenze di numeri segnate a intervalli uguali, il regolo permette di eseguire addizioni. Infatti, se ad esempio occorre sommare 3 e 5, basta far scorrere una tavoletta in modo che il suo 0 coincida col 5 dell’altra: in corrispondenza del 3 della prima tavoletta, sulla seconda si legge 8, che è effettivamente la somma dei due numeri.
Se invece le sequenze dei numeri non sono riportate secondo intervalli uguali, ma secondo una particolare scala (detta logaritmica) in cui i numeri si distanziano sempre meno, lo stesso metodo permette di eseguire moltiplicazioni.

 

GLOSSARIO

Logaritmo. Esponente che occorre dare a una base per ottenere un certo numero.

Scheda perforata. Scheda in cui l’informazione, per esempio un numero, è codificata attraverso una particolare combinazione di buchi.

Transistor. Dispositivo che sfrutta le caratteristiche dei semiconduttori, capace di amplificare correnti elettriche.