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Museo

Edificio adibito alla conservazione, all’ordinamento e all’esposizione di opere d’arte.

Edificio adibito alla conservazione, all’ordinamento e all’esposizione di opere d’arte.

Il nome deriva dalla costruzione dedicata alle Muse ad Alessandria, in cui erano custoditi oggetti e manoscritti preziosi; il termine venne poi applicato alle raccolte d’arte che riunivano collezioni di sculture e pitture nel corso del XIX secolo. Le prime raccolte di oggetti preziosi, che si formarono nei templi e nei santuari greci (Delfi, Efeso, Olimpia), avevano un carattere votivo, che escludeva ogni interesse estetico o documentario. Solo nel periodo ellenistico, con l’affiorare dell’orientamento storico e antiquario, il gusto per le collezioni artistiche si fece più preciso. Il collezionismo trionfò a Roma, dove si raccolsero opere d’arte greche, spesso come bottini di guerra, in luoghi pubblici e in dimore private, per motivi non propriamente artistici. Fu un romano, Marco Agrippa, a esplicitare per la prima volta il valore di una collezione come patrimonio culturale comune, sostenendo l’opportunità di rendere di pubblico dominio quadri e statue. Successivamente, il cristianesimo ereditò il concetto del valore propagandistico e didascalico delle arti figurative. Le principali raccolte si ebbero in Oriente, a Costantinopoli; nel medioevo l’unica forma di museo pubblico fu la chiesa che, oltre a incrementare la produzione artistica con commissioni a carattere sacro, riceveva donazioni che andavano a formare i cosiddetti tesori. Solo in rari casi (ad esempio, con gli imperatori Carlo Magno e più tardi Federico II) affiorò il collezionismo di antichità, legato al valore ideologico di collegamento all’Impero romano; i tesori e le raccolte di piccoli oggetti prevalsero anche nelle corti feudali. Con il mondo gotico e lo sviluppo dei comuni si formarono le collezioni tipiche (tra cui quelle dei duchi di Borgogna e di Berry), con le quali si riconobbe all’oggetto artistico un valore estetico autonomo. L’avvento dell’umanesimo favorì l’attribuzione di un valore educativo e storico alle raccolte di arte antica; principi di completezza enciclopedica e di prestigio socio-culturale ispirarono le grandi raccolte del Quattrocento (famiglie Medici, Strozzi, Rucellai ecc.). Ogni corte presentava «camerini» o «studioli» decorati: le collezioni principesche vennero così a far parte dei beni dinastici da tramandare. In questi anni si formarono le collezioni dei Montefeltro a Urbino, degli Este a Ferrara, dei Gonzaga a Mantova. Le grandi raccolte del Cinquecento si ebbero soprattutto a Padova (collezioni scientifiche e antiquarie) e a Venezia, dove predominava un gusto edonistico per l’arredamento sfarzoso e per i dipinti da cavalletto. Nell’età del manierismo nacquero le prime guide artistiche e i primi cataloghi di collezioni: il Vasari progettò gli Uffizi, sistemando al piano superiore la galleria con ampie vetrate, in modo da esporre i pezzi con equilibrio, realizzando un compromesso tra il tradizionale criterio decorativo e un nuovo criterio museografico. Le raccolte del XVI secolo si proponevano come sintesi di arte e scienza: il museo acquistava così un valore cosmologico; solo nel Seicento le collezioni scientifiche acquistarono carattere autonomo e da esse ebbe origine la fondazione del primo museo pubblico. Tra il XVI e il XVII secolo il collezionismo si affermò in tutta Europa. A Roma, il cardinale Del Monte raccolse a palazzo Madama sculture e dipinti moderni di correnti diverse, il marchese Giustiniani e il cardinale Borghese formarono le loro collezioni eclettiche, i Ludovisi, i Barberini, i Colonna e i Pamphilj radunarono nei loro palazzi numerose opere d’arte. Alla fine del Seicento cominciarono le dispersioni e le vendite, tali da rendere Roma meta di collezionisti stranieri. Tra le raccolte più importanti, sempre a carattere privato, si ricordano la galleria dei Gonzaga a Mantova, venduta nel 1627 a Carlo I d’Inghilterra, la collezione di Leopoldo Guglielmo del Belgio, costituita da circa 1400 dipinti, e le collezioni inglesi, formatesi con l’acquisto di opere d’arte nel continente. In Francia la prevalenza di un gusto di corte classicista portò al collezionismo monarchico, che trionfò nel 1681 con l’inaugurazione del Museo del Louvre. Nel Settecento nacquero le collezioni specializzate: in Inghilterra venne fondata la prima raccolta pubblica (1754, collezione Mead), mentre l’attività degli amatori d’arte nel continente contribuì alla creazione di nuclei di opere greche che sarebbero confluite successivamente nel British Museum (collezione Hamilton di vasi greci). Nello stesso periodo si formarono presso le più importanti corti di Europa (a Dresda, in Russia, in Baviera, a Vienna) celebri raccolte di opere d’arte, derivate dall’acquisto delle collezioni minori di privati. Fino al XVIII secolo tutte le collezioni, comprese quelle reali, ebbero carattere privato. Solo il Museo Capitolino di bronzi (fondato da Sisto IV nel 1471) e la raccolta Grimani di Venezia (1523) erano, con buone probabilità, accessibili al pubblico. Il fenomeno della donazione allo stato delle collezioni, affinché non si estinguessero e restassero indivisibili, si accentuò nel corso del secolo, assieme alla convinzione del pubblico interesse delle opere d’arte. La rivendicazione dei ceti borghesi (v. borghesia) al diritto di godere degli strumenti della cultura contribuì alla fondazione delle accademie e degli istituti archeologici (v. archeologia): nel 1753 venne fondato il British Museum; nel 1789 le collezioni fiorentine furono rese accessibili al pubblico; nel 1793 il Louvre venne aperto come «Museo della Repubblica», con le opere d’arte ricevute in pagamento dei danni di guerra. Napoleone aprì il Musée Central des Arts; nel 1793 nasceva il Musée des Monuments Français, arricchito dalle antichità medievali provenienti dalle chiese e dai monasteri soppressi. Dopo la Restaurazione, tutti i governi d’Europa aprirono le proprie collezioni, determinando la formazione dei musei pubblici: nel 1808 il Prado a Madrid, nel 1854 il Museo nazionale bavarese; nel 1797 Federico Guglielmo III fondò il Kaiser Friedrich Museum di Berlino; nel 1824 venne costituita, con mezzi pubblici, la National Gallery di Londra; tra il 1830 e il 1846 nacquero il Museo di Monaco, l’Ermitage di San Pietroburgo, il Musée Cluny a Parigi, ricco di antichità gallo-romane e medievali, il Victoria and Albert Museum di Londra; nel 1897 fu aperta la Tate Gallery, sempre a Londra. Questo gruppo di musei, che aveva avuto origine per iniziativa regia o statale rendendo pubbliche collezioni da tempo formate, ebbe carattere ricettivo e conservativo. Nella seconda metà dell’Ottocento l’attività dei collezionisti privati contribuì a operare una selezione e una valorizzazione del materiale artistico destinato a entrare nei musei, che oggi si differenziano per contenuto, caratteri e scopi. Mentre in alcuni prevale l’ordinamento secondo il criterio storico (molti musei della Germania), in altri più recenti, soprattutto in quelli statunitensi, prevale quello estetico della presentazione comparata di opere nate in diversi momenti di civiltà. I problemi che riguardano la struttura del museo comprendono l’ordinamento del materiale nelle sale di esposizione e nei depositi e la particolare architettura dell’edificio. I criteri museografici sono mutati negli ultimi decenni, nei quali si è cercato di applicare principi di illuminazione e disposizione delle sale che fossero in grado di valorizzare al massimo le opere d’arte e facilitarne al pubblico la lettura. Molti tra i più noti architetti moderni si sono interessati alla progettazione e alla realizzazione di strutture museali: tra gli altri si ricordano Henry Van de Velde, Frank Lloyd Wright, Le Corbusier e Franco Albini.