Espulsione (parto naturale) o estrazione (parto artificiale) del feto…
Espulsione (parto naturale) o estrazione (parto artificiale) del feto e degli annessi fetali dall’utero materno al termine della gravidanza, per raggiunta maturazione del feto stesso. La data presumibile di un parto a termine può essere prevista tra il 275° e il 285° giorno dalla data dell’ultima mestruazione, quando il feto è capace di vita autonoma ed è di dimensioni tali da poter essere espulso senza danni. Il parto può verificarsi anche qualche giorno prima (parto precoce) o parecchi giorni prima (parto prematuro). Se poi l’espulsione o estrazione avviene prima che il feto abbia raggiunto la capacità di sopravvivenza si parla di parto abortivo. Il parto che si verifica dopo il 285° giorno viene detto tardivo.
Il parto normale a termine viene in genere suddiviso in quattro periodi: 1) periodo, prodromico o precursore, caratterizzato dalla comparsa dei primi dolori che si fanno sempre più frequenti e intensi; essi sono provocati da contrazioni uterine e sono generali, involontari, intermittenti e di intensità più o meno varia; 2) periodo dilatante, durante il quale il collo dell’utero si dilata per permettere l’espulsione del feto; 3) periodo espulsivo, consistente nella fuoriuscita del feto dal cavo uterino, provocata dalle contrazioni muscolari (v. muscoli) del fondo uterino che sollecitano il corpo del nascituro a venire fuori attraverso il canale del parto cioè la parte bassa dell’utero e il canale vaginale dilatato; 4) periodo del secondamento, che avviene a feto già espulso e che consiste nel distacco e nella fuoriuscita degli annessi fetali (cordone ombelicale, placenta, decidua, corion ecc.). La durata del travaglio varia notevolmente secondo i casi.
Oltre al parto normale (eutocico) esistono parti patologici (distocici) nei quali la fuoriuscita del feto è resa laboriosa o addirittura impossibile senza l’intervento dell’ostetrico: si tratta dei casi di presentazione di spalla o podalica, di inerzia uterina ecc. In tali casi l’ostetrico procederà a interventi vari che portano all’estrazione del feto per via naturale vaginale con mezzi manuali (rivolgimenti) o strumentali (forcipe ecc.). L’assistenza al parto deve essere improntata alla più rigorosa asepsi e antisepsi per evitare l’insorgenza di infezioni puerperali. Particolare attenzione deve essere dedicata alla riparazione delle lesioni accidentali conseguenti al parto e interessanti l’utero, la vagina, il perineo ecc. È bene infine fare menzione di alcune metodiche di impiego per dirigere o accelerare il parto; esse sono: il parto accelerato, che si propone un espletamento rapido del periodo dilatante ed espulsivo per mezzo di oxitocici (solfato di chinina, estratti ipofisari posteriori) o di mezzi meccanici (pallone di Champetier); il parto forzato, oramai in disuso, che si realizza, traendo il feto attraverso la bocca uterina quale che sia la dilatazione di questa; il parto medico, che propugna la rottura delle membrane, anche prima del tempo, e l’iniezione di antispastici; il parto indolore, che si propone di eliminare il dolore senza alcun sussidio terapeutico, sopprimendo il timore del parto mediante l’insegnamento di elementi di anatomia e fisiologia, nonché di una tecnica razionale e attiva che favorisca gli sforzi espulsivi ed elimini quelli parassiti, associata a esercizi di educazione neuromuscolare e di respirazione.