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Peccato

In teologia è il rifiuto, libero e volontario, di accettare una norma…

In teologia è il rifiuto, libero e volontario, di accettare una norma, pur ritenendo che essa esprima la volontà di Dio. Oggettivamente, sant’Agostino l’ha definito come «qualcosa di detto, fatto, o concepito contro la legge eterna». Soggettivamente, invece, Tommaso d’Aquino lo descrive come una «deviazione da Dio». I teologi distinguono il peccato veniale (opposizione solo parziale al piano di Dio) dal peccato mortale (opposizione completa al piano di Dio e rifiuto totale del suo amore e della sua grazia). Il peccato, in definitiva, è la pretesa dell’uomo di bastare a se stesso.

Nella teologia cattolica, il peccato originale è quello commesso dai progenitori dell’umanità e poi trasmesso, per solidarietà di natura e di destino, a tutta l’umanità tranne a Maria Vergine. Può quindi essere considerato nei nostri progenitori (originante), oppure nei loro discendenti (originato). Sotto forma di un racconto popolare, il capitolo III della Genesi narra che Adamo ed Eva, appena creati, vivevano in grande intimità con Dio, ignari del dolore e della morte. Ma dopo aver commesso il peccato originale cominciarono a conoscere il dolore e la morte come punizione per loro e per tutta la specie umana. La rivelazione piena del peccato originale si ebbe con la venuta di Cristo. San Paolo spiega che, come per la disobbedienza di uno solo la moltitudine è schiava del peccato, così per l’obbedienza di uno solo, Cristo, la moltitudine ottiene la salvezza.

Nell’islamismo, il peccato fondamentale è l’orgoglio umano (così come per i greci), che presume l’autonomia dell’uomo ed esprime una ribellione all’ordine divino; esso viene punito da Allah, che è considerato un giudice perfetto.

Nella religione babilonese (v. babilonesi) nessuno era considerato senza peccato, e si doveva quindi accettare ogni sofferenza come giusta punizione.

Nel campo della psicologia, il peccato è spiegato con il senso di colpa: per Winnicott, questo senso di colpa nasce nel bambino nella fase dello svezzamento e inizia quando il bambino riesce a comprendere l’amore e l’odio, e cresce gradualmente per diventare una fonte sana e normale di attività nelle relazioni.