Matematico e filosofo greco (Samo 570 – Metaponto 490 ca. a.C.).
Matematico e filosofo greco (Samo 570 – Metaponto 490 ca. a.C.). La sua figura è avvolta nella leggenda, che lo raffigura come profeta e taumaturgo. Forse fu discepolo di Anassimandro di Mileto e conobbe le dottrine dei sacerdoti egizi. A Crotone, nella Magna Grecia, fondò una società etico–religiosa che si dedicava anche all’attività filosofica; ma poiché questa società si proponeva anche finalità politiche, suscitò violente opposizioni da parte delle forze democratiche, tanto che Pitagora fu probabilmente costretto a recarsi a Metaponto.
A lui sono solitamente attribuite sia la dottrina della trasmigrazione delle anime sia quella dei numeri come principi supremi della realtà (per cui anche l’anima umana è numero mediatore tra il numero imperfetto dei corpi sublunari e il numero supercosmico divino). L’opera matematica di Pitagora e della sua scuola rappresentò il primo tentativo di costruzione razionale della geometria: a lui, infatti, si deve la distinzione tra logica (o scienza del calcolo) e aritmetica (o scienza dei numeri). I pitagorici, inoltre, distinsero i numeri in varie categorie (i pari e i dispari, i quadrati e i rettangolari) e li indicarono con figure geometriche che, formate da punti, permisero la risoluzione di importanti problemi (come nel caso di alcune equazioni di secondo grado). Si deve poi a Pitagora e alla sua scuola l’intuizione degli incommensurabili, la costruzione della tavola pitagorica e la scoperta del teorema che da lui prese il nome. Dallo studio di questo teorema, e dalle sue applicazioni, i pitagorici dedussero una prima costruzione della geometria razionale.
Il pitagorismo (vale a dire le dottrine di, o derivanti da, Pitagora e dalla sua scuola) considera il numero come principio essenziale delle cose. Esso ha un triplice significato: fisico-matematico, metafisico-religioso ed etico-ascetico. Nella serie dei numeri il pitagorismo distingueva due elementi fondamentali (l’illimitato e il limitato), dei quali il secondo esprimeva la perfezione (il bene), mentre il primo l’imperfetto (il male). Dall’accordo di questi contrari nasceva l’armonia, che Filolao di Crotone definiva «l’unificazione del molteplice e l’accordo dei dissenzienti». Il pitagorismo, inoltre, sosteneva che l’origine del mondo si trovi nell’Uno e in un passo di Filolao l’Uno si identifica con Dio «signore di tutte le cose, eterno, solo, immobile, identico a se stesso, diverso da tutti gli altri». L’attuazione concreta del numero si manifesta nell’anima umana, principio armonizzatore di tutte le parti e funzioni del corpo (numero che muove se stesso). L’anima ha origine divina (i pitagorici sono d’accordo con la tradizione orfica, secondo la quale l’anima umana è di natura divina e l’uomo ne è la tomba) ed è ridotta nel corpo come in un carcere, per punizione delle sue colpe. Pertanto deve purificarsi e redimersi, incarnandosi in vari corpi (teoria della metempsicosi). Armonia è la virtù, equilibrio delle potenze psichiche. Il bene supremo e il supremo imperativo morale si compendiano nel seguire la divinità, nel diventare simili ad essa.
Il pitagorismo va distinto dal neopitagorismo, vale a dire dalla scuola filosofica di Alessandria (I sec. a.C. – II sec. d.C.), che congiungeva ecletticamente (sincretismo) la dottrina dell’antico pitagorismo con quelle platonica, aristotelica e stoica, arrivando a concepire Dio come monade (v. Gottfried Wilhelm Leibniz) assoluta che trascende ogni opposizione tra unità e molteplicità. Fondatore della scuola neopitagorica fu Nigidio Figulo, ma il suo maggiore esponente fu Apollonio di Tiana. Altri filosofi che in vario modo possono essere ricondotti alla filosofia del neopitagorismo sono Plutarco di Cheronea, Moderato di Gades, Nicomaco di Gerasa e Numenio di Apamea (il cui sincretismo religioso greco-orientale influì sul neoplatonismo – v. Platone – ).