Attività artistica che implica un procedimento volto a ottenere immagini per mezzo di materiali coloranti…
Attività artistica che implica un procedimento volto a ottenere immagini per mezzo di materiali coloranti su una superficie, mediante disegno, stesura o macchia. È definibile in rapporto ai procedimenti tecnici e alla serie storica delle opere e va distinta, come modo di comunicare (v. comunicazione), dalla scrittura, poiché il termine è collegato con il verbo latino «fingere» e significa «finzione artificiale di sembianze naturali». Come procedimento grafico è in stretta relazione con il disegno, che può essere fase iniziale o preparatoria o parte essenziale del processo. Nel dipinto, oggetto composto da vari elementi attraverso processi determinati, si distingue tra il supporto (parete, tavola, cartone, tela ecc.) e la preparazione di questo, che si tratti di pittura murale o da cavalletto. La fase più importante è costituita dalla stesura del colore, perché costituisce l’aspetto più personale dello stile. I vari modi sono classificabili secondo le tecniche, anticamente codificate in trattati (Cennini), poi divenute procedimento personale libero. L’evoluzione e la produzione industriale dei colori hanno eliminato i problemi tecnici preparatori, limitandoli alla maniera di stendere il colore. In base al supporto, la funzione, la scuola, le correnti, si possono fare delle classificazioni empiriche: pittura da cavalletto e murale, tecniche speciali (mosaico, smalto, arazzo), pittura di rappresentazione e decorativa, tendenze, generi ecc. Tali classificazioni sono spesso confuse e improprie.
Dalla paletnologia è noto che la pittura nasce con la raffigurazione su roccia delle specie animali essenziali per la vita dei gruppi umani del paleolitico recente (circa 18.000 anni fa). Il centro finora riconosciuto nell’Eurasia è la regione franco‑cantabrica e iberica. Nella Cantabria si hanno profonde caverne (Altamira, Lascaux ecc.) che presentano le pareti affrescate con l’uso dell’ocra rossa, del nero, del giallo. Con la pittura figurativa si sviluppò nel solutreano, e più che mai nel maddaleniano, il senso decorativo che si manifestò in disegni geometrici incisi su essi. Il complesso dell’arte maddaleniana, o «arte dell’età della renna», che appunto per il clima rigido si spinse in Cantabria, comprende numerose raffigurazioni di questo caratteristico animale. I cacciatori, forse allevatori di renna, del maddaleniano pervennero a concezioni sociali e ideologiche che costituiranno il presupposto dal quale si svilupperanno vari elementi dell’ideologia neolitica. Tra le pitture si ricordano quelle del cosiddetto stregone, di notevole rilievo per la traduzione figurativa del concetto di essere semiumano, ossia di un aspetto del pensiero paleolitico che tende a fondere in un essere gli attributi dell’animalità e dell’umano divenendo così simbolo sintetico di quelle forze naturali alle quali il gruppo sociale soggiace. Ciò fa pensare che nei clan di cacciatori paleolitici predominassero persone con poteri paranormali. La pittura paleolitica ha, dunque, grande rilievo per risalire storicamente alle concezioni e all’organizzazione sociale ed economica dell’umanità paleolitica: essa si aggiunge al corredo industriale (attrezzatura silicea e in osso), integrando il quadro culturale dei gruppi umani di quel tempo.
Nell’Oriente antico e in Egitto per la pittura murale sembra fosse usato l’affresco a tempera; l’encausto sembra fosse introdotto, per influsso greco, verso il IV secolo a.C. Vivace e policroma fu la pittura cretese‑micenea. La pittura greca arcaica ebbe solo quattro colori (giallo, bianco, rosso, nero) da cui si ottenevano per mescolanza toni bluastri e verdastri. Il problema della prospettiva e quello del colorismo furono sviluppati da Polignoto e da Micone; Zeusi e Parrasio (fine V secolo a.C.) affrontarono i problemi del chiaroscuro, dell’espressione e della linea funzionale di contorno, mentre la scuola attica e tebana (IV secolo a.C.) si volse a ricerche espressive e coloristiche usando la tecnica più sciolta della tempera. Nella seconda metà dello stesso secolo si giunse anche a una tecnica impressionistica, che fu in seguito sviluppata nella pittura campana e romana. In quest’ultima si usò generalmente l’affresco, ma anche l’encausto e la tempera; l’intonaco era a più strati, l’ultimo era composto di calce e polvere di marmo. Nell’affresco etrusco lo strato di preparazione era di sabbia e calce. I ritratti delle mummie del Fayum (II secolo d.C.) sono eseguiti a tempera su tela senza preparazione o con colori a cera su preparazione di gesso.
Nel medioevo l’encausto ebbe qualche seguito; per la pittura murale prevalse l’affresco. Nella pittura su tavola fu in voga la tempera, generalmente all’uovo, sino al diffondersi della pittura a olio. Questa, nota sin dal XII secolo e usata dai fiamminghi sin dal XV, fu condotta alla massima perfezione dai Van Eyck e importata in Italia da Antonello da Messina. Qui, verso la metà del XVI secolo e per la richiesta di quadri di sempre maggiore produzione, prevalse l’uso della tela, usata già in Inghilterra dal Quattrocento. La tecnica degli impasti a corpo, usata da Tiziano, rimase una caratteristica della pittura italiana: sull’abbozzo a corpo, essiccato, si modellava a velature. Leonardo e Raffaello perfezionarono la tecnica degli impasti leggeri, distesi con uniformità. Nel XVII secolo l’uso del bitume fece sì che le ombre raggiungessero il massimo di densità; nelle Fiandre (Rubens) si usarono per le ombre paste molto diluite con effetti di trasparenza.
Nel XVIII secolo prevalse l’uso della trementina come diluente e si affermò la moda del pastello. Nel XIX secolo la tecnica della pittura fu rinnovata dall’impressionismo (ricerca della luminosità assoluta mediante colori puri). Oggi il progresso scientifico ha dato all’artista più ampie e nuove possibilità.
L’arte pittorica ha avuto in India ed Estremo Oriente un grande sviluppo. La tecnica della pittura murale a secco e a tempera fu portata a perfezione nelle opere di affresco delle grotte di Ajanta e poi largamente applicata nella decorazione degli interni dei templi buddisti all’aperto non soltanto dell’India, ma anche della Cina e del Giappone. Verso i secoli XVI‑XVIII fu molto diffusa in India e in tutto l’Oriente islamico l’arte della miniatura. Nell’Estremo Oriente (in particolare in Cina, Corea e Giappone) la produzione pittorica si specializzò in opere su carta e su seta di genere soprattutto paesaggistico, ma ottenne risultati molto felici anche nella decorazione delle lacche e delle porcellane.