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Popoli nella natura

Gli Indios dell’Amazzonia

Gli Indios dell’Amazzonia

La foresta amazzonica rappresenta un immenso e prezioso serbatoio di risorse naturali: piante, animali e acqua sono la vera ricchezza di quest’immensa area verde. Gli Indios che la abitano attingono per la loro sopravvivenza a questo serbatoio attraverso la pesca, la raccolta dei frutti della terra e, più limitatamente, la caccia. I loro villaggi costituiscono la più tipica e diffusa cellula della cultura amazzonica e rappresentano un modello ottimale di simbiosi con la natura.
Il villaggio è dominato da un’abitazione unica, la cosiddetta Maloca, una capanna collettiva dove si assolvono le incombenze quotidiane, si effettuano la cottura-affumicamento della carne e del pesce per la sua conservazione, e si dorme su amache; al centro si apre uno spiazzo-cortile e tutt’intorno al villaggio si erge una palizzata di difesa a causa delle incursioni, frequenti, di altre tribù.

Le armi degli Indios, usate indifferentemente sia per la caccia e la pesca, sia per la guerra, consistono fondamentalmente nell’arco dotato di frecce avvelenate con il curaro, di lance e di clave. Sempre presente è la canoa monoxila, costituita da un unico pezzo di legno e quindi ricavata dallo scavo di un tronco.

Nel villaggio agricolo-forestale, i rapporti sono egualitari e la figura del capo ha uno scarso peso; per questo motivo e per altri fattori, come il tipo d’economia praticata, il numero massimo di componenti di una simile cellula di sussistenza è di circa 200 individui.

All’interno di questo modello socio-economico di base, esistono tuttavia alcune diversificazioni: i Nambikwara del Mato Grosso sono un esempio di cacciatori nomadi pedestri, mentre i Mura del basso corso del Madeira sono pescatori nomadi acquatici (vivono per mesi sulle piroghe, cibandosi esclusivamente di pesci e di mammiferi acquatici); i Tupinamba sono invece un popolo specializzato nella guerra, che rappresentava il fulcro della loro cultura, e che conducevano con estrema ferocia: il nemico veniva prima torturato, poi ucciso e mangiato.

I Kayapò, come altri indigeni dell’Amazzonia, attribuiscono estrema importanza alla pittura corporea e all’ornamentazione con penne di uccelli, soprattutto di pappagalli: l’accostamento e la disposizione dei diversi colori, non è fine a se stesso ma assume significati ben preci, diventando un modo per esprimere la propria identità culturale sia all’interno del gruppo, sia verso il mondo esterno in generale: ogni modello ornamentale corrisponde a un significato preciso e può essere portato o solo da determinate persone, o solo in particolari circostanze (per esempio alcuni modelli sono riservati soltanto a uno dei sessi, altri sono in relazione alle diverse classi di età, o ai protagonisti di feste o di cerimonie d’iniziazione).

Le ornamentazioni del corpo a base di piume, vere e proprie composizioni artistiche, vengono realizzate con centinaia o migliaia di piccole piume fatte aderire alla pelle; si potrebbe pensare che l’utilizzo di tutte queste penne e piume potrebbe significare l’uccisione di centinaia di uccelli con conseguente grave impatto ambientale; invece gli Indios hanno imparato che è sufficiente allevare un pappagallo per ogni specie di utilità ricorrente e staccargli le piume man mano che crescono solo al momento dell’utilizzo. È questo solo uno dei tanti aspetti che testimoniano il rispetto degli Indios nei confronti degli animali; se un indios trova un animale ferito o ammalato nella foresta lo porta al villaggio, lo cura e lo alleva, utilizzandolo come cibo solo in eventuali periodi di carestia o di sfortuna nella caccia.