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Ritmo e improvvisazione: il jazz

Il jazz come genere musicale ben definito nasce negli Stati Uniti

Il jazz come genere musicale ben definito nasce negli Stati Uniti, in particolare in quelli del Sud, agli inizi del Novecento e trae origine da canti che gli schiavi neri intonano durante il duro lavoro nelle piantagioni di cotone (worksong, canto di lavoro) o nelle occasioni sacre (spiritual) prima dell’abolizione della schiavitù.
Divenuti liberi, gli ex schiavi si trasferiscono in massa nelle città in cerca di lavoro, portandosi dietro la loro tradizione musicale che si arricchisce di temi malinconici legati alla vita cittadina (le difficoltà, l’emarginazione, la nostalgia): nasce così il blues (in inglese l’espressione to feel blue significa «provare malinconia»).

Intanto a New Orleans si afferma il jazz vero e proprio, che trasferisce sul piano strumentale tutto il patrimonio vocale elaborato in precedenza dalla musica nera. Articolato in numerosi stili, all’inizio il jazz è appannaggio di musicisti di colore e creoli, ma ben presto anche molti bianchi si dedicano a questo genere musicale che, raggiunta la popolarità negli Stati Uniti, a partire dagli anni Venti arriva in Europa grazie alle registrazioni su disco. In particolare, piacciono le musiche da ballo che derivano dal jazz: fox-trot, charleston, one-step.

L’evoluzione del jazz si snoda attraverso vari stili, a seconda dell’epoca e dei luoghi: a New Orleans emerge Louis Armstrong (1900-1971), trombettista e cantante.

Altra capitale del jazz è Chicago.
Intorno al 1930 comincia a diffondersi lo swing, stile il cui nome allude al tipico ritmo ondeggiante (to swing significa «dondolare»), che ottiene subito un grande successo commerciale. In questo stile emergono molti musicisti bianchi: il più famoso è Benny Goodman (1909-1990), detto appunto «re dello swing», clarinettista e fondatore di una grande orchestra. I suoi brani, ricchi di giochi ritmici e decorativi, riflettono la tradizione occidentale più di quella afroamericana. Negli stessi anni nasce uno stile tipicamente bianco, il dixieland. Per reagire a questa occidentalizzazione, alcuni interpreti di colore tentano di infondere al jazz un nuovo vigore «nero». Dagli anni Quaranta si affermano così generi meno commerciali e più complessi, come il bebop, il cool jazz, l’hard bop e il free jazz. In essi l’improvvisazione diviene predominante. L’evoluzione del jazz continua ancora oggi, producendo stili sempre più a contatto con la musica colta, con la musica leggera e quella elettronica.