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Rivoluzione francese

Movimento politico-sociale, avviato nel 1789, che pose fine in Francia all’ancien régime…

Movimento politico-sociale, avviato nel 1789, che pose fine in Francia all’ancien régime e vi fondò il nuovo stato basato sull’uguaglianza giuridica. In molti paesi d’Europa diede inizio a simili moti contro lo stato feudale e assolutista.
Preparata, nel corso del XVIII secolo, dalla cultura illuministica che si proponeva di trasformare la società per renderla più libera, più giusta e più progredita, la sua data di inizio viene considerata quella di convocazione (5 maggio 1789) degli Stati generali (assemblea dei tre ordini, clero, nobiltà, Terzo stato, della popolazione francese) a cui il re Luigi XVI venne costretto dalle gravi condizioni di dissesto del bilancio dello stato, dopo che invano vari ministri avevano tentato di estendere anche ai ceti privilegiati, cioè la nobiltà e il clero, le imposte. La questione della votazione per ordine, come avrebbero voluto nobili e clero, o per testa, come avrebbero invece voluto i rappresentanti, più numerosi, del Terzo stato, divise l’assemblea; trovate chiuse le porte della sala di riunione per ordine del re, i rappresentanti del Terzo stato si riunirono nella sala della Pallacorda e, proclamandosi (17 giugno 1789) Assemblea nazionale, giurarono di non separarsi prima di aver dato una costituzione alla Francia.
Motivi politici e la grave situazione economica provocarono la sollevazione popolare parigina del 14 luglio che dette l’assalto al carcere della Bastiglia, simbolo del dispotismo regio. L’Assemblea nazionale, proclamatasi nel frattempo costituente (9 luglio), votò, la notte del 4 agosto, l’abolizione dei diritti feudali e il 26 agosto la famosa Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino.
La Costituente si ispirò alle dottrine di Montesquieu sulla separazione dei poteri e a quelle di Rousseau sulla sovranità popolare: affidò il potere legislativo a un’Assemblea legislativa, eletta dai cittadini, il potere esecutivo al re e ai suoi ministri, responsabili dinanzi all’Assemblea, e il potere giudiziario a giudici elettivi. La costituzione civile del clero introdusse il principio elettivo nelle nomine dei parroci e dei vescovi e soppresse gli ordini religiosi, nell’intento di incamerarne i beni per risolvere il problema del gravissimo deficit delle finanze statali: gli assegnati o titoli di credito garantiti appunto dai beni del clero avrebbero dovuto provvedere alle necessità più urgenti delle finanze statali.
La Santa Sede rifiutò di accettare tale costituzione e il clero stesso si divise in clero costituzionale, che accettò di giurare obbedienza alla costituzione civile, e clero refrattario, che si rifiutò di giurare; di fronte all’aggravarsi della situazione, il 20 giugno 1791 il re fuggì travestito da Parigi per raggiungere in Lorena le truppe fedeli e porsi alla loro testa per schiacciare la rivoluzione ma, riconosciuto a Varennes, fu ricondotto a Parigi e sospeso dalle sue funzioni. L’episodio alimentò le tendenze repubblicane rappresentate specialmente dai cordiglieri, alla cui testa erano Camille Desmoulins, Georges Danton, Jean-Paul Marat, mentre i borghesi moderati diedero vita al club dei foglianti, da cui il re trasse gli elementi per dar vita al primo governo espresso dall’Assemblea legislativa (ottobre 1791), a cui presto succedette un ministero formato dai girondini, un gruppo favorevole a una decisa democrazia politica che, stretto tra gli intrighi della corte e la pressione della folla parigina, credette di risolvere il problema politico lanciando il paese nella guerra contro Prussia e Austria, spinte all’intervento anche dalle insistenze degli aristocratici emigrati.
Le prime vicende furono disastrose per l’esercito francese e, nell’agosto 1792, mentre la patria era dichiarata in pericolo, la reggia delle Tuileries venne invasa dalla folla e il re sospeso di nuovo dalle sue funzioni, mentre vennero indette nuove elezioni a suffragio universale per l’elezione di una Convenzione nazionale che avrebbe dovuto dare alla Francia una nuova costituzione.

Di fatto il potere passava nelle mani del comune rivoluzionario, sostenuto dai giacobini, un partito repubblicano, democratico, fortemente progressista che riuscì a galvanizzare la resistenza del paese e a far affluire al fronte nuove schiere di volontari entusiasti che sconfissero gli austro-prussiani a Valmy (20 settembre 1792). Nello stesso giorno si adunò la Convenzione nazionale che proclamò l’abolizione della monarchia e l’instaurazione della repubblica; nei mesi successivi gli eserciti rivoluzionari occuparono il Belgio e la Renania e la Convenzione, contravvenendo alle teorie rivoluzionarie, proclamò che le Alpi e il Reno erano le frontiere naturali della Francia, decretando l’annessione di tutti i paesi occupati.
Altri paesi, tra cui la Russia e l’Inghilterra, scesero allora in campo contro la Francia formando la prima coalizione europea antifrancese. Luigi XVI, processato, venne condannato a morte e ghigliottinato il 21 gennaio 1793. Ma le sorti del conflitto si rovesciarono e gli eserciti rivoluzionari furono respinti da molti dei paesi occupati; il 2 giugno 1793 la folla parigina circondò la Convenzione e impose la sostituzione del governo moderato dei girondini con la dittatura degli estremisti della Montagna. La ribellione della provincia della Vandea, all’interno, creò una situazione militare e politica assai grave mentre, sui vari fronti, il nemico continuava ad avanzare e carestia e inflazione crescevano.
La Montagna decretò la confisca dei beni degli emigrati e fece votare dalla Convenzione una nuova costituzione a carattere accentuatamente democratico. La massa dei contadini venne attirata con drastiche misure a danno delle classi abbienti.
Alcuni dipartimenti, istigati dai girondini, si rivoltarono contro la capitale, ma la Convenzione rispose nominando un Comitato di salute pubblica con funzioni di supremo controllo sui ministeri che, dominato dall’energia di Maximilien Robespierre, attuò una ferrea dittatura centralista realizzando in primo luogo una leva in massa, eliminando i traditori e gli inetti dall’ufficialità e sostituendoli con le giovani leve rivoluzionarie che provenivano dal popolo, imponendo il blocco dei prezzi e dei salari e il corso forzoso degli assegnati.
Ai tradimenti interni il Comitato oppose il cosiddetto Terrore, durante il quale un Tribunale rivoluzionario mandò alla ghigliottina centinaia di veri o supposti controrivoluzionari, tra cui la regina Maria Antonietta. Quando la situazione militare, sui vari fronti, migliorò, la lotta all’interno del Comitato tra gli indulgenti, con a capo Danton, e gli estremisti o arrabbiati, con a capo Hébert, si accentuò; Robespierre riuscì a farli ghigliottinare entrambi; si inaugurò allora il periodo del Grande Terrore, accompagnato dal culto dell’Essere Supremo.
La paura che si impadronì della Convenzione fece sì che il 9 Termidoro (27 luglio 1794) una congiura si formasse contro Robespierre che, arrestato, fu mandato alla ghigliottina senza processo e con l’accusa di volersi fare tiranno della Francia.
La reazione termidoriana vide scatenarsi le vendette della borghesia: al Terrore rosso succedette il Terrore bianco, teso a perseguitare giacobini e montagnardi, mentre un allentarsi generale dei freni caratterizzò la vita civile e sociale in tutti i suoi aspetti. La Convenzione passò da un estremo politico all’altro, stretta com’era tra la minaccia dei giacobini superstiti e quella dei reazionari monarchici. Nel 1795, infine, l’Assemblea votò una costituzione dell’anno III, volta a consolidare i risultati della rivoluzione su posizioni conservatrici: il potere legislativo venne delegato a un Consiglio dei cinquecento e a un Consiglio degli anziani e distinto dal potere esecutivo, affidato a un Direttorio di cinque membri.