Remunerazione del lavoro…
Remunerazione del lavoro (indipendentemente da qualsiasi titolo giuridico sugli altri fattori di produzione, quali capitale e terra) derivante a un soggetto produttivo per l’attività prestata. Il processo storico della corresponsione del salario ha origine dalle sussistenze erogate agli schiavi (v. schiavitù) per mantenerli in vita.
Subentrata all’economia schiavistica quella servile, il salario assunse la configurazione della remunerazione di opera prestata dal servo al signore. Successivamente, realizzata l’attività artigianale, esso divenne il costo (sommato all’utile) dell’attività di operatori liberi.
Secondo Adam Smith e David Ricardo, il salario da un lato assunse la sostanza di remunerazione naturale, dall’altro tale configurazione venne a essere mutata nel processo di industrializzazione, nel quale i detentori di capitale e di beni naturali condizionarono le remunerazioni.
Secondo uno schema antico, le remunerazioni vanno distinte in salario vero e proprio (prezzo o costo del lavoro manuale), stipendio (salario per un’attività continuativa o specifica, come quella dei soldati) e onorario (per attività prestate senza impegno economico, come quella derivante dal patronato).
Queste tre forme di remunerazione hanno avuto conferma nella civiltà contemporanea, nella quale il salario propriamente detto è la remunerazione giornaliera, lo stipendio è quella periodica e l’onorario quella per cui il lavoro prestato deve essere remunerato per la sua capacità di produzione di beni anche non materiali.
Stabilito il principio secondo cui il lavoro è fattore di produzione e che, quindi, è remunerabile come un bene, si è introdotta la teoria per cui, secondo Ferdinand Lassalle, il lavoro-merce subisce le fluttuazioni della domanda e dell’offerta e, per l’eccesso di offerta, incorre in una flessione di prezzo (cosiddetta «legge bronzea dei salari»).
Il peso politico delle masse lavoratrici e la teoria democratica degli stati, tuttavia, portarono al ripudio della teoria della legge bronzea e al riconoscimento, al di fuori di ogni considerazione di classe (v. classe sociale), della tendenza per cui il salario debba essere considerato come partecipazione razionale alla produzione sia rispetto ai bisogni dell’individuo (posti al livello della civiltà in atto) sia rispetto ai bisogni del suo aggregato familiare (salario familiare).
Da ciò deriva che nella società moderna il salario, anche nella forma di stipendio, non è commisurato a una astratta considerazione di prezzo, bensì a una considerazione di esigenze la cui soddisfazione si riporta alla produzione generale.
Nella tecnica aziendale, si dice «fondo salari» la parte di utili, sperati o realizzati, che l’imprenditore (v. impresa) considera come destinata a coprire la spesa del fattore lavoro. È chiaro che i salari nella loro diversa configurazione rappresentano un elemento importante nello sviluppo economico, in quanto producono orientamenti verso consumi, risparmi, investimenti (cioè verso nuove possibilità produttive) e verso un miglioramento delle forme di vita. È constatabile come, in un regime economico molto evoluto, il salario attinga livelli massimi con livello anche massimo dei prezzi ma con elevatissimo grado di benessere.