Tecnica pittorica (v. pittura) secondo cui il colore è sciolto nell’acqua e mescolato…
Tecnica pittorica (v. pittura) secondo cui il colore è sciolto nell’acqua e mescolato ad agglutinanti di origine organica come l’uovo, il latte, il lattice di fico o la colla animale, ottenendo colori opachi, luminosi e molto solidi. La tempera è stesa su un supporto, in genere pietra, legno, tela, metallo o carta, opportunamente preparato con un’imprimitura adatta a ricevere il colore.
L’uso della tempera è accertato fin dal VI-II secolo a.C. (alcuni ritratti del Fayum). In Europa venne utilizzata a partire dal XII secolo e tra Medioevo e Rinascimento fu la tecnica più utilizzata cui si affiancò, in un secondo momento, la pittura a olio; in questi anni si ricorse spesso anche a una tecnica mista (tempera e colori oleo-resinosi mescolati o tempera con velature a olio). Tra XII e XIII secolo la tempera venne utilizzata secondo un procedimento descritto nella sua Schedula diversarum artium da Teofilo nel XII secolo, per successive sovrapposizioni di colore. Cennino Cennini, agli inizi del XV secolo, descrisse una seconda tecnica di utilizzazione della tempera per accostamento e fusione di colori sulla base di un disegno preparatorio.
Dalla seconda metà del XV secolo la tempera venne utilizzata con il sistema della velatura, tramite la sovrapposizione di colori trasparenti che permettono la resa di vesti impalpabili e lontani paesaggi. La tempera può essere anche a cera o a gomma (guazzo). A lungo soppiantata dalla pittura a olio, la tempera venne riscoperta nei primi decenni del Novecento.