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The Fist Marriage

Il fenomeno della Pop art in David Hockney può essere riassunto semplicemente come un nuovo approccio alla figurazione

Il fenomeno della Pop art in David Hockney può essere riassunto semplicemente come un nuovo approccio alla figurazione.

Quasi tutti gli artisti pop porta­rono nuove fonti figurative nel­le loro opere, ma ciò che carat­terizzò David Hockney e lo di­stinse nella grande corrente pop fu la preferenza per i sog­getti tradizionali.
Nell’anno in cui dipinse The First Marriage (Londra, Tate Gallery), il 1962, egli scrisse nel catalogo della mostra di gruppo alla Grabowsky Gallery di Lon­dra Image in Progress:

«lo dipingo ciò che mi piace, quando mi piace e dove mi pia­ce con occasionali viaggi nostal­gici. Quando mi fu chiesto di scrivere su “le strane possibilità dell’ispirazione”, mi venne in mente che le mie proprie fonti di ispirazione erano numerose ma accettabili. Infatti, sono sicuro che le mie fonti sono temi classici, o addirittura epici. Paesaggi di terre straniere, bel­la gente, amore, propaganda, e i più importanti avvenimenti della mia vita. Tutto ciò mi sembra ragionevolmente tradi­zionale».

Due anni più tardi, nel catalogo di un’altra mostra (The New Generation, 1964), Hockney scrisse sui due distinti gruppi delle sue opere: quelle che iniziarono da, o riguardano i «congegni tecnici», e quelle che consistono in «messe in sce­na», normalmente con due figu­re.
The First Marriage com­prende un buon numero dei te­mi di Hockney e allo stesso tem­po riassume il suo procedimen­to di lavoro di quel tempo.

Come molti dei suoi dipinti, an­che questo fu ispirato da un’e­sperienza personale. Mentre e­ra a Berlino, nell’agosto 1962, Hockney e il suo amico Jeff Goodman visitarono il Perga­mon Museum di Berlino Est. A un certo momento si separaro­no e quando Hockney rivide il suo amico, questi era in piedi vicino a una statua egizia di donna seduta. Dal punto di os­servazione di Hockney, erano ambedue di profilo e apparen­temente guardavano la stessa cosa che era nascosta alla vista di Hockney.
«Da una certa distanza assomi­gliavano a una coppia che stesse posando per una fotografia di matrimonio», scrisse Hockney in una lettera alla Tate Gallery. All’inizio egli si era semplice­mente divertito, ma più tardi fece due o tre disegni riprodu­centi l’episodio, e in settembre, al suo ritorno a Londra, comin­ciò il dipinto. L’opera ha anche un altro tito­lo, A Marriage of Styles, a cau­sa della figura molto stilizzata giustapposta a un essere umano reale.
Hockney ha descritto co­me si era divertito a elaborare la scena del dipinto: «il marito sta in piedi educatamente, e la scultura viene fatta in modo che assomigli alla moglie che è un po’ stanca e perciò sta seduta. Mi è piaciuta l’idea di giocare con la parola “matrimonio”. L’ambientazione è vaga, ma la finestra gotica in basso a sini­stra mi ricordo che fu aggiunta per la sua connessione “eccle­siastica” con il matrimonio».
Altrove egli suggerì che l’ambi­guo ambiente assomigliava a un’isola deserta con una palma e sabbia bianca. Comunque la sabbia bianca fu messa lì sola­mente per dare alle figure qual­cosa su cui stare, e il resto dell’ambiente è stato lasciato leggermente fuori fuoco.
L’inci­sione The Marriage (1962) è u­na versione semplificata del di­pinto, ma con l’immagine rove­sciata. Hockney a quel tempo non prestava molta attenzione alla scultura egiziana e aveva riprodotto la figura rigidamen­te, come fosse di legno. Ma le fi­gure sedute in legno, specie di queste dimensioni, sono rarissi­me nella scultura egiziana, co­me lo sono le figure femminili sedute anche se realizzate in al­tri materiali. Se ne esistesse una nel Museo di Berlino, sarebbe molto famosa. Quindi, cosa vide realmente Hockney in quel momento? Hockney non trae mai spunto dalla natura e, solo occasional­mente, dalla memoria. General­mente fa grande uso del disegno prima di cominciare a dipingere e poi sviluppa le idee, ma senza molti riferimenti ai disegni.
Nei primi anni ’60 egli prendeva le immagini da fonti sorprendenti e paradossali, e le inseriva nei suoi dipinti. La stilizzazione de­gli oggetti ‑ delineata a memo­ria, o copiata dalla natura, oppure da illustrazioni ‑ era in parte una voluta ingenuità, in parte una fonte per il cliché o un’immagine riconoscibile.
Per esempio, il dipinto Rocky Mountains with Tired Indians (1965; Londra, Peter Stuyve­sant Foundation) vede una sce­na in cui la donna è raffigurata seduta, le montagne sono dipin­te come in un diagramma geolo­gico di strati di rocce, gli india­ni sono tratti da illustrazioni di giornali, e un’aquila è ripresa dalla fotografia di un totem; ep­pure tutto è dipinto in modo illusionistico.

Hockney fa regolarmente serie di dipinti sugli stessi temi e tal­volta fa riferimenti a dipinti precedenti. The First Marriage fu chiamato in origine The Marriage; Hockney ne cambiò il titolo nel 1963, dopo avere di­pinto The Second Marriage, basato sulla stessa idea. The Second Marriage (Mel­bourne, National Gallery of Vi­ctoria) è più completo e illusio­nisticamente dipinto su tela mo­dellata così da far risaltare ef­fetti prospettici, mentre il di­pinto precedente era piatto e gerarchico come un antico di­pinto egiziano.

Secondo Ho­ckney, l’uomo assomiglia più a uno sposo, mentre la testa della donna è tratta dalla fotografia di un libro sull’arte egizia ri­producente uno dei più famosi ritratti femminili, una princi­pessa armena. Man in a Mu­seum, oppure You are in the Wrong Movie (Winnetka, Illi­nois, Collezione Mayer), anch’esso dipinto nel 1962, pro­pone lo stesso tema delle opere fin qui descritte.