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Tintoretto

Pittore italiano (Venezia 1519-1594)

 

Pittore italiano (Venezia 1519-1594)

Iacopo Robusti, questo il vero nome dell’artista, soprannominato Tintoretto poiché figlio di un tintore di panni, forse in gioventù fu allievo di Tiziano, anche se le sue prime opere lo mostrano vicino al manierismo. Molto giovane, in effetti, Tintoretto guardò soprattutto alla maniera allungata e raffinata di impronta tosco-romana (al principio degli anni Quaranta Francesco Salviati e Giorgio Vasari sono documentati a Venezia) ed emiliana, rimanendo colpito soprattutto dalle incisioni di Parmigianino. Tra i suoi primi capolavori, in cui assume grande rilievo il dato architettonico, ricordiamo le varie versioni del Cristo e l’adultera (Roma, Galleria nazionale d’arte antica; Dresda, Gemäldegalerie; Amsterdam, Rijksmuseum) e soprattutto la Lavanda dei piedi e l’Ultima cena per il presbiterio della chiesa veneziana di San Marcuola (1547). Nell’opera principale della fase di formazione, il Miracolo dello schiavo liberato (1548), dipinto per la Scuola Grande di San Marco e oggi all’Accademia di Venezia, il pathos corale raggiunge una tensione drammatica altissima attraverso il particolare uso della luce, che accentua il dinamismo della visione, gli schemi compositivi a contrapposto e gli audaci scorci. Opera capitale della pittura veneziana del Cinquecento, lodata dai suoi contemporanei, questa grande tela inaugura un periodo di intensa attività pittorica, quasi sempre incentrata su concitati effetti teatrali e colori vibranti e stesi in maniera disomogenea. Nel momento successivo la tensione luministica – massima in opere come San Rocco risana gli appestati della chiesa di San Rocco (1549) – si allenta per una ricerca di colore più fuso e prezioso negli sfondi paesistici; a tal proposito, vanno citati i dipinti a tema biblico per la Scuola della Trinità (1550-1553), ora all’Accademia di Venezia, il San Giorgio e il drago (Londra, National Callery) e la raffinata Susanna e i vecchioni (Vienna, Kunsthistorisches Museum, 1555 circa). Il risultato è la riduzione della natura, trasfigurata in funzione della dinamica luministica, a commento della scena e delle forme in trasparenze cromatiche. Straordinario periodo di felicità creativa si registra negli anni Sessanta, quando il pittore realizzò alcune opere rivoluzionarie per cromatismo e tensione drammatica, anticipando soluzioni barocche: menzioniamo, a questo riguardo, le tre nuove storie commissionate dalla Scuola Grande di San Marco (Rinvenimento del corpo di san Marco, 1562, Milano, Brera; Trafugamento del corpo di san Marco e Miracolo del naufrago, 1567‑1568, Venezia, Accademia), le monumentali tele per il presbiterio della chiesa della Madonna dell’Orto (Adorazione del vitello d’oro e Giudizio finale, 1560-1562), le Nozze di Cana della chiesa della Salute, le due versioni dell’Ultima cena per San Trovaso e San Polo e la Lavanda dei piedi per San Trovaso (ora alla National Gallery di Londra), tutte opere nelle quali Tintoretto adotta schemi compositivi manieristici trasformati dal linguaggio luministico e dalle masse difformi e grumose di colore. Nel 1564, tra molti concorrenti tra cui Federico Zuccari e Veronese, Tintoretto riuscì a ottenere la commissione della decorazione della Scuola Grande di San Rocco, la sua impresa più alta, che lo terrà occupato quasi ininterrottamente fino al 1587. Nei primi teleri, realizzati per la sala dell’Albergo tra il 1564 e il 1567, la sua religiosità raggiunge una drammatica tensione spirituale che ha il culmine nella Crocifissione, composta con una complessa spazialità che si sviluppa nei gruppi piramidali e con tonalità cromatiche basse e vibranti di qualità patetica. Nella medesima sala si mettono inoltre in luce le scene drammatiche, non immuni dall’influenza della coeva grafica tedesca, dell’Incoronazione di spine e di Cristo dinanzi a Pilato, composizione in cui l’architettura classica dipinta, equilibrata e solida come quella di Palladio, fa da contraltare alla tensione violenta dell’episodio. Negli anni Settanta l’impegno del pittore è concentrato anche su palazzo Ducale (sala dell’Anticollegio, sala delle Quattro porte, sala del Senato, sala del Maggior Consiglio, sala del Collegio, sala dello Scrutinio), dove però è in buona parte attiva la sua bottega, un vero e proprio modello di piccola catena di montaggio. Nelle tele della sala Grande e della sala Inferiore della Scuola di San Rocco, databili al 1576-1581 e al 1582-1587, il senso dinamico si esalta in funzione della narrazione (scene dell’Antico e del Nuovo Testamento nella sala Grande) e il mezzo espressivo si riduce a fantastiche colate di luce in tutte le sue graduazioni (Fuga in Egitto, Santa Maria Maddalena, Santa Maria Egiziaca nella sala Inferiore). Questi caratteri del suo stile permangono nelle ultime commissioni ufficiali per il palazzo Ducale (soprattutto nel gigantesco Paradiso sulla parete di fondo della sala del Maggior Consiglio) e negli ultimi capolavori, l’Ultima cena, la Caduta della manna e la Deposizione di Cristo nel sepolcro per il presbiterio di San Giorgio Maggiore (1592-1594). Pittore istintivo e passionale, rapido nell’esecuzione e privo, nell’impostazione della scena, di solide basi grafiche (dipingeva quasi sempre, dopo un rapido abbozzo di colore brunastro, direttamente sulla tela), Tintoretto fu anche grandissimo ritrattista, ricercato dall’aristocrazia veneziana e dal patriziato di provincia specialmente per le sue doti di abile colorista e fine conoscitore della psicologia dell’effigiato (Iacopo Soranzo, Firenze, Accademia, 1550; Alvise Cornaro, Firenze, Pitti, 1560; Vincenzo Morosini, Londra, National Gallery, 1580).