Forma associativa dei popoli, di origine antichissima, i cui individui parlano lo stesso dialetto, osservano le stesse leggi
Forma associativa dei popoli, di origine antichissima, i cui individui parlano lo stesso dialetto, osservano le stesse leggi, occupano in modo stabile la stessa area territoriale se sono sedentari o, al contrario, si spostano, in tempi determinati, entro territori prestabiliti, dichiarandosene possessori e, come tali, accettati dai popoli vicini. La composizione, la struttura e la ripartizione interna (grandi famiglie, stirpi, clan, sezioni ecc.) delle tribù sono assai mutevoli. Tra i membri della tribù esiste la convinzione di avere un unico antichissimo antenato leggendario.
Nell’antica Roma, la tribù costituiva ciascuna delle frazioni in cui era diviso il territorio. Il termine è usato per indicare anche i gruppi nei quali si concretava l’organizzazione politico‑sociale delle genti ebraiche (v. ebrei) prima della costituzione della monarchia. In una fase precoce degli ordinamenti della comunità romana primitiva si incontrano le tre tribù dei Ramnes, Tities e Luceres; queste sembrano essere state dei raggruppamenti di cittadini a base gentilizia e il loro numero appare in rapporto con quello delle 30 curie e dei 300 senatori.
Da esse vanno distinte le tribù territoriali, che la tradizione asseriva istituite dal re Servio Tullio, ma che probabilmente non furono molto anteriori al V secolo a.C. Si trattava di distretti a carattere puramente amministrativo, cioè creati – a quel che sembra – per facilitare le operazioni del reclutamento militare e della riscossione del tributo; in essi venne ripartito il territorio dello stato con i relativi cittadini (v. cittadinanza) che vi avevano proprietà fondiarie. Si distinguevano quattro tribù urbanae, il cui numero rimase sempre invariato e le tribù rusticae, che andarono a mano a mano aumentando fino a diventare 31 nel 241 a.C.
Dopo di allora le tribù rimasero complessivamente 35 e, poiché il territorio dello stato continuò invece a ingrandirsi, ne venne di conseguenza che le nuove accessioni vennero aggregate a questa o a quella delle tribù preesistenti spezzandone la originaria continuità territoriale. Scomparve anche il primitivo criterio del possesso fondiario per l’appartenenza a una determinata tribù e rimase solo il principio che ogni cittadino romano, in quanto tale, doveva essere iscritto in una tribù. La suddivisione dei cittadini in tribù fu alla base dei concilia plebis tributa e dei comitia tributa, assemblee nelle quali i partecipanti esprimevano la loro volontà votando per tribù.
Particolare importanza storica rivestono le tribù d’Israele, che nel periodo premonarchico costituivano il popolo di Israele. Fin dai tempi più antichi vengono calcolate in numero di 12 e collocate in un sistema genealogico che le fa risalire a un unico capostipite, Giacobbe-Israele. I nomi delle diverse tribù, infatti, sono gli stessi dei 12 figli di Giacobbe. In questo elenco si distinguono due raggruppamenti autonomi: quello che fa capo a Giuda e quello che fa capo a Efraim, figlio di Giuseppe, e che porta più specificamente il nome di Israele.