Nato a Parigi nel 1906, Andreas Bernhard Lyonel Feininger è figlio del pittore Lyonel Feininger (1871-1956)
Nato a Parigi nel 1906, Andreas Bernhard Lyonel Feininger è figlio del pittore Lyonel Feininger (1871-1956), amico degli espressionisti tedeschi, poi dei Fauves e dei cubisti francesi e infine, come artista indipendente, originalissimo interprete di tutte le maggiori tendenze artistiche europee a cavallo tra Otto e Novecento. Sin da piccolo, circondato da artisti e intellettuali di ogni provenienza, Feininger respira l’aria del modernismo europeo e decide di dedicarsi all’architettura, campo in cui ha la fortuna di formarsi con il sommo Le Corbusier.
Già nel 1943, abbandonata l’architettura e passato ormai definitivamente alla fotografia, Feininger diventa fotografo ufficiale della rivista statunitense «Life».
Il primo riconoscimento di un certo rilievo arriva nel 1966, quando la American society of media photographers (Asmp) gli consegna il prestigioso premio Robert Leavitt. Grande fotografo e ottimo teorico della fotografia, è autore di numerosi manuali sulla tecnica fotografica, come ad esempio Il libro della fotografia (Garzanti, Milano 1970) e Fotografia totale (Vallardi, Milano 1983).
Dal punto di vista dello stile, Feininger è stato soprattutto un fotografo nostalgicamente legato al bianco e nero. Sempre in grado di creare nei suoi scatti un notevole effetto pittorico, è divenuto celebre con alcune magnifiche vedute di New York (e in particolare di Manhattan) degli anni Quaranta e Cinquanta, pubblicate soprattutto sulla citata rivista «Life».
Più che sulle persone, sui loro sentimenti e sulle loro azioni, Feininger si è concentrato nel suo lavoro sui paesaggi urbani della megalopoli statunitense, in cui ha deciso di trascorrere l’esistenza e dove si è spento nel 1999: i suoi scatti ritraggono infatti grattacieli, strade, ponti, insegne luminose, il fiume Hudson attraversato da battelli ecc., riprendendo in parte gli scorci di città e piazze desolate dipinti a inizio Novecento dai pittori della Metafisica, su tutti Giorgio de Chirico.