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Vetro

Sostanza solida priva di ordinamento cristallino

Sostanza solida priva di ordinamento cristallino (v. cristallo). I vetri, pertanto, dal punto di vista fisico sono considerati dei liquidi a viscosità tanto elevata da avere le caratteristiche apparenti delle sostanze solide.
La mancanza di formazione della struttura cristallina è dovuta al fatto che gli elementi (v. elementi chimici) componenti, cioè il silicio, il fosforo, l’arsenico ecc., reagiscono con l’ossigeno per formare le corrispondenti anidridi, le cui molecole si uniscono tra loro formando lunghe catene. Quando il liquido è fuso e viene portato in prossimità della temperatura di solidificazione, queste catene tendono ad accostarsi in maniera disordinata e, a causa dell’alto attrito che si oppone ai movimenti, risulta impossibile la formazione di cristalli, che richiedono invece un’ordinata disposizione degli elementi atomici nello spazio.

Per la produzione dei vetri i materiali vengono fusi insieme in forni di tipo differente: per i vetri d’ottica si usano i crogiuoli, mentre per ottenere grandi quantità di vetro comune si usano i forni a riverbero. La temperatura del forno si aggira sui 1700 °C, in modo da ottenere una completa fusione e una buona mescolanza. Per ottenere i vetri colorati, si fanno aggiunte di ossidi metallici o di coloranti dispersi nella massa allo stato colloidale. Il vetro poi viene ancora lavorato allo stato semifluido da macchine che eseguono il soffiaggio o lo stampaggio o la laminazione ecc.

Con il vetro si ricavano da sempre opere d’arte, tra cui soprattutto le grandi vetrate policrome. Queste sono composizioni figurative di frammenti di vetro solido e colorato tenuto insieme da legature di piombo e inquadrato da intelaiature in ferro, che serve a chiudere una finestra, lasciando filtrare la luce. Sembra che la vetrata abbia origini molto antiche (scavi di Ben Hassan, Egitto, II millennio a.C.) e probabilmente inizialmente al maestro vetraio erano affidati entrambi i compiti di invenzione del soggetto da rappresentare e di trasposizione sulla vetrata. Nella Diversarum artium schedula del XII secolo il monaco Teofilo descrive le tecniche d’esecuzione della vetrata che, dal XIII secolo, fu affidata a diverse maestranze: da una parte il pittore (v. pittura) che eseguiva il modello e dall’altra uno o più vetrai che realizzavano il disegno sulla vetrata.
Veniva realizzato un abbozzo su una tavola in legno su cui, in un secondo momento, venivano stese delle lastre di vetro colorato poi intagliate nelle forme desiderate; singoli dettagli figurativi come le pieghe dei panneggi o le espressioni dei volti erano realizzati a grisaglia, con una tinta ricavata da ossidi metallici, e fissate al vetro con la cottura.
Le tessere di vetro venivano poi riunite entro il telaio della finestra e contornate da fili di piombo. Dal XIV secolo si perfezionò la tecnica di esecuzione delle vetrate con l’uso del giallo d’argento che, steso su una parte delle lastre di vetro, si combinava con il colore di base, determinando l’effetto di sfumature e passaggi cromatici, dal blu al verde, dal rosso all’arancio. Le prime testimonianze di vetrate figurate risalgono all’alto medioevo e all’epoca carolingia (se ne trovano esempi a Lorsch, a Strasburgo, ma anche a Ravenna, San Vitale).
La vetrata ebbe però grande fortuna a partire dal XII secolo come metafora, all’interno degli edifici sacri, dell’importanza della luce celeste. L’apogeo si raggiunse in particolar modo con il trionfo dell’architettura gotica (v. gotico), allorché l’alleggerimento delle pareti comportò un numero maggiore di vaste finestre (Sainte-Chapelle a Parigi; cattedrale di Tours); un esempio di particolare prestigio e complessità è la serie dei Profeti della cattedrale di Augusta in Germania. Il gusto francese, caratterizzato da una caricata espressività, si diffuse largamente (Crocifissione, Poitiers, cattedrale). Al XIII secolo risalgono le più complesse vetrate della cattedrale di Chartres, eseguite da diversi maestri tra cui, di particolare interesse, risulta il Maestro di Saint-Chéron, le cui figure si caratterizzano per la solida monumentalità.

Durante il XIV secolo le vetrate si diffusero anche nell’Italia centrale: dopo quelle della basilica superiore di San Francesco Assisi, eseguite da maestranze tedesche alla metà del XIII secolo, si diffusero prestigiosi esempi, i cui disegni venivano realizzati dai maggiori pittori del tempo, come Duccio di Buoninsegna (Incoronazione della Vergine, Siena, duomo), Maso di Banco ecc. Con il XV secolo la vetrata italiana si caratterizza per l’introduzione della prospettiva di Brunelleschi: eseguirono il disegno di vetrate, in questi anni, artisti come Lorenzo Ghiberti, Paolo Uccello, Donatello (vetrata di Santa Maria del Fiore a Firenze), Perugino (Santo Spirito), il Botticelli per il duomo di Lucca, Filippo Lippi per il duomo di Prato. Nel Quattrocento i vetrai francesi ebbero grande fortuna (Annunciazione, Bourges, cattedrale, 1450 circa), mentre durante il XVI secolo i più richiesti furono i vetrai fiamminghi: sia in Italia sia nelle Fiandre eseguirono disegni per le vetrate Hieronymus Bosch, Bernard Van Orley e altri.
Durante il XVIII secolo l’arte della vetrata si esaurì quasi del tutto, fatta eccezione per il notevole caso dei disegni eseguiti da Joshua Reynolds per le vetrate del New College a Oxford. Con l’Ottocento, sia per la necessità di vetrate in stile, necessarie per i restauri di completamento allora in uso, sia per il gusto del revival medievale, questa tecnica tornò in uso: esempio emblematico è la vetrata eseguita a Parigi nel 1839 nella chiesa di Saint-Germain-l’Auxerrois. Particolare fortuna ebbero le vetrate anche tra i preraffaelliti e, come nuovo elemento decorativo di ambienti laici e borghesi (v. borghesia), con l’Art nouveau. La vetrata suscitò interesse anche in alcuni noti artisti del XX secolo come Fernand Léger, Henri Matisse e Marc Chagall.