Filosofo e scrittore francese (Parigi 1694 – 1778).
Filosofo e scrittore francese (Parigi 1694 – 1778).
Educato dai gesuiti, apprese le raffinatezze della cultura umanistica (v. umanesimo) e, nel 1718, il successo della tragedia Edipo gli aprì le porte dell’alta società francese. Compose anche la Enriade (1722). In seguito a un dissidio con un nobile, fu imprigionato nella Bastiglia. Scarcerato, lasciò la Francia per un triennio, soggiornando in Inghilterra e venendo a contatto con la società intellettuale inglese. Le Lettere inglesi del 1734 (note anche come Lettere sugli inglesi) mostrano l’interesse per il mondo inglese, anche se con reticenze (ad esempio, per Shakespeare, a causa della propria formazione classicistica).
L’opera, definita un attacco all’ancien régime francese, perché metteva a confronto le istituzioni dei due paesi, fu condannata dal parlamento e causò a Voltaire il divieto di risiedere a Parigi. Egli dimorò allora presso Madame du Châtelet a Cirey (Champagne) e, in quegli anni di isolamento, scrisse le tragedie Maometto (1741) e Merope (1743); nel desiderio di restaurare il teatro francese, espresse idee di tolleranza civile e religiosa (v. religione). Nel frattempo fu favorito dalla nomina del marchese d’Argenson a ministro degli Esteri, venne nominato storiografo e gentiluomo di camera del re Luigi XV e, nel 1746, entrò all’Accademia di Francia.
Si trasferì per un periodo a Berlino, ospite del re Federico II, dove pubblicò Il secolo di Luigi XIV (1751); tornò poi in Francia ma, ancora una volta, non ebbe il permesso di risiedere a Parigi, per i pettegolezzi causati dalla sua ultima opera e la conseguente rottura con il sovrano. Nel 1755 acquistò una villa presso Ginevra e poi, nei pressi, i castelli di Tornay e di Fernet, in territorio francese.
Ormai all’apice del successo e ricco in virtù di fortunate speculazioni, la sua parola era indiscussa nel campo culturale e anche i nemici lo temevano e lo imitavano nello stile per combatterlo con le sue stesse armi letterarie. Assolutista illuminato, combatté contro l’intolleranza e il fanatismo, la superstizione e il pregiudizio. Con epigrammi, racconti, lettere e opere satiriche (spesso pubblicati con pseudonimi), unì alla vivacità dei ragionamenti unì una grazia leggera, tutta settecentesca, che ne fece uno scrittore ineguagliabile. Notissimo è il Dizionario filosofico (1764), che è tutto un inno alla ragione e una battaglia contro le superstizioni e le tradizioni. Nel 1778, rompendo il suo isolamento, si recò a Parigi per assistere in trionfo alla rappresentazione della sua tragedia Irene e, poche settimane dopo, per le fatiche e l’emozione morì. Nel 1791 le sue ceneri furono solennemente traslate al Pantheon: tale atto indicò chiaramente l’omaggio reso dal nuovo spirito rivoluzionario alla sua azione culturale e filosofica (v. filosofia).
L’importanza di Voltaire nel campo delle lettere è riconosciuta in vari generi: nella lirica (secondo il costume classicheggiante e formale), nel teatro, nel poema epico, nell’epistola, nella lettera familiare, nelle epistole didascaliche, nei poemetti (Il tempio del gusto, 1733; Poema sul disastro di Lisbona, 1756). Ma furono soprattutto le tragedie (indubbiamente vigorose e che testimoniano profondi mutamenti nel campo ideologico) e le commedie a procacciargli l’indiscusso favore del pubblico. Sempre ammirati furono inoltre i suoi racconti e i romanzi satirici (Zadig, 1747; Candido, 1759; L’uomo dai quaranta scudi, 1767; L’ingenuo, 1767; La principessa di Babilonia) e la sua opera storiografica: in essa Voltaire fece la storia dei popoli – e non solo quella dei regnanti e dei potenti –, valutando i contributi della civiltà non nelle battaglie ma nelle arti e nei commerci.
Particolarmente importante, a tale proposito, fu il giudizio che Voltaire diede sul medioevo, concepito come l’epoca dell’ignoranza, della superstizione, della barbarie, dell’oscurantismo cattolico, dell’ossequio a istituzioni imposte non dalla ragione ma dall’assuefazione.
Le idee filosofiche, infine, sono espresse in forma vivace e pungente (e qualche volta circospette per cautela editoriale): si basano sull’empirismo inglese e sull’idea di tolleranza come base di civiltà. Non si considera l’intervento eventuale di un Dio (tanto più se personale) nelle cose del mondo. La religione è intesa come naturale dietro i beni dell’onestà e della bontà. Il rifiuto del soprannaturale e la lotta contro la Chiesa nei suoi privilegi e nei suoi pregiudizi fecero sì che ben presto il voltairismo fosse simbolo di anticlericalismo (v. clericalismo), come accadde nell’Italia e nella Francia del XIX secolo.