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Voto

Manifestazione della volontà dei componenti di un gruppo o di un organo collegiale nelle elezioni o nelle deliberazioni dell’organo.

Manifestazione della volontà dei componenti di un gruppo o di un organo collegiale nelle elezioni o nelle deliberazioni dell’organo.

Il termine indica sia l’atto del votare, sia il risultato di tale azione. Nel sistema costituzionale italiano (v. Costituzione della Repubblica Italiana) numerosi sono i casi in cui per la determinazione delle persone da preporre a un organo è previsto il sistema della scelta attraverso il voto. In genere, si parla di «diritto di voto» per indicare il potere, riconosciuto in linea di principio a tutti i cittadini (v. cittadinanza) che hanno raggiunto la maggiore età, di concorrere all’elezione degli organi legislativi (dello stato e delle regioni) o amministrativi (degli enti locali). Il voto, se da una parte rappresenta un diritto pubblico, dall’altra, essendo esercizio di una funzione indispensabile per la vita stessa dell’ordinamento costituzionale, costituisce un dovere civico. I principi fondamentali del diritto di voto sono stabiliti nell’articolo 48 della Costituzione. Il primo comma di tale articolo attribuisce la qualità di elettore (elettorato attivo) a tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. Il quarto comma, tuttavia, prevede che il diritto di voto possa essere limitato per «incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile e nei casi di indegnità morale indicati dalla legge». Il secondo comma dello stesso articolo 48 afferma che il voto è «personale ed eguale, libero e segreto». Ciò significa anzitutto che è vietata ogni forma di espressione materiale che non emani dalla stessa persona titolare del diritto, tranne che nei casi di particolari invalidità determinati dalla legge. Nel diritto internazionale il voto è il sistema normale attraverso il quale si forma la volontà degli enti internazionali. Peraltro esso è diversamente disciplinato a seconda che l’ente sia organizzato sul piano della parità giuridica dei suoi membri, ovvero sulla preminenza di uno o più di essi. Negli enti a base paritaria, specialmente in quelli con struttura semplice, in genere prevale il principio dell’unanimità.

Nella storia delle religioni, il voto è la promessa solenne di fare una determinata offerta o di compiere o no qualcosa in onore di una potenza soprannaturale. Generalmente il voto, che non va confuso con la semplice promessa, scaturisce da un atteggiamento religioso determinato, a sua volta, da qualche grave pericolo incombente sull’individuo o sulla comunità. Il voto può essere condizionato o incondizionato; il primo appartiene alle religioni di tipo arcaico, il secondo a quelle di tipo universalistico. Tra gli esempi più famosi di voto ricordiamo quello di Ettore (nell’Iliade, che invita la madre Ecuba a sacrificare ad Artemide, se uscirà vittorioso dal combattimento) e quello dei greci (prima della battaglia di Maratona, che promettono di uccidere tante capre per quanti nemici cadranno uccisi).

Presso i romani, invece, il voto assunse un vero carattere giuridico-sacrale con una sua ben definita terminologia. Sempre a Roma si usava fare dei voto pubblici periodici, se il successivo lustro, decennio o ventennio fossero stati propizi.

Nel concetto cattolico (v. cristianesimo), il voto è una promessa fatta liberamente, in pubblico o in privato, con la quale un individuo si obbliga a compiere un’azione, portando a testimone della realtà dell’obbligo contratto la divinità. Da parte di chi pronunzia il voto, la libertà è condizione essenziale della validità della promessa e quindi motivo della responsabilità del suo adempimento o della sua violazione. Il voto può essere condizionato al verificarsi di un determinato fatto; temporaneo, se obbliga solo per un certo periodo di tempo; perenne, se obbliga per tutta la vita; privato, se è emesso privatamente; pubblico, se è accettato da un’autorità (come nelle professioni religiose); semplice, se obbliga per sempre o se è emesso prima degli ordini maggiori. Il voto cessa allo scadere del tempo stabilito, o se la materia cambia intrinsecamente, o se non c’è più la condizione sotto la quale fu emesso, o quando la legittima autorità per giusti motivi lo annulla o commuta.