Zaccaria doveva bruciare l’incenso sull’altare perché si sprigionasse un fumo profumato che salisse davanti al Signore insieme alla preghiera di tutto il suo popolo.
ZACCARIA NEL TEMPIO
Infine Zaccaria rimase tutto solo nel Santuario, davanti all’altare dell’incenso. Egli doveva bruciare l’incenso sull’altare perché si sprigionasse un fumo profumato che salisse davanti al Signore insieme alla preghiera di tutto il suo popolo. Bruciò perciò l’incenso e sollevò le mani e gli occhi verso il cielo, prima di prostrarsi in adorazione.
La preghiera! Da quanto tempo aveva desiderato di trovarsi lì dov’era in quel momento e che grande emozione trovarsi solo alla presenza del Signore Dio di Israele… Quanto aveva pregato per quel desiderio mai realizzato. Pensò tra sé: «Se fossi stato sorteggiato quando ero più giovane… chissà ora avrei un figlio!».
Quand’ecco, all’improvviso, apparire qualcuno, dritto alla destra dell’altare…
Zaccaria ne fu terrorizzato!
«Non temere», cercò di rassicurarlo quella misteriosa presenza, «la tua preghiera è stata accolta, tua moglie Elisabetta darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Giovanni. Sarà per te motivo di gioia e di esultanza… anzi, molti si rallegreranno per la sua nascita. Giovanni sarà grande davanti a Dio: sarà consacrato a Dio fin da prima della nascita e sarà riempito di Spirito Santo».
Ma Zaccaria tremava sempre più: non capita tutti i giorni trovarsi faccia a faccia con un angelo!
«Egli ricondurrà molti figli di Israele sulla strada del Signore che avevano abbandonato», continuava sicuro l’angelo. «Egli stesso andrà davanti a Dio con lo spirito e la forza del profeta Elia, perché tutti si convertano al Signore. In tal modo preparerà un popolo ben disposto al volere di Dio».
Tutte quelle parole avevano confuso il povero Zaccaria: se era già incredibile pensare di avere un figlio a quell’età, figuriamoci il resto!
Zaccaria però trovò la forza per porre una domanda: «Quale prova ho che quanto mi dici si realizzerà veramente? Io sono vecchio e anche mia moglie è avanti negli anni, non credo potrà avere un bambino…».
«Io sono Gabriele e sto al cospetto di Dio», rispose severo l’angelo. «Sono stato mandato per portarti questa gioiosa notizia. Visto che non hai creduto a quello che ti ho detto, diventerai muto. Non potrai più parlare fino al giorno in cui si avvereranno le cose che ti ho annunciato».
Così dicendo, l’angelo cominciò a svanire insieme al fumo dell’incenso. Zaccaria rimase a lungo come incantato, fissando quel punto dove ora si vedeva solo la parete, domandandosi se non fosse stata soltanto immaginazione.
Fuori dal Tempio la folla cominciava a rumoreggiare per l’impazienza: il sacerdote sarebbe dovuto uscire da un pezzo per impartire la benedizione, alla quale i presenti avrebbero risposto intonando l’inno di ringraziamento. Il giovane sacerdote era ancora più inquieto, non sapeva come calmare la gente e si preoccupava per il collega: era stato forse colpito da un malore?
Finalmente, una figura uscì dal portone. Tutti tacquero.
Zaccaria alzò le braccia e provò a parlare. Niente. Non riusciva a spiccicare parola. Un brusio di disapprovazione serpeggiò nuovamente tra la folla. Provò ancora a muovere le labbra e anche a fare gesti. Ma nessuno riuscì a capirlo.
«La cerimonia è finita», gridò il sacerdote più giovane, «andate in pace!». Poi si fece vicino al collega e gli disse: «Hai ricevuto un messaggio del Signore, vero?». L’altro annuì e si allontanò.
Sei mesi dopo, nella regione più a nord della Palestina, chiamata Galilea, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio nella piccola città di Nazareth, in casa di una giovanissima ragazza, una vergine. Il suo nome era Maria ed era promessa sposa di un uomo della famiglia di Davide che si chiamava Giuseppe.
L’angelo entrò e le disse: «Rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te». Sorpresa e stupita di un tale saluto, Maria si domandò cosa potesse significare.
«Non temere», aggiunse Gabriele, «tu concepirai e darai alla luce un figlio che chiamerai Gesù. Egli sarà grande. Riceverà da Dio il trono di Davide suo padre, regnerà sulla casa di Giacobbe in eterno e il suo regno non avrà mai fine».
CHI E’ IL MESSIA?
Messia è una parola che sentirai spesso.
Tanto tempo prima che arrivassero i romani, Israele era guidato da un re. Gli Israeliti, o Ebrei, non usavano incoronare un re, ma lo ungevano dalla testa con olio di oliva profumato. Anche i sacerdoti, che servivano il loro Dio in un grande Tempio, venivano consacrati versando su di loro olio profumato. Essere unti voleva dire perciò appartenere a Dio ed essere chiamati a un compito speciale verso tutto il popolo.
«Unto» è proprio il significato della parola ebraica Messia. Attraverso degli uomini ispirati, i profeti, Dio aveva promesso al suo popolo che sarebbe venuto un Messia, cioè un re consacrato, con il compito di liberarlo da tutti i suoi nemici e di renderlo felice per sempre.