Globalizzazione, new economy, reddito, prodotto interno lordo, sviluppo e sottosviluppo sono
Globalizzazione, new economy, reddito, prodotto interno lordo, sviluppo e sottosviluppo sono i termini che maggiormente ricorrono nel linguaggio socio-economico per definire i parametri del progresso; ma oggi si rende più che mai necessario un serio ripensamento sull’individuazione di nuovi strumenti di misurazione del «progresso»; ci si sta accorgendo che il prodotto nazionale lordo, da anni l’unico parametro con il quale si valuta la potenza economica di ogni singolo Paese del mondo, deve essere affiancato da valori diversi. Il benessere di un popolo non può prescindere dalla salvaguardia dell’ambiente in cui vive e dalla equa distribuzione reale della ricchezza: dove esiste degrado ambientale, sfruttamento indiscriminato delle risorse del territorio, concentrazione della ricchezza a fronte di una povertà endemica, non può esistere progresso.
In questa ricerca di indici di valutazione alternativi emergono due risultati interessanti in tal senso : lo Human Development Index e l’Index of Sustainable Economic Welfare (ISEW).
Il primo scaturisce da un’aggregazione di tre indicatori: la longevità, l’istruzione e la disponibilità di risorse necessarie a vivere dignitosamente, misurati rispettivamente utilizzando l’aspettativa della vita media prevista alla nascita, i tassi di alfabetismo e il prodotto interno lordo (PIL) per persona, rettificato in base al potere di acquisto. L’indice ISEW del benessere economico è più completo perché tiene conto anche del consumo, della distribuzione e del degrado ambientale. Due a oggi sono le scuole di pensiero che tendono a trovare una soluzione al grande problema della crisi ambientale; una è definita “l’economia dell’ambiente”: attraverso l’impiego di metodi innovativi, essa mira ad una riduzione dello spreco delle risorse, ad un buon trattamento dei fenomeni d’inquinamento, ad un orientamento dei consumi verso i prodotti meno inquinanti, a un miglioramento dei processi tecnologici in termini ambientali; l’altra è l’economia ecologica, che cerca di reinserire l’attuale economia umana, opportunatamente corretta, in una più ampia economia della vita e dei viventi, rivedendola cioè alla luce della biologia e dell’ecologia.
Questi fermenti culturali, sebbene non costituiscono ancora un patrimonio di conoscenze acquisito e assimilato, sottolineano comunque la necessità di uno «sviluppo sostenibile» del nostro pianeta: cioè la possibilità di migliorare la qualità della vita pur rimanendo nei limiti della capacità di carico degli ecosistemi che la sostengono.
Contemporaneamente sono necessarie altre azioni: la crescita della popolazione e il consumo delle risorse naturali devono essere affrontati nelle politiche nazionali di sviluppo in modo realistico ed integrato: devono essere sviluppati, provati e applicati nuovi metodi tesi a conservare le risorse e a evitare lo spreco (incoraggiare l’economia nell’utilizzazione corretta dell’energia e delle materie prime promuovendo un «consumo verde» con prodotti e processi meno nocivi per l’ambiente); le azioni per stabilizzare la popolazione devono essere basate sulla comprensione dei molteplici fattori che concorrono a determinare la dimensione delle famiglie, potenziando i servizi di pianificazione familiare di assistenza alle madri e ai bambini ( con il fine anche di ridurre la mortalita’ infantile).
L’obiettivo è ambizioso ma raggiungibile, specie se si parte dalla considerazioni che ogni società è ecologicamente sostenibile quando conserva i sistemi di supporto della vita e la diversità biologica, quando assicura l’uso delle risorse rinnovabili e parallelamente minimizza il consumo di quelle non rinnovabili, quando è in grado, in altre parole, di mantenere integra la capacità di carico di quegli ecosistemi che debbono essere in grado di continuare a sostenere l’economia.