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Fiaba e favola

La fiaba è un racconto fantastico di origine molto antica, nel quale si riscontrano…

La fiaba è un racconto fantastico di origine molto antica, nel quale si riscontrano ataviche credenze connesse al mondo sovrannaturale. Da qui l’interesse per la fiaba mostrato da etnologi e studiosi di folklore alla ricerca di testimonianze e apporti; non a caso questo genere letterario può essere riscontrato presso tutti i popoli.

Fiorentissima nelle antiche civiltà orientali, la fiaba non ebbe invece autonomia d’arte nel mondo greco-romano (v. Grecia e Roma), ma fu un fenomeno esclusivamente orale, che non lasciò tracce consistenti; si possono inoltre trovare riferimenti fiabeschi nei Panciatantra (raccolta di narrazioni indiane), nelle Mille e una Notte, nell’Odissea.
La fiaba visse la sua stagione migliore, per quanto riflessa, nel romanticismo, specialmente nordico, concretandosi nel genere drammatico; un precedente si era avuto con Shakespeare (La tempesta, Sogno di una notte di mezza estate) e, più tardi, con Carlo Gozzi, le cui fiabe ebbero singolare fortuna soprattutto fuori dall’Italia, dove era più vivo l’entusiasmo per il mito di una poetica ingenua, schietta, antiletteraria. Espressione di carattere provinciale, sono da ricordare le fiabe narrate in forma poetica da Giovanbattista Basile, da lui raccolte nel vivace Lo cunto de li cunti.

Al contrario della fiaba, per lo più prosastica, la favola si è sviluppata sia in poesia sia in prosa e ha chiari intenti moralistici. Come genere letterario assunse contorni definitivi e carattere specifico con Esopo prima e Fedro poi. Nel medioevo fu ripresa e rielaborata liberamente da Fedro; inoltre si attinse a piene mani alla raccolta di parafrasi e rifacimenti di favole classiche attribuite a un curatore di nome di Romulus: il materiale favolistico fu rielaborato molto liberamente, inserendovi con disinvoltura elementi orientali e favolose vicende contemporanee, specialmente nella Francia settentrionale, fin verso il 1300.
Nel Quattrocento la favola non ebbe larga diffusione, fu ripresa invece pienamente nel Cinquecento da Guillame Haudent (1547) e da altri letterati francesi e spagnoli. In Germania, Lutero elogiò Esopo e la favola. Tra i favolisti italiani sono da ricordare Agnolo Firenzuola, con La prima veste dei discorsi degli animali (1541), e Anton Francesco Doni con la Morale filosofica (1552). Sicuramente vanno evidenziate nel 1668 Les Fables di La Fontaine, il quale riprese con fine ironia la vecchia tradizione favolistica. Nel Settecento, la favola presentava carattere didascalico, specialmente dopo la diffusione delle teorie di Gotthold Ephraim Lessing, con Aurelio Bertola (che scrisse tra l’altro un Saggio sopra le favole, 1788), Lorenzo Pignotti, Tommaso Crudeli e Luigi Fiacchi, più noto con lo pseudonimo di Clasio. I romantici esaltarono la fiaba come libero gioco della fantasia, anche se la giudicarono un genere troppo letterario e qualche volta pedantescamente didascalico.

Nell’età contemporanea, la favola di Trilussa (Carlo Alberto Salustri) si può riallacciare alla migliore tradizione del genere favolistico, come, sia pure con diverso e più studiato intento, l’Esopo moderno di Pietro Pancrazi. Tra i risultati più alti raggiunti in questo genere nel corso del Novecento, vanno infine ricordati Marcovaldo di Italo Calvino e La fattoria degli animali di George Orwell.