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Le debolezze della politica sull’immigrazione italiana ed europea

Il 2011 si è aperto con una profonda crisi nelle regioni del Maghreb e in particolare in Tunisia

Il 2011 si è aperto con una profonda crisi nelle regioni del Maghreb e in particolare in Tunisia, dove una rivolta, scoppiata per protestare contro la crisi economica e il governo, ha portato all’esilio di Ben Ali, presidente tunisino dal 1987.

L’accordo bilaterale tra Italia e Tunisia, che fino a questo momento aveva arginato il fenomeno, non viene più rispettato dal governo di Tunisi proprio a causa della crisi. Lo Scambio di note tra l’Italia e la Tunisia concernente l’ingresso e la riammissione delle persone in posizione irregolare, firmato dai due paesi nel 1996, prevedeva un aumento dei controlli da parte delle autorità tunisine e la costruzione in Tunisia, grazie anche ad un finanziamento italiano, di centri di permanenza. Grazie a questo accordo si era riusciti a limitare notevolmente il fenomeno della migrazione, considerando il fatto che le coste della Tunisia rappresentavano il principale punto di partenza per i gruppi nordafricani intenzionati ad arrivare in Italia.

Ma la rivoluzione scoppiata in Tunisia ha provocato un sensibile aumento del fenomeno: dall’inizio dell’anno sono ricominciati sbarchi sempre più frequenti e già dopo poche settimane dall’inizio della crisi tunisina, gli immigrati arrivati a Lampedusa superavano le 4000 unità, rendendo necessario anche l’individuazione di nuovi centri di accoglienza soprattutto in Calabria, Puglia, Campania e Lazio.

L’emergenza viene gestita con difficoltà dal governo italiano impreparato a gestire un flusso così imponente di persone e il centro di accoglienza della piccola isola siciliana rischia di arrivare al collasso portando all’esasperazione tutti gli abitanti di Lampedusa.

L’Italia cerca di trovare un nuovo accordo con il governo provvisorio tunisino e chiede l’intervento della comunità europea accusata di lasciare sola l’Italia in una tale situazione.

L’intesa con il governo provvisorio di Tunisi prevede la concessione di permessi di soggiorno temporanei per tutti gli immigrati arrivati fino a quel momento e il rimpatrio invece per i cittadini tunisini e a cui non verrà concesso l’asilo. L’accordo provoca accese proteste da parte degli immigrati che si trovano nei centri di accoglienza e che, dopo aver sostenuto un viaggio faticoso, vedono sfumare il sogno di allontanarsi dalla difficile situazione che attraversa il loro paese. Molti immigrati tentano di fuggire dai centri di accoglienza e di lasciare l’Italia clandestinamente; l’esasperazione arriva al culmine quando un gruppo di tunisini appicca un incendio in alcuni locali del centro di accoglienza di Lampedusa.

L’Unione Europea minimizza il problema e ritiene che il numero di immigrati in arrivo sia facilmente gestibile dall’Italia. Ma sempre dall’Europa arrivano anche forti critiche soprattutto riguardo alla decisione di rilasciare i permessi di soggiorno temporanei che consentono agli immigrati di circolare liberamente all’interno dei paesi dell’area Shengen (l’accordo firmato nel 1985 a cui aderiscono la quasi totalità dei paesi europei e che prevede la libera circolazione di persone all’interno degli stati aderenti). Le misure adottate dall’Italia vengono duramente contestate soprattutto dalla Francia (meta finale della maggior parte dei migranti arrivati in Italia) che in un primo momento cerca di bloccare alla frontiera gli immigrati che tentano di entrare nel suo territorio. Si sfiora un incidente diplomatico, quando, il 18 aprile, viene bloccata la circolazione dei treni provenienti da Ventimiglia e diretti in Francia. Secondo il governo di Parigi la decisione si era resa necessaria per motivi di ordine pubblico e, dopo una giornata di polemiche e scontri tra i due governi, la circolazione dei treni torna alla normalità.

Un vertice italo-francese tenutosi il 26 aprile a Roma tra il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il presidente Nicolas Sarkosy, a cui hanno partecipato anche i ministri degli esteri, getta le basi per una revisione comune “in casi straordinari” dei meccanismi previsti dal trattato di Schengen, distendendo così i rapporti diplomatici tra i due paesi che iniziano finalmente a collaborare.

Nel frattempo dall’Italia iniziano i rimpatri.
L’emergenza immigrazione sembra rientrare, ma in realtà a Lampedusa continuano ad arrivare ogni giorno imbarcazioni che trasportano, in maniera a volte disumana, centinaia di migranti. Sono diversi i naufragi che si verificano in questi mesi proprio a causa delle imbarcazioni sovraffollate e che portano alla morte centinaia di migranti.

Inoltre, ai barconi provenienti dalla Tunisia si aggiungono ora anche le imbarcazioni provenienti dalla Libia, dove nel frattempo continua la guerra contro il regime di Gheddafi. Le coste libiche, soprattutto dopo la firma dell’accordo italo-tunisino del ’96, erano diventate il principale centro di partenza per l’emigrazione sub-sahariana; il problema era stato affrontato per la prima volta nel 2003 con la firma di un accordo che prevedeva da parte dell’Italia l’invio in Libia di mezzi per il pattugliamento delle coste. Ora però, l’impegno italiano nella guerra contro Gheddafi, ha fatto saltare ogni accordo e la situazione rischia di mandare nuovamente in tilt il centro di accoglienza di Lampedusa e tutto il delicato sistema della gestione dell’immigrazione in Italia.