Decorazione pavimentale o parietale formata dall’accostamento di piccoli elementi, cubetti o frammenti di varia forma, detti «tessere musive»…
Decorazione pavimentale o parietale formata dall’accostamento di piccoli elementi, cubetti o frammenti di varia forma, detti «tessere musive», in pietra, pasta vitrea o altro materiale. La decorazione a mosaico ha trovato largo impiego per la sua solidità e per la possibilità di operare su vaste superfici. I primi esempi si possono trovare in Mesopotamia nel III millennio a.C., in Egitto e nel mondo greco (v. Grecia), nel mondo romano, ma il mosaico fu utilizzato soprattutto nel mondo cristiano e bizantino, dove ne fu perfezionata la tecnica. Le paste vitree prodotte in pani erano martellate e ridotte in tessere di dimensioni molto ridotte, fatte di silicati di piombo, calcio e potassio, opacizzate con fosforo d’argento e colorate con sostanze minerali. Per ottenere le tessere d’oro usate per i fondi, si saldava una sottile lamina metallica su un fondo vitreo incolore su cui era poi colata e cotta la pasta vitrea: talvolta, le tessere erano utilizzate al rovescio, per evitarne il brillio troppo intenso. Il muro veniva preparato con tre strati di calce: sull’ultimo si segnava la traccia del disegno e su questa venivano fissate le tessere, con inclinazioni differenti al fine di variare l’incidenza della luce e ottenere gli effetti di luminosità più complessi. Altro metodo per mettere in opera i mosaici era quello di attaccare al rovescio le tessere su una superficie e successivamente applicarle sul muro da decorare, strappando via in seguito la superficie: ciò garantiva ancor di più il risultato di una superficie piana. Per la capacità di tradurre sul piano espressivo valori spirituali e trascendenti, il mosaico ebbe la sua maggior fortuna nell’arte bizantina: nella basilica di Aquileia, di età teodoriana, si conserva una serie di manifestazioni dell’arte musiva comprese tra il secolo IV e il secolo VI. I primi mosaici parietali di vaste proporzioni risalgono all’età paleocristiana: a Roma è conservata una serie di decorazioni nella navata centrale e nell’arcone di Santa Maria Maggiore (secoli IV-V) con scene narrative legate alla tecnica della pittura tardoromana, il mosaico nel mausoleo di Santa Costanza (IV secolo), in cui i motivi della simbologia cristiana si associano a elementi di pura decorazione geometrica, e altri nelle chiese di Santa Pudenziana, dei Santi Cosma e Damiano (VI secolo) e di Sant’Agnese, in cui prevalgono i valori simbolici su quelli naturalistici. A Ravenna, l’altro centro italiano dell’arte paleocristiana, l’evoluzione della tecnica del mosaico è maggiormente legata alla città di Bisanzio: così nella decorazione del presbiterio di San Vitale, in Sant’Apollinare Nuovo, nell’abside di Sant’Apollinare in Classe, nei quali domina uno spirito aulico e ieratico, e la decorazione si fonde con le strutture architettoniche.
A Bisanzio, il mosaico come mezzo di espressione pittorica trovò la più completa realizzazione: la decorazione di Santa Sofia, di cui rimangono oggi molte parti databili dal secolo IX al secolo XII inoltrato, costituì il centro di irradiazione dei più importanti cicli musivi: Santa Sofia a Salonicco, Nea Moni a Chios (metà dell’XI secolo), Dafni (fine dell’XI secolo), Santa Sofia a Kiev (metà dell’XI secolo). All’esperienza bizantina fanno ancora riferimento la decorazione di San Marco a Venezia (a partire dalla prima metà del secolo XII), quella della cattedrale di Torcello (fine XI inizi secolo XIII), i cicli siciliani di Cefalù (secolo XII) e quelli di Monreale (fine del XII secolo). A Bisanzio si produssero inoltre mosaici portatili, come oggetti di lusso di devozione privata, raffiguranti per lo più icone. Nel medioevo si affermò anche il mosaico a elementi variamente tagliati e fu applicato alla decorazione di pavimenti, plutei e amboni, con una prevalenza di elementi vitrei dorati e colorati: a Roma e nel Lazio ebbe una grande diffusione nei secoli XII-XIII attraverso l’opera dei Cosmati. A partire dal Trecento si ebbero rari esempi di decorazione musiva figurata: il San Giovanni evangelista di Cimabue nell’abside del duomo di Pisa e il mosaico di Giotto raffigurante la Navicella ne sono celebri esempi. Dal Quattrocento le decorazioni musive si avvicinarono alla pittura, ponendosi in una posizione imitativa che ne riprendeva, a grandi linee, il linguaggio. Nell’architettura moderna i mosaici sono generalmente adoperati per le decorazioni di esterni.